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La realtà non esiste: l’Universo e’ un Ologramma?

La realtà non esiste: l’Universo e’ un Ologramma?

prima di parlare di fisica:
In termini più spirituali, il modello olografico della realtà potrebbe suggerire che l’universo è interconnesso e che ogni particella, evento e essere vivente siano parte di un insieme più vasto, come tante parti dello stesso ologramma. Se e’ vero, questo spiegherebbe anche perché fenomeni come l’intuizione, la sincronicità e la percezione di unità possano apparire nella nostra esperienza
Il modello olografico della coscienza è una teoria affascinante.

Secondo questa teoria, la coscienza (cioè la nostra consapevolezza e tutto ciò che viviamo interiormente) non è solo un prodotto del cervello, ma è qualcosa di più vasto, una sorta di campo di informazioni che esiste su più livelli

..ma andiamo piano perche’ e’ un argomento difficile:

Il testo seguente è tratto da un discorso di Alan Watts nel 1965, intitolato ‘’Nuotando senza testa’’. E’ stato stampato nel libro ‘’Talking zen’’ e faceva parte di un seminario sul taoismo a Big Sur in California.

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L’arte di vivere è di agire nel mondo come se foste assenti: questa situazione è realmente costruita nella fisiologia stessa del nostro corpo.
Vi faccio una semplice domanda: -Che colore ha la vostra testa dal punto di vista dei vostri stessi occhi?
Percepite che la vostra testa è scura o che non ha un colore definibile; all’esterno poi vedete il vostro campo visivo come fosse un’ovale, poiché i vostri occhi funzionano come due centri di un’ellisse.
Cosa c’è tuttavia al di là del campo visivo? Di che colore è il luogo in cui non potete vedere nulla?

Non c’è affatto colore al di là del campo visivo e il carattere cinese hsuan (profondo, oscuro) si riferisce a questo tipo di ‘’non-colore’’ che è il colore della vostra testa, dal punto di vista dei vostri occhi. Forse potremmo dire che l’invisibilità della propria testa, in un certo senso la mancanza di una testa è il segreto dell’essere vivi.

Essere senza testa (non avere una testa nel senso a cui mi riferisco ora) è il nostro modo di parlare dell’espressione cinese wu hsin ossia ‘senza mente’.
Infatti se volete vedere l’interno della vostra testa, tutto quello che dovete fare è tenere gli occhi ben aperti, perché tutto quello che esperimentate nel campo visivo esterno è uno stato del vostro cervello.!

Tutti i colori e le forme che voi vedete, sono il modo in cui i neuroni del cervello traducono gli impulsi elettrici nel mondo esterno, fuori dall’involucro corporeo, all’esterno cioè della nostra pelle. Essi producono ciò che avviene in impulsi che a noi appaiono come forme e colori. Forme e colori sono dunque stati dei nostri neuroni, quindi ciò che vedete quando i vostri occhi sono aperti è quello che succede all’interno della vostra testa.

(N.d.T. Pribram grande neurofisiologo, afferma che il mondo è nelle nostre retine, non al di fuori).

Voi non vedete il vostro cervello come una struttura ondulatoria interna, vedete il vostro cervello in cio’ che appare come esterno a voi!

In tal modo il ‘’vuoto’’ della vostra testa è la condizione per vedere qualcosa e la trasparenza del cristallino degli occhi è la condizione per vedere colore e forma.

Il mistico del 13 °secolo Meister Eckart diceva: “Poiché il mio occhio non ha colore, può discernere il colore”. Questa è una riaffermazione dell’idea fondamentale taoista dell’essere assenti come condizione dell’essere presenti.

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Quello che segue è tratto da ‘Misticismo e nuova fisica ’ di Michael Talbot:

Secondo la nuova fisica non esiste un mondo ’’là fuori ’’. La coscienza crea tutto questo. Non c’è limite ai meccanismi di coscienza che strutturano una realtà.

Cosi’ come la mente puo’ alterare il super-ologramma (vedi paradigma olografico) della realtà, così puo’ anche creare realtà interamente nuove. Il meccanismo che struttura la realtà è associato al sistema nervoso umano e cio’ si effettua considerando il cervello umano come se fosse un biocomputer. Cosi’ anche vari metodi di yoga o controllo mentale sono viste come “dischetti” utilizzati per raggiungere porzioni del sistema nervoso umano che struttura la realtà!

Keith Floyd in ’’Of time and mind’’ asserisce:- E’ assai plausibile che un neurochirurgo non possa mai trovare la sede della coscienza, poiché essa non implica uno o piu’ organi, ma l’interazione di campi d’energia all’interno del cervello. I neurofisiologhi non troveranno quello che cercano al di fuori della loro coscienza, poiché quello che cercano è cio’ che sta cercando.
Come in un ologramma la coscienza contiene in ogni singola parte il programma del tutto.

(In parole semplici: Un ologramma è un’immagine tridimensionale (3D) che sembra avere profondità e realismo, come se fosse un oggetto reale che si può quasi toccare, ma che in realtà è solo luce. Viene creato grazie alla luce laser o a tecniche speciali di registrazione e proiezione.Immagina di guardare una cartolina o una foto in 3D: non importa da quale angolazione la osservi, l’immagine sembra cambiare prospettiva, come se fosse reale. Un ologramma funziona in modo simile, ma anziché essere stampato su carta, è proiettato nello spazio. Quindi, quando vedi un ologramma, in realtà stai guardando una “scultura di luce,” che imita perfettamente l’aspetto dell’oggetto reale e ti fa credere che sia proprio lì di fronte a te, anche se non esiste fisicamente.)

Il modello olografico della coscienza è una teoria affascinante.

Secondo questa teoria, la coscienza (cioè la nostra consapevolezza e tutto ciò che viviamo interiormente) non è solo un prodotto del cervello, ma è qualcosa di più vasto, una sorta di campo di informazioni che esiste su più livelli.

Immagina un ologramma: ogni sua parte contiene l’immagine completa. Così come in un ologramma anche un frammento può rivelare l’intera immagine, nel modello olografico della coscienza si dice che ogni parte della nostra mente possa riflettere la totalità della nostra esperienza e dei nostri pensieri.

L’idea di base è che la coscienza non sia limitata al cervello o al corpo, ma sia più simile a un “campo di informazioni” che si riflette ovunque. Ogni cosa che pensiamo, sentiamo o facciamo potrebbe essere connessa a questo “campo olografico”, che contiene e riflette l’intero insieme della nostra esperienza e del mondo.

Questa teoria è affascinante perché apre la porta alla possibilità che siamo tutti connessi a livello profondo, quasi come se fossimo parti di un’unica grande “mente universale” che ogni persona può influenzare e da cui può trarre ispirazione.

È un concetto complesso ma molto suggestivo, che tenta di spiegare fenomeni come l’intuizione, l’empatia profonda e l’impressione di connessione con altri esseri, anche oltre il tempo e lo spazio.
Sì, il modello olografico applicato alla realtà suggerisce proprio l’idea che l’universo stesso sia come un gigantesco ologramma! Secondo questa teoria, tutto ciò che vediamo e viviamo come “realtà” potrebbe essere simile a un ologramma, dove ogni parte contiene informazioni sul tutto.

Il modello nasce da un’ipotesi scientifica che ha preso piede in fisica teorica e che immagina l’universo come una sorta di proiezione, dove ciò che percepiamo come tridimensionale (con profondità e volume) potrebbe in realtà essere codificato in una superficie bidimensionale. È come se tutto fosse “scritto” su una superficie a due dimensioni (simile a un gigantesco schermo), e da lì emergesse un’illusione di profondità e volume.

Se la realtà fosse davvero olografica, significherebbe che ogni parte dell’universo contiene l’intero schema di informazioni del tutto. Questa teoria si basa su concetti della fisica quantistica e della teoria delle stringhe e si rifà anche al principio olografico, una nozione proposta da scienziati come Gerard ‘t Hooft e Leonard Susskind per descrivere certi comportamenti dei buchi neri.

In termini più spirituali, il modello olografico della realtà potrebbe suggerire che l’universo è interconnesso e che ogni particella, evento e essere vivente siano parte di un insieme più vasto, come tante parti dello stesso ologramma. Se fosse vero, questo spiegherebbe anche perché fenomeni come l’intuizione, la sincronicità e la percezione di unità possano apparire nella nostra esperienza.

In sintesi, questa teoria ci porta a vedere la realtà non come qualcosa di fisso e “solido”, ma come una rete interconnessa di informazioni che noi percepiamo in modo tridimensionale.

K. Floyd propone che un modello olografico di coscienza possa spiegare chiaramente i processi di memoria, percezione e immaginazione. Se questo ologramma organico non puo’ processare percezioni in 3D creerà la propria realtà da percepire/concepire.
Individui posti in camere, private totalmente dalle sensazioni, cominciano ad allucinare e sintetizzare le loro realtà interne.

Se la mente umana è tagliata fuori dal cosiddetto mondo fisico, ha la proprietà notevole di creare il proprio mondo.

Come dice John Lilly, l’universo è soltanto un pacco di moduli di energia neuronale accesi nella nostra testa.
Quindi non c’è molta differenza tra queste allucinazioni e cio’ che percepiamo come realtà esterna.
Cio’ vale a dire che tutti i mondi sono nella mente.
Questa riflessione si allinea con molte idee avanzate sia nelle neuroscienze che nelle filosofie orientali e, naturalmente, nel modello olografico della realtà. L’idea di John Lilly, infatti, suggerisce che ciò che chiamiamo “realtà” è, in buona parte, una costruzione della nostra mente.

Lilly e altri pensatori hanno evidenziato che la mente umana non si limita a ricevere passivamente il mondo esterno, ma lo ricostruisce. La percezione è, dunque, una creazione attiva della nostra coscienza, con i neuroni che codificano e organizzano le informazioni sensoriali in qualcosa che ci appare come “realtà esterna”. Secondo questa visione, la cosiddetta realtà esterna non è così diversa dalle allucinazioni: entrambe sono creazioni della mente e, quindi, entrambe sono reali entro i confini della nostra coscienza.

Ciò conduce a un’idea molto affascinante e radicale: il mondo fisico esiste solo nella misura in cui viene “proiettato” e interpretato dalla nostra mente. Questa concezione risuona con la frase “tutti i mondi sono nella mente,” perché implica che ogni esperienza di realtà – dalle sensazioni tangibili a visioni e allucinazioni – ha la sua esistenza e consistenza solo all’interno della coscienza.

Secondo questo approccio, possiamo dire che la mente è come una sorta di “proiettore” di mondi, e la nostra esperienza di ciò che chiamiamo “realtà” non è altro che una delle infinite versioni di un universo che creiamo e rielaboriamo costantemente. È una prospettiva che ci invita a vedere la realtà non come qualcosa di fisso e oggettivo, ma come un campo di esperienza interiore che emerge e prende forma nel nostro essere.

Il neurofisiologo Karl Pribram di Stanford ipotizza anch’egli un modello olografico di coscienza. Le rappresentazioni olografiche sono incredibili meccanismi associativi.

K. Floyd suggerisce che alcune aree del cervello, come il chiasma ottico, la ghiandola pineale e il talamo, agiscono come una sorta di “placca olografica”.

Questo vuol dire che, invece di essere un singolo organo della coscienza, queste aree del cervello creano e regolano la coscienza attraverso l’interazione di campi di energia. In particolare, la ghiandola pineale è sensibile alla luce e potrebbe costruire percezioni e memoria, legata anche all’idea del “terzo occhio” delle tradizioni orientali. Tuttavia, la coscienza non è limitata a una singola ghiandola, ma emerge come un effetto della cooperazione di vari centri cerebrali.

Il filosofo Charles Muses espande questa idea: ciò che percepiamo, come foglie e montagne, non è altro che un “mondo proiettato” di ologrammi generati elettricamente. Questi oggetti sono, in realtà, configurazioni di minuscole particelle che creano l’apparenza di una realtà solida.

Perché, allora, siamo così certi che questa realtà sia oggettiva e condivisa da tutti? Sin dall’infanzia, apprendiamo un “accordo percettivo”: ciò che un osservatore vede come un albero, dovrebbe essere visto come tale da tutti. In caso contrario, pensiamo che vi sia un errore. Ciò riflette una costruzione sociale che ci fa credere in un universo fisico “là fuori”.

J.R. Smithies e Jean Piaget sostengono che questa percezione è “insegnata” e affinata: un neonato percepisce il mondo in modo quasi allucinatorio, ma con il tempo impara a ignorare certi aspetti e a vedere ciò che gli viene insegnato a riconoscere come “reale”. Ad esempio, anche se l’occhio cattura le onde elettromagnetiche, noi vediamo colori e forme, costruiti dal nostro cervello.

In sintesi, ciò che chiamiamo realtà non è “là fuori” come la percepiamo, ma è il risultato delle nostre interpretazioni e dei processi mentali, che costruiscono il mondo visibile secondo ciò che crediamo debba esistere.

Non siamo nati nel mondo, siamo nati in qualcosa che creiamo come mondo- dice Von Foerster.
L’ambiente che percepiamo è la nostra invenzione.
Nella speranza di trovare elettroni i fisici hanno trovato quello che la coscienza voleva trovare.

Alexandra David-Neel, scrittrice inglese che visse in Tibet all’inizio del sec. XX, racconta di studenti tibetani trovati morti dopo la cerimonia di visualizzazioni del chöd.
Ne chiese la ragione ad un lama che le spiego’:-Quelli che sono morti furono uccisi dalla paura. Le loro visualizzazioni erano la creazione della loro immaginazione. Colui che non crede nei dèmoni non sarà mai ucciso da essi.
Uno studente domando ’: – Allora se un uomo non crede nell’esistenza delle tigri non sarà mai divorato da una di esse? –
Il lama replico’: – Le visualizzazioni o forme mentali volontarie o meno, sono un processo misterioso. Cosa diventano queste creazioni? Forse che – come bambini nati dalla carne- questi bambini della nostra mente, si separano da noi, fuggono dal nostro controllo e recitano la propria parte? –

Lo scopo delle visualizzazioni della scuola tibetana vajrajana è di diventare abili nel creare costruzioni mentali e poi farle sparire nel vuoto, …in modo che la manifestazione non-duale della realtà sia trasformata da concetto intellettuale in esperienza.
La non-dualità non è solo creduta, ma sentita, vissuta.

J.C. Pearce dice:-La nostra realtà è costruita da parole, perché la coscienza crea la realtà e la coscienza come ce l’hanno insegnata a conoscerla, è inizialmente sperimentata linguisticamente.
Le nostre menti creano una stabile somiglianza dei fatti e poi trovano conforto in questa stabilità.

Sri Aurobindo dice:- L’apparente stabilità dei fenomeni è data dalla costante ripetizione delle stesse vibrazioni e formazioni. –

Satprem (discepolo di Aurobindo) conferma che sono sempre le stesse lunghezze d’onda a cui ci agganciamo inconsciamente, secondo le leggi (abitudini) del nostro ambiente, della nostra educazione… ma in realtà tutto è un costante flusso d’energia.

J.C. Pearce afferma che la nostra costruzione della realtà diventa un uovo cosmico che ci protegge dall’arbitrarietà delle nostre regole, essa è contingente al fatto che noi la crediamo… ma non dobbiamo forzarci a non considerare altre uova cosmiche. Il malinteso è credere che vi sia solo un uovo cosmico giusto.

Come ci insegnano gli Yogi vajrajana, nessun uovo è migliore di un altro. Tutti i valori sono creati dalla mente. Per evitare un collasso emozionale dobbiamo prendere la posizione dello yogi e sinceramente né credere né non credere in ogni insieme di leggi.

Quali cambiamenti cio’ potrebbe produrre nel mondo da noi creato? Un gruppo di storici potrebbe decidere quale genere di storia vuole trovare e poi farne la scoperta. Forse un giorno la storia invece di essere scientifica, farà parte della letteratura fantastica.
Come dice don Juan (nei libri di Castaneda):- Le cose sono reali solo dopo che si è imparato a mettersi d’accordo sulla loro realtà.
Abbiamo sognato il mondo e forse un giorno si scioglierà davanti a noi e diventerà altrettanto allucinatorio quanto le prime percezioni di un neonato.

Satprem dice ancora :-Ci sono due vie per uscire da questo uovo che ci opprime…dormire ( che equivale anche ad andare in estasi, meditare, ecc. ) o morire.
Ma c’è una terza via, quella di svegliarci dal nostro sogno!

Il noto fisico J. Wheeler è d’accordo sul fatto che la mente è la forza operante che rende il mondo manifesto… ed ha la capacità di trascendere il tempo per cui l’atto di osservare puo’ alterare eventi che sono accaduti milioni di anni prima.

Stephen Jourdain descrive il suo “risveglio” come il momento in cui si è liberato dall’identità limitata del sé pensante. Prima di questo risveglio, si percepiva come un “io” che viveva, pensava e reagiva a ogni situazione. Dopo il risveglio, si è reso conto che questa identità non è che un sogno: non rappresenta la sua vera essenza. Questo cambiamento gli ha permesso di riconoscere che nessun pensiero o esperienza ha una realtà oggettiva.

Per Jourdain, persino la morte e il corpo fisico sono solo concetti mentali, prodotti della mente, privi di reale consistenza. Afferma che il corpo e persino la realtà fisica stessa non sono che conoscenze, percezioni apprese che si possono “cancellare” come si cancella una lavagna. La visione che lui chiama “occhi del pensiero” non hanno mai visto nulla, perché sono, per lui, costruzioni illusorie. La consapevolezza della propria vera natura è quindi svincolata da qualunque identificazione o attaccamento a pensieri, oggetti o concetti.

Per giungere a questa realizzazione, Jourdain parla di una “distruzione totale” dell’illusione della realtà, come quando ci svegliamo da un sogno e tutto ciò che credevamo reale svanisce in un istante. Descrive la realtà come una “bolla” che la nostra mente alimenta continuamente, ma che può scoppiare da un momento all’altro, lasciando solo il puro essere.

In sintesi, Jourdain crede che l’illusione centrale sia la credenza che pensiamo e creiamo la realtà. Una volta riconosciuta la natura illusoria di pensieri e sensazioni, la bolla della realtà personale può scoppiare, liberandoci dalla schiavitù delle convinzioni e delle identità limitate.

Universo olografico e fine della località ~ Riccardo Lautizi
(Nel 1982, e a tutti noi sembrerà una news, che l’ equipe di ricerca ordinata dal fisico Alain Aspect, direttore francese del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique), effettua uno dei più importanti esperimenti della storia. Il team scoprì che sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente l’ un l’altra a prescindere dalla distanza che le separa, sia che si tratti di un millimetro, che di diversi miliardi di chilometri. Questo fenomeno portò a due tipi di spiegazioni: o la teoria di Einstein (che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce) è da considerarsi errata, oppure più possibilmente le particelle subatomiche sono connesse non-localmente: esiste qualcosa di non tangibile e visibile che mantiene collegati gli atomi a prescindere dallo spazio (e quindi anche dal tempo?).

LA SEPARAZIONE E’ UN’ILLUSIONE
David Bohm, celebre fisico dell’Università di Londra, che si era già confrontato con lo stesso problema durante la sua riformulazione del paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, ribadisce come non vi sia alcuna propagazione di segnale a velocità superiori a quella della luce, bensì che si tratti di un fenomeno non riconducibile ad alcuna misurazione spaziotemporale.
Il fisico americano sosteneva che le scoperte di Aspect implicassero la non-esistenza della realtà oggettiva.
Vale a dire che, nonostante la sua apparente solidità, l’Universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato.
Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del gruppo di ricerca francese, si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto, indipendentemente dalla distanza che le separa, risiede nel fatto che la loro separazione è un illusione: ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso “organismo” fondamentale.

un’idea rivoluzionaria della fisica e della realtà: l’universo come un ologramma, in cui tutto è connesso.

Nel 1982, un esperimento condotto dal fisico Alain Aspect e il suo team rivelò un fenomeno straordinario: particelle subatomiche come gli elettroni sembrano “comunicare” istantaneamente, indipendentemente dalla distanza. Questo contraddiceva la teoria di Einstein, secondo cui nulla può superare la velocità della luce. Due possibili spiegazioni emersero: o la teoria di Einstein è incompleta o esiste una connessione “non locale” tra particelle, indipendente da spazio e tempo.

David Bohm, fisico teorico, interpretò questa scoperta in modo profondo: la realtà potrebbe essere un’illusione di separazione. Secondo Bohm, la solida struttura dell’universo sarebbe, in verità, una sorta di ologramma; un’illusione in cui tutto è interconnesso. Al livello fondamentale, le particelle non sono davvero entità separate, ma parti di un unico “organismo”.

In sintesi, questa visione suggerisce che la separazione tra oggetti, persone e fenomeni è un’illusione. L’universo intero è un’unità indivisibile, in cui tutto è connesso in un gigantesco “campo” di informazioni.

TUTTO E’ COLLEGATO
Se le particelle ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono “parti” distinte bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare; poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste “immagini”, ne consegue che l’ universo stesso è una proiezione, un’ ologramma. !!!!!

Se l’ esperimento delle particelle mette in luce che la loro separazione è solo apparente, significa che ad un livello più profondo tutte le cose sono infinitamente collegate:
“Gli elettroni di un atomo di carbonio nel cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che un’ immensa rete ininterrotta.”

“Si dice che nel cielo di Indra esiste una rete di perle disposta in modo tale che, se se ne osserva una, si vedono tutte le altre riflesse in essa. Nello stesso modo, ogni oggetto nel mondo non è semplicemente se stesso ma contiene ogni altro oggetto, e in effetti è ogni altra cosa” recita il Avatamsaka Sutra di 2500 anni fa della tradizione orientale.

In un universo olografico, spazio e tempo non sono realtà fondamentali, ma appaiono come proiezioni o effetti di un sistema più profondo e complesso, dove tutto è interconnesso. La località, ovvero la separazione tra oggetti nello spazio, viene superata; nulla è realmente separato dal resto.

Secondo questa visione, il tempo e lo spazio nascono dalla trasformazione dell’energia in materia. Come spiega Vittorio Marchi, quando osserviamo, l’energia si condensa in particelle fisiche (come un’onda che diventa particella) e crea l’illusione del tempo e dello spazio. Tuttavia, in realtà, ciò che percepiamo come scorrere del tempo è solo una sequenza di eventi “istantanei”, una sorta di “intervalli rapidi” tra l’apparizione e scomparsa delle particelle. Se potessimo percepire più velocemente, ci accorgeremmo che non esiste un vero flusso temporale.

In sostanza, questa teoria propone che tempo e spazio siano illusioni prodotte dalla percezione umana; sono solo manifestazioni di un campo unificato in cui ogni cosa è simultaneamente connessa.

FUNZIONAMENTO DI UN OLOGRAMMA

Per riprodurre l’ologramma lo osserviamo con la luce laser, proiettandone un fascio sulla lastra. Apparentemente a mezz’aria l’osservatore vede formarsi l’immagine tridimensionale, attorno alla quale si può anche girare per osservarla da tutti i punti di vista, proprio come se fosse un oggetto reale.

Su una stessa lastra possono essere registrati moltissimi diversi ologrammi, semplicemente variando l’angolo di incidenza del laser, e allo stesso modo essi possono essere letti separatamente.

Infine qua sopra vediamo che l’informazione registrata (in questo caso l’immagine della mela) è distribuita su tutta la lastra. Infatti da ogni sua più piccola parte è possibile riavere l’informazione originale, anche se in tal caso si verifica una certa perdita d’informazione, inversamente proporzionale alla grandezza della parte letta.

L’UNIVERSO E’ UN OLOGRAMMA

Karl Pribram, neurochirurgo e ricercatore, ha proposto che la realtà potrebbe essere organizzata secondo principi olografici. Nell’olografia, ogni parte di un’immagine contiene l’intera informazione dell’immagine stessa, il che implica che ogni particella dell’universo potrebbe contenere una rappresentazione dell’intero universo.

Pribram ha applicato questi concetti alla memoria e alla percezione umana. Attraverso studi sui ratti, aveva notato che i ricordi non sembravano localizzati in specifiche aree del cervello, e si convinse che la memoria non è immagazzinata nei neuroni stessi, ma nei “pattern” di impulsi nervosi che attraversano tutto il cervello, simili agli schemi di luce nell’olografia.

Unendo la teoria di Pribram con quella del fisico David Bohm, emerge una visione radicale: la realtà fisica potrebbe non essere affatto “concreta,” ma solo un’illusione creata da frequenze olografiche. Il cervello, quindi, funzionerebbe come un interprete, trasformando queste frequenze in ciò che percepiamo come “realtà sensoriale.” In questa visione, non esiste una realtà oggettiva solida, ma solo una serie di percezioni selezionate dalla mente

Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione; noi stessi pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto questo è pura illusione. In realtà siamo una sorta di “ricevitori” che galleggiano in un mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di “mondi” esistenti nel super-ologramma!

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