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L’illusione della continuità: quando il cervello riempie i vuoti che non vediamo

 L’illusione della continuità: quando il cervello riempie i vuoti che non vediamo

Crediamo di vedere il mondo com’è. Ma in realtà, stiamo guardando un’opera d’arte creata dal nostro cervello: un dipinto fatto di memorie, aspettative e piccole bugie necessarie

 Il regista invisibile

Ogni secondo, i nostri occhi ricevono milioni di informazioni. Fotoni che danzano sulla retina, forme che si muovono, colori che vibrano. Ma quello che raggiunge la nostra coscienza non è la realtà grezza: è una storia raccontata dal cervello, un film montato con cura da un regista invisibile che taglia, ricuce, riempie gli spazi vuoti.

Il cervello non è una telecamera che registra passivamente. È un narratore creativo, un poeta che interpreta, un artista che completa i quadri anche quando mancano i pezzi. E lo fa così bene che non ci accorgiamo mai delle sue finzioni

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Il punto cieco: il primo grande inganno

Nella retina di ciascun occhio esiste un punto dove non ci sono fotorecettori. È il luogo dove il nervo ottico esce dall’occhio, portando le informazioni verso il cervello. In quel punto, tecnicamente, siamo ciechi

Eppure, quando guardiamo il mondo, non vediamo buchi neri nel campo visivo. Non percepiamo zone vuote. Il cervello riempie quello spazio con informazioni prese dal contesto circostante, inventando letteralmente ciò che dovrebbe esserci. È un atto di immaginazione così rapido e automatico che non lascia traccia nella coscienza

Non vediamo l’assenza. Vediamo la continuità

 I saccadi: i tagli invisibili del film della vita

I nostri occhi non scorrono dolcemente sul mondo come crediamo. Si muovono a scatti, con movimenti rapidissimi chiamati saccadi: piccoli salti che avvengono tre o quattro volte al secondo. Durante questi microsecondi, la visione è sfocata, inutilizzabile

Il cervello cancella quelle immagini. Letteralmente le elimina dalla percezione cosciente, sostituendole con una sensazione fluida di continuità. È come se tagliasse via i fotogrammi mossi da un film, lasciando solo quelli nitidi.  Ma quei fotogrammi mancanti non sono sostituiti dal nulla: il cervello anticipa, riempie, deduce. Crea un’illusione di flusso ininterrotto dove in realtà ci sono solo frammenti discreti

Ogni volta che muoviamo gli occhi, perdiamo microsecondi di realtà. Eppure, ci sentiamo sempre presenti, sempre vigili, sempre connessi

Prova pratica: guarda i tuoi occhi allo specchio e cerca di vederli muoversi da sinistra a destra. Non ci riesci! Perché durante il movimento, il cervello “oscura” quella percezione. Ma se qualcun altro guarda i tuoi occhi mentre lo fai, lui vede perfettamente il movimento

Il punto cieco retinico, quella zona dell’occhio dove non ci sono recettori, dovrebbe creare un buco nero nel tuo campo visivo.  Ma il cervello lo “riempie” con quello che si aspetta di vedere.

La soppressione del battito di ciglia : chiudi gli occhi 15-20 volte al minuto, ma non percepisci mai quell’oscurità intermittente

Il change blindness: non vedere ciò che cambia

Gli studi sul change blindness hanno rivelato qualcosa di sorprendente: siamo ciechi ai cambiamenti che avvengono davanti ai nostri occhi se la nostra attenzione è altrove

In un esperimento famoso, ai partecipanti veniva mostrato un video dove due squadre si passavano una palla. Il compito era semplice: contare i passaggi. Ma a metà del video, un uomo vestito da gorilla attraversava lentamente la scena. Più della metà dei partecipanti non lo vedeva. Non perché non fosse nel loro campo visivo, ma perché il cervello, concentrato sul compito, decideva che quel gorilla non era rilevante. Lo cancellava dalla percezione cosciente

Il cervello filtra, sceglie, seleziona. E quello che non entra nella narrazione che sta costruendo, semplicemente non esiste

La memoria che riempie i buchi

Quando ricordiamo un evento, crediamo di rivedere ciò che è accaduto. Ma la memoria non è un videoregistratore. È un racconto che si ricostruisce ogni volta, usando frammenti veri e riempiendo gli spazi vuoti con supposizioni, emozioni, aspettative

Il cervello completa le scene, aggiunge dettagli che sembrano plausibili, cuce insieme momenti separati creando un’illusione di continuità temporale. Ogni ricordo è in parte un’invenzione, una storia che ci raccontiamo per dare senso al passato

E più raccontiamo quella storia, più la consolidiamo, più diventa vera per noi. Anche se non lo è mai stata completamente

Il cervello fa questo per diverse ragioni fondamentali:

Economia cognitiva:il cervello consuma il 20% dell’energia del corpo pur essendo solo il 2% del peso

Ricostruire ogni ricordo da zero ogni volta sarebbe troppo dispendioso. quindi prende scorciatoie: salva solo i punti chiave e riempie il resto con schemi già pronti

Dare senso al caos: la realtà è troppo caotica e frammentata. Il cervello cerca costantemente coerenza, una narrativa che abbia senso. Se mancano pezzi, li inventa piuttosto che lasciare buchi incomprensibili. È il nostro bisogno primordiale di significato

Protezione emotiva: alcuni ricordi vengono modificati per proteggerci. Eventi traumatici si sfocano, momenti positivi si amplificano. Il cervello riscrive il passato per renderlo più sopportabile, più vivibile

Identità e coerenza del sé: 0gni volta che ricordiamo qualcosa, stiamo anche rinforzando chi crediamo di essere. Il cervello modifica i ricordi per mantenerli coerenti con la nostra identità attuale. Se oggi sei diversa da cinque anni fa, anche i tuoi ricordi di cinque anni fa cambiano leggermente per adattarsi a chi sei ora

Eredità evolutiva o Meccanismo adattivo:  i nostri antenati non avevano bisogno di ricordi perfetti, avevano bisogno di ricordi utili. Ma anche noi abbiamo bisogno di ricordi utili, non perfetti. Il meccanismo è lo stesso, e continua a funzionare così
ti faccio un esempio :
Immagina di aver avuto una brutta discussione con qualcuno. Non ricordi esattamente ogni parola detta, ma ricordi perfettamente la sensazione di minaccia, il tono arrabbiato, la sensazione di pericolo emotivo
Il tuo cervello ha riempito i dettagli mancanti con informazioni utili per proteggerti: “questa persona può ferirmi, stai attenta”.   Non ti serve ricordare la frase esatta, ti serve ricordare il pericolo

È proprio questo che rende la memoria così affascinante: non è un archivio, è un processo creativo continuo. Ogni volta che ricordi, stai letteralmente ricreando il passato nel presente

Il suono del silenzio: quando il cervello inventa ciò che manca

Lo stesso fenomeno avviene con i suoni. Se ascoltiamo una frase dove una sillaba viene sostituita da un colpo di tosse, il cervello riempie automaticamente quello spazio con la sillaba mancante. Non sentiamo il vuoto. Sentiamo la parola completa

Questo fenomeno, chiamato restauro fonetico, dimostra che il cervello non aspetta passivamente di ricevere informazioni complete. Anticipa, prevede, completa. Costruisce attivamente la realtà basandosi su ciò che si aspetta di trovare.   Anche nel silenzio, sentiamo una melodia

 La costruzione del presente

Quello che chiamiamo “presente” è già passato nel momento in cui ne diventiamo consapevoli. Il cervello impiega circa mezzo secondo per elaborare le informazioni sensoriali e trasformarle in esperienza cosciente

Eppure non viviamo con un ritardo di mezzo secondo. Il cervello crea l’illusione di simultaneità, sincronizzando percezioni che arrivano in momenti diversi, costruendo un “adesso” coerente dove in realtà c’è solo un flusso disordinato di impulsi nervosi. Viviamo in un presente che è già memoria, ma che il cervello ci presenta come istante vivo

La medicina dell’illusione

Capire che il cervello riempie i vuoti non è solo affascinante: è terapeutico. Perché significa che la realtà che percepiamo è plasmabile, modificabile, guaribile

Se il cervello può riempire uno spazio vuoto nella retina, può anche riempire uno spazio vuoto nell’anima. Se può creare continuità dove c’è frammentazione visiva, può creare senso dove c’è caos emotivo

Quando lavoriamo con la medicina analogica, quando usiamo l’immaginazione guidata, quando parliamo alle cellule del corpo, stiamo semplicemente sfruttando questa capacità innata del cervello: riempire i vuoti, creare ponti, costruire narrazioni che guariscono

Non stiamo ingannando il corpo. Stiamo usando il linguaggio che il cervello già conosce: il linguaggio della continuità, del simbolo, dell’immaginazione creativa

Simbolo:

un segno che contiene più di ciò che mostra. Un ponte tra il visibile e l’invisibile, tra il concreto e l’astratto. Il simbolo rappresenta qualcosa d’altro: un’idea, un’emozione, un concetto complesso

Il simbolo condensa significato: dice molto con poco. Parla al cervello razionale e a quello emotivo insieme. È il linguaggio più antico dell’umanità

Guardare i vuoti

Forse la vera saggezza non sta nel riempire i vuoti, ma nel diventare consapevoli che esistono. Nel riconoscere che la nostra percezione è sempre un’interpretazione, mai una verità assoluta Quando accettiamo che il cervello costruisce la realtà, diventiamo più umili. Più curiosi. Più aperti a vedere diversamente

Ogni volta che diciamo “io ho visto”, potremmo chiederci: cosa non ho visto? Quali vuoti ha riempito il mio cervello? Quali storie mi sto raccontando senza accorgermene?

Guardare i vuoti significa accettare che la realtà è più vasta, più misteriosa, più ricca di possibilità di quanto il nostro cervello possa contenere

L’invito del vuoto

Il vuoto non è assenza. È spazio per il nuovo. È silenzio dove può nascere una musica diversa

Quando permettiamo al cervello di non riempire immediatamente, quando stiamo nell’incertezza, quando accettiamo di non sapere, apriamo la porta a percezioni più profonde. A intuizioni che non vengono dal ragionamento ma da una conoscenza più antica, cellulare, quantistica

Il cervello riempie i vuoti per proteggerci, per darci stabilità. Ma a volte, la guarigione nasce proprio dall’abitare quei vuoti. Dallo stare nella discontinuità. Dal lasciare che qualcosa di imprevisto emerga

La continuità è un’illusione gentile. Ma nei frammenti, negli spazi vuoti, nelle pause tra un respiro e l’altro, vive la verità: siamo creatori della nostra realtà, narratori della nostra esperienza, artisti della nostra vita

E questo, più di ogni certezza, è il dono più grande ci insegnano i Maestri, e noi cosa creiamo?

E noi, cosa potremmo creare? ….Facile da dire, difficile da fare 

potremmo creare ponti dove vediamo abissi
potremmo creare storie nuove dove ci sono solo vecchi frammenti
potremmo creare significato dove sembra esserci solo caos.  Potremmo creare continuità nell’istante,
bellezza nell’imperfezione, senso nel mistero

Se provassimo anche solo per un respiro, per un momento, per un ricordo alla volta:

ptremmo scegliere la nostra versione del mondo,non quella vera, quella nostra
non quella perfetta, quella possibile

E in questo tentativo, in questo provare senza garanzie,
in questo coraggio gentile di chi sa di essere fallibile, potremmo riscoprire ciò che  siamo nati per essere:

artisti della percezione
poeti dell’esistenza
creatori di realtà

Basta provare. Voglio essere ottimista !

GRAZIE

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