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PERCHÉ IL DOLORE DEGLI ALTRI CI ECCITA: LA VERITÀ SUL PIACERE NASCOSTO

 PERCHÉ IL DOLORE DEGLI ALTRI CI ECCITA: LA VERITÀ SUL PIACERE NASCOSTO

Non sto parlando di sadismo patologico. Sto parlando di qualcosa che succede nel cervello di persone normali. Di te, di me, di chiunque

 I FATTI NEUROLOGICI

Quando vediamo qualcuno soffrire, il cervello attiva aree dell’empatia come la corteccia cingolata anteriore e l’insula, dove sentiamo il loro dolore. Ma attiva anche aree del piacere come il nucleus accumbens e il sistema della ricompensa come la dopamina

Perché? Perché se devi sopravvivere facendo soffrire qualcuno, un nemico, un rivale, una minaccia, il cervello ti ricompensa per l’azione per permetterti di continuare. Il cervello ti sta premiando. E il premio si sente come piacere 

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Non è un piacere consapevole come quando mangi cioccolato. È più profondo, più primitivo. È il cervello che ti dice: hai fatto bene, continua

Questo meccanismo si chiama “Schadenfreude”, parola tedesca che significa “gioia per il male altrui” Ed è documentato scientificamente !

 LA PARTE CHE NESSUNO VUOLE AMMETTERE

Alcuni studi mostrano che quando vediamo soffrire qualcuno del gruppo avversario, politico, sportivo, sociale, il nucleus accumbens si attiva più delle aree empatiche. Traduzione: il cervello ci premia più per vedere soffrire un nemico che per capire il suo dolore. E questo succede a tutti. Non solo ai cattivi.

 PERCHÉ SUCCEDE

Perché per migliaia di anni, la sopravvivenza del gruppo richiedeva di proteggere i tuoi, escludere o eliminare gli altri, gioire quando il rivale perdeva perché significava che tu vincevi

Il cervello ha cablato questo meccanismo così forte che oggi si attiva anche per cose assurde: vedere un post umiliante su qualcuno che non ci piace, leggere di uno scandalo che colpisce quelli dall’altra parte, guardare video di gente che cade, sbaglia o viene ridicolizzata. E ogni volta che succede, il cervello rilascia dopamina. La stessa sostanza del piacere, del cibo, del sesso.

IL PROBLEMA NON È SENTIRLO MA NON RICONOSCERLO

Il problema è non riconoscerlo. Perché se non lo riconosci continui a far pensare al tuo cervello di essere nel giusto, lo giustifichi dicendo: ma se lo merita, è colpa sua, lo amplifichi condividendolo, commentandolo, ridendo

E piano piano, senza accorgertene, diventi una persona che cerca attivamente il dolore altrui perché il cervello ha imparato che quella è una fonte di gratificazione facile !!

E LA PARTE PIU’ OSCURA?

Più neghiamo di provare piacere nel vedere soffrire gli altri, più lo cerchiamo in forme socialmente accettabili

La persona che dice  di non provare mai “schadenfreude” è spesso quella che condivide con più gusto gli articoli su scandali altrui, che commenta con soddisfazione mal celata le cadute pubbliche, che si indigna con un’intensità che tradisce il piacere nascosto

LA VERITÀ SCOMODA

Non siamo naturalmente buoni. Siamo naturalmente tribali. E la tribù sopravvive anche attraverso la sofferenza del nemico. Il cervello ci premia per essere crudeli con chi sta fuori dal nostro gruppo e magari non ci farebbe sopravvivere

Ma possiamo scegliere di non obbedire a questo meccanismo. Possiamo riconoscerlo. Nominarlo. E decidere di essere umani nonostante il cervello ci premi per essere crudeli !!!

COSA SIGNIFICA QUESTO PER NOI

Significa che ogni volta che sentiamo un pizzico di soddisfazione quando qualcuno che non ci piace cade, ogni volta che condividiamo un video umiliante ridendo, ogni volta che pensimo ben gli sta, il  cervello ci sta ricompensando per la sofferenza altrui

E se non lo riconosciamo, se continuiamo a farlo sapendo cosa sta succedendo, diventiamo CONSAPEVOLMENTE CRUDELI

LA SCELTA

Non possiamo controllare la prima reazione del cervello. Ma possiamo controllare la seconda

Se accade tu puoi notare quando succede dicendoti ok, ora mi sento soddisfatto del suo male ma è il mio nucleus accumbens che lo dice, non e’ la mia volonta’

Puoi non alimentarlo decidendo di non condividere, non commentare, non rimuginare di non colpire. Puoi scegliere l’azione opposta chiedendoti: “come starei io al suo posto”? L’empatia vera non è automatica. È una decisione. Una fatica. Un andare contro natura

LA PARTE DIFFICILE

La parte difficile non è capire questo meccanismo. È accettare che lo abbiamo anche noi. Che non siamo migliori di nessuno, perche’ il nostro cervello funziona esattamente come quello di chi critichiamo. E ogni volta che pensiamo io non sono così, stiamo solo attivando un altro pregiudizio: quello della superiorità morale, che è l’ennesimo modo per sentirci meglio di altri guardandoli dall’alto in basso

COMPRENSIONE

Il dolore degli altri ci eccita perché il cervello ci premia per la sopravvivenza tribale. Ma non viviamo più nella savana. Possiamo riconoscere il meccanismo. Nominarlo. Scegliere di agire diversamente nonostante i comandi del nostro cervello

L’umanità non è istintiva. Va costruita ogni giorno, con consapevolezza e fatica, contro impulsi che ci sembrano naturali e giusti

E la prima ricostruzione inizia qui: ammettendo che anche noi, anche tu, anche io, possiamo provare quel piacere nascosto… MA decidiamo ogni volta di non obbedirgli perche attiviamo il vero significato di cosa vuol dire e sentire e lavorare per essere UMANI. La buona empatia

Non siamo naturalmente buoni

ma possiamo scegliere di diventarlo

e quella scelta attiva l’umanità vera

quella che chiamiamo “la buona empatia”

 

GRAZIE

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