la prima parte : https://www.spaziosacro.it/interagisci/blog/blog2.php/digiuno-il-digiuno-puo-salvarti
Il digiuno nelle malattie croniche
`E uno sbaglio pensare che il digiuno, per quanto lungo possa essere, sia sufficiente
a liberare il corpo da tutte le sostanze tossiche accumulate. Una vita passata
ad accumulare tossine non pu`o essere sanata nel giro di poche settimane. Nelle
Intermezzo promozionale ... continua la lettura dopo il box:
malattie quali il morbo di Parkinson, l’artrite, un tumore diffuso, ed altre condizioni
che richiedono molto tempo per svilupparsi, sono spesso necessari tre o pi`u
digiuni per ottenere dei miglioramenti.
La sinusite `e l’infiammazione delle cavit`a nasali. I nostri genitori l’avrebbero
denominata una formazione di catarro, ma la tendezza attuale `e di abbandonare
l’uso di una terminologia generale come la parola catarro e di adottare termini pi`u
specifici.
La sinusite pu`o essere acuta o cronica. Molti individui presentano un’infiammazione
in una o pi`u parti delle membrane mucose dei corpo, come se avessero
uno o pi`u “catarri”.
La definizione “infiammazione catarrale” varia a secondo della parte interessata,
ma il disturbo `e lo stesso e cos`? la causa generale. L’abitudine di classificare
ogni infiammazione locale con un nome diverso, confonde sia il paziente che il
medico. Questo serve ad alimentare l’idea che esistano molte “malattie”.
Rispondendo a chi affermava che il digiuno diminuisce la resistenza alla ma-lattia, il dott. Weger sostiene
: ?Ho visto molti casi di infezioni di diversa natura
guarire completamente durante un digiuno. Ad esempio, un caso avanzato di sinusite
che dopo cinque o sei dolorose operazioni, frontale, etmoidale, dell’antro,
dopo un trattamento formato da inalazioni due o tre volte alla settimana, durava
per un periodo da due a cinque anni, senza nessun miglioramento dei sintomi.
In genere, dopo tanto soffrire tali pazienti appaiono magri e depressi fisicamente
e mentalmente. Quando durante un digiuno si ristabiliscono completamente,
come accade nella maggioranza dei casi, non `e questa una prova sufficiente per
affermare che il digiuno in un modo o nell’altro aumenta le capacit`a dell’organismo
di superare le infezioni? Il discorso fatto sulla sinusite vale anche per gli altri
tipi di infezioni, come quelle situate in parti dove sarebbe impossibile intervenire
chirurgicamente?.
Il ristabilimento della sinusite precedentemente descritto accade ugualmente
negli altri casi di infiammazione delle vie respiratorie, del sistema digestivo, di
quello genitourinario e di quelle parti del corpo rivestite da membrane mucose.
Cos`? le otiti, le congiuntiviti, le gastriti, le duodeniti, le coliti, ecc., guariscono
durante il corso di un digiuno prolungato. Solo in casi relativamente rari si `e
dovuto ricorrere a due digiuni. La febbre da fieno e l’asma, entrambe appartenenti
alla stessa classe di “malattie”, vengono debellate dai poteri dell’organismo che si
rafforzano durante il digiuno.
La vasta esperienza che ha visto centinaia e centinaia di persone digiunare
durante un periodo di oltre centotrenta anni e coinvolgendo il lavoro di uomini
preoccupati dei loro simili, ha dimostrato che quando il sistema digestivo viene
alleggerito del suo lavoro, tutte le energie dell’organismo vengono trasferite agli
organi escretori, permettendo la loro piena utilizzazione, per liberare il corpo dagli
accumuli di sostanze tossiche.
Quello che il corpo riesce a fare da solo ristabilendo le normali funzioni quando
gli accumuli tossici sono stati eliminati `e avvenimento da rispettare e tenere in
grande considerazione.
Parlando dei casi di anemia perniciosa, Tilden afferma: ?Un digiuno di due
settimane, in cui non si consuma nient’altro all’infuori di acqua, migliorer`a lo
stato della malattia, aumentando durante quel periodo i globuli del sangue, fino
ad un numero di cinquemila?. In questi casi avviene un avvelenamento del tratto
digestivo e sembra che tale contaminazione del sangue con conseguente infezione
sia la causa dell’impossibilit`a di ristabilire la funzionalit`a degli organi.
Una simile contaminazione infettiva sembra presentarsi anche nei casi di cancro,
provocando l’anemia. Bisogna, comunque ricordare che chiunque soffra di
anemia non dovrebbe mai intraprendere un digiuno, a meno che non lo faccia sotto
la guida di un esperto. Ed ugualmente, anche nei casi di diabete, bisogna ricorrere
alla supervisione di un esperto. La persona diabetica pu`o digiunare senza perico-
lo, particolarmente se presenta problemi di eccesso di peso. Se si `e fatto uso di
insulina per lunghi periodi di tempo, allora non `e consigliabile digiunare.
Anche chi soffre del morbo di Bright pu`o digiunare senza pericolo. In entrambe
queste situazioni ed in tutte le malattie simili, pi`u importante del digiunare
`e correggere totalmente il “modus vivendi”. `E essenziale che si insegni a questi
pazienti la maniera pi`u corretta di mangiare e che questi riconoscano e rispettino i
propri limiti. Potranno sviluppare buone condizioni di salute, solo interrompendo
ogni abitudine malsana ed imparando le leggi che sono alla base di una giusta
alimentazione.
–
Capitolo 19
Il caso del raffreddore comune
Milioni di dollari sono stati impiegati nel tempo per scoprire quale sia il germe
o l’insieme di germi che causano il raffreddore. Tutti gli sforzi compiuti fino ad
ora sono solo serviti a creare confusione sui rimedi e sui vaccini da utilizzare nel
tentativo di prevenirlo.
Harold Deihs, medico all’Universit`a di Minnesota, sperimento su molte migliaia
di studenti ogni possibile rimedio al raffreddore approfondendo poi i risultati
ottenuti. Nessun rimedio si dimostro adatto.
Alcuni esperti del campo sostengono che il raffreddore viene provocato da
una panoplia di microbi, una specie di “cock tail di semi”. Altri affermano che `e
un virus o una serie di virus a scatenarne gli effetti. Sono stati identificati circa
un centinaio di virus che potrebbero giocare un ruolo nel provocare il raffreddore.
Poich`e gli sforzi attuali sembrano tutti convergere nel tentativo di scoprire un
vaccino per immunizzare i soggetti contro tali virus, `e ovvio che molti di questi
vaccini dovranno essere perfezionati. Sarebbe meglio imparare a vivere in maniera
tale da evitare il manifestarsi del raffreddore. L’organismo normale sviluppa un
proprio sistema protettivo. Non ha bisogno di aiuti dall’esterno.
`E stato affermato che il raffreddore `e molto diffuso, non perche sia un fenomeno
semplice, ma proprio perche `e complesso. Questo potrebbe essere un esempio
di quella confusione che circonda l’eziologia del raffreddore.
Il dott. Tilden sostiene che il raffreddore `e il sintomo prossimale di un complesso, il cui sintomo
distale `e il cancro o la tubercolosi o una qualsiasi malattia degenerativa mortale.
Tra i primi raffreddori dell’infanzia e la morte per cancro in eta media, vi `e
un’intera gamma di sintomi e complessi intermedi: raffeddori, tossi, mal di gola,
costipazione, diarrea, mal di testa, affaticamento, irritabilita, apprensione, agitazione,
insonnia, alito cattivo, lingua patinosa, e molti altri sintomi e cosiddette
malattie acute, le quali sono tutte crisi tossiemiche. Il soggetto non tossiemico
non potra mai sviluppare i sintomi di un raffreddore.
Le ragioni fondamentali delle cause del raffreddore furono presentate in chia-
ve comica, tuttavia vera, in versi pubblicati nel 1928 nell’American Journal of
Clinica] Medicine:
Il raffreddore non `e tale per me
`E il modo in cui la Natura mi vuol dire
Che recentemente ho mangiato
Non saggiamente, ma troppo bene.
Il naso chiuso vuol dire
Che ho troppo abbondato in
Bistecche di maiale, condite
Ed accompagnate da succulenti contorni. . .
O forse una meravigliosa bistecca,
Condita con aglio e salse piccanti
Ha costretto il mio fegato a farmi diventare
Una minaccia per la gente.
O forse `e stato un pezzo di formaggio,
O una fetta di torta calda e dolce,
Ecco perch`e il raffreddore non `e tale per me
`E
solo l’indicazione che ho mangiato troppo.
Gli Igienisti sostengono fermamente i pensieri espressi in questi versi. Non
solo si possono evitare i raffreddori imparando ad alimentarsi secondo i propri
limiti e conservando, in ogni modo, le proprie energie, ma con il digiuno ci si
pu`o liberare dal raffreddore.
Riempire a sazieta il paziente raffreddato serve solo
a prolungarne il decorso ed a farlo “degenerare in polmonite” o in qualcosa
di simile. Poche sono le persone che comprendono l’importanza di sospendere
l’alimentazione fino a che i sintomi non siano scomparsi.
In un articolo sul raffreddore comune, pubblicato in un giornale americano nel
dicembre dei 1962, il dott. Walter C. Alvarez, dottore in medicina ed editore della
rivista American Medicine, nonch`e scrittore di articoli, dichiarava: ?Nel laboratorio
inglese di ricerca sul raffreddore, si e scoperto che andare in giro bagnati
anche se fa freddo non serve per causare un raffreddore?.
Tali esperimenti non sono che una ripetizione di quelli condotti dagli igienisti
in questo paese nell’ultimo secolo e, mentre confermano le conclusioni a
cui essi arrivarono, non aggiungono niente di nuovo alle conoscenze gia acquisite.
Alvarez stesso afferma di non aver paura di raffreddarsi durante le stagioni
fredde.
Egli sostiene che i raffreddori sono “contagiosi”. Quello di cui ha paura `e
di entrare in un taxi con un uomo raffreddato. Pensa di potersi “prendere un
raffreddore” o che questo possa prenderlo in ogni circostanza. Poich`e esperienze
di questo genere non mi fanno mai “prendere un raffreddore”, mi domado perch`e,
egli, invece, ne presenti subito i sintomi se “esposto” a tali condizioni. Egli d`a
per scontato l’idea che, essere in buone condizioni, permetta al soggetto di evitare
raffreddori, ma le sue argomentazioni in materia sono piuttosto deboli.
In gioventu era solito prendersi quattro raffreddori all’anno – al tempo in cui
era un atleta, correva, nuotava ed era istruttore di ginnastica – nonostante ogni
mattina si immergesse in acqua fredda ed ogni sera corresse per tre o quattro
miglia.
A discapito delle sue affermazioni bisogna dire che le sue attivit`a non provavano
necessariamente che fosse in buone condizioni fisiche. La frequenza dei raffreddori
degli atleti `e famosa. Alvarez ha adottato un modo erroneo di ragionare,
tra l’altro molto comune, riguardo a ci`o che significa essere in buone condizioni.
C’`e chi afferma che un individuo tossiemico e pletorico possa essere in buone
condizioni. Alvarez afferma: ?Ci viene detto di mangiare bene e di dormire in
abbondanza?. Egli non condivide n`e mette in discussione tale consiglio. Vorrei
sottolineare per un attimo che di solito, per “mangiare bene” si intende eccedere
nel consumo dei cibi. Questo `e il modo sicuro per prendersi il raffreddore, non
per evitarlo.
Non escludo tuttavia che l’esposizione al freddo intenso possa contribuire nella
produzione dei raffreddori, come d’altronde non respingo l’idea che surriscaldarsi
fino a livelli eccessivi possa ugualmente scatenarne i sintomi. La prolungata
esposizione al freddo debilita e questo arresta l’eliminazione.
Gli individui gi`a debilitati e tossiemici, quando esposti a temperature fredde,
presentano un’eliminazione diminuita ulteriormente ed in genere ci`o `e sufficiente
a scatenare una crisi, in questo caso un raffreddore. Dovrebbe essere chiaro che se
si `e gi`a debilitati e tossiemici ogni fattore debilitante in piu arrestera ulteriormente
l’eliminazione, provocando sicuramente una crisi.
Cosa bisognerebbe fare al primo manifestarsi dei sintomi di un raffreddore?
Sospendere immediatamente l’alimentazione. Bere acqua non in grande quantit`a,
come viene generalmente consigliato, ma solo secondo gli stimoli della sete. In
verit`a sembra che minore sia la quantit`a d’acqua, pi`u rapido sia il ristabilimento.
Il digiuno non dovrebbe durare meno di ventiquattr’ore, forse due o tre giorni
secondo la gravit`a dei sintomi.
Dopo il digiuno, per i primi giorni, l’alimentazione deve essere leggera: arance
e pompelmo, senza zucchero a colazione; un’insalata verde a pranzo; e frutta
fresca di stagione a cena; dopo i primi due o tre giorni l’alimentazione dovrebbe
continuare ad essere leggera fino a che tutti i sintomi non siano spariti.
Durante il digiuno, il luogo migliore per il paziente `e il letto. Dovrebbe stare
comodo e al caldo ed avere, nella stanza, una buona ventilazione sia durante il
giorno che durante la notte. Si pu`o fare un bagno tiepido, non troppo caldo, n`e
troppo freddo. Se non `e possibile interrompere l’attivit`a lavorativa per mettersi a
letto, bisogna riposarsi il pi`u possibile e coricarsi presto la sera.
Seguendo tali consigli il raffreddore non si trasformer`a mai in polmonite. Prolungare
un raffreddore continuando a mangiare ed annullando i sintomi con le medicine,
pu`o provocare la morte. Il digiuno non “cura” il raffreddore. Si pu`o guarire
anche mangiando abbondantemente, bevendo in grande quantit`a, lavorando senza
sosta ed esponendosi al freddo. Molta gente ci riesce e ci `e sempre riuscita. Quello
che il digiuno pu`o fare `e alleviare i disturbi del raffreddore, abbreviarne la sua
durata e lasciare il paziente in condizioni assai migliori.
Capitolo 20
La sclerosi multipla
La vasta campagna per combattere gli effetti dannosi di questa malattia, e per
compiere ricerche sulle sue cause e su eventuali sistemi di cura, ha diffuso la sclerosi
multipla tra il pubblico. Nonostante cio esistevano alcune cause fondamentali
gia conosciute in termini di diete e di attivita del soggetto, ed anche dei metodi di
recupero per mezzo del digiuno.
Mi ricordo del caso di un optometrista il quale, a causa delle sue condizioni,
dovette abbandonare l’attivita cedendola ad un altro. Per alcuni anni era stato in
cura presso i migliori neurologi del paese e, cos`? come gli era stato predetto agli
inizi della malattia, era peggiorato. I medici gli avevano detto in tutta franchezza
che non esistevano “cure” per la sclerosi multipla.
Era la verita, tuttavia, dopo otto settimane trascorse in un’istituzione igienistica,
ricominci`o a camminare da solo, torn`o a casa e riprese a lavorare.
Naturalmente, non era un uomo normale alla fine di questo periodo. `E troppo,
aspettarsi un recupero completo in un periodo di tempo cos`? breve. Ma i suoi
miglioramenti erano talmente grandi da permettergli di tornare a casa e di riprendere
a lavorare. Questa `e una posizione sbagliata, specialmente nei casi di sclerosi
multipla, ma frequente nelle persone malate.
Molti pazienti appaiono soddisfatti e non si sforzano di tornare piu in salute,
una volta liberati dai sintomi pi`u gravi. Non mostrano desiderio di voler riconquistare
appieno la salute e sono convinti di poter badare a se stessi. Dopo aver,
inizialmente, compiuto diversi miglioramenti pensano di poter continuare da soli
senza l’aiuto della persona competente. In pochi casi questo pu`o accadere ma
generalmente non `e cos`?. Solo nei casi controllati e seguiti, il digiuno puo portare
a risultati. Sclerosi significa indurimento. Indurimento di una parte in seguito ad
infiammazione. Nel sistema nervoso il termine denota una crescita eccessiva del
tessuto connettivo (iperplasia del tessuto connettivo) nel tessuto nervoso.
La sclerosi multipla, anche chiamata sclerosi a placche disseminate ed a volte
conosciuta come la malattia di Charcot, `e caratterizzata dall’indurimento (sclero-
si) di piccoli focolai di demializzazione, distribuiti nella sostanza bianca dell’encefalo
e del midollo spinale. Questi focolai possono essere molto piccoli o poco
piu grandi e sono sparsi irregolarmente.
Con l’autopsia si pu`o vedere che la guaina
protettiva dei nervi risulta danneggiata e le cellule nervose e le fibre si sono
fuse insieme. Ho voluto sottolineare che questo `e quello che ho osservato durante
un’autopsia, per il motivo che la malattia non inizia come sclerosi (indurimento),
ma come infiammazione.
Un uomo muore dopo aver sofferto di sclerosi multipla per quindici o venti
anni e viene ordinata l’autopsia. Il cervello ed il sistema nervoso vengono studiati
attentamente e vi vengono riscontrati dei cambiamenti. Ma questo `e tutto quello
che si puo stabilire. Quali erano le condizioni dei nervi, cinque, dieci o quindici
anni fa? Viene naturale pensare che se le condizioni dei nervi cinque o dieci
anni prima della morte fossero state uguali a quelle scoperte durante l’autopsia, il
soggetto sarebbe morto cinque o dieci anni prima.
La malattia viene definita “incurabile”. Puo protrarsi per anni prima che il
paziente muoia. Il punto finale, che provoca la morte, `e certamente irreversibile,
ma siamo sicuri che sia tale anche agli stadi iniziali della malattia? Lo stesso corso
della malattia sembrerebbe negare tale asserzione.
Allo stadio infiammatorio la malattia appare curabile.
Infatti, i recuperi spontanei possono durare settimane o persino anni. Una
volta manifestato l’indurimento, non sembrano esserci possibilita di regressione.
Il materiale grasso isolante, chiamato guaina mielinica, che riveste i nervi,
viene a mancare e questo sembra scatenare l’insolito comportamento. Alcuni nervi
svolgono il loro lavoro freneticamente, altri debolmente ed altri ancora sono
impossibilitati a farlo.
Non esistono due casi simili o uguali in quanto in ogni caso sono diverse le
parti di cervello e di sistema nervoso colpite. Nel paziente, lo sviluppo dell’indurimento
non `e lo stesso in ogni caso e non avviene alla stessa velocita in tutte
le parti colpite. Poich`e non esistono due casi identici, `e impossibile descrivere la
malattia in maniera assoluta.
Tra i sintomi principali di questa malattia troviamo la debolezza, movimenti
notevolmente scoordinati, scoordinazione delle estremita, piu marcata nelle braccia
rispetto alle gambe, e amenomania, che `e una forma di malattia mentale che
provoca allucinazioni. Inoltre, stati mentali anormali, difficolta di parola e movimenti
rapidi ed involontari degli occhi chiamati nistagmi, sono del tutto comuni.
Il tremore `e spasmodico, aumentato involontariamente dallo sforzo di contenerlo,
ma `e assente completamente durante il riposo ed il sonno.
La natura dei sintomi in ogni caso dipende dalla locazione e dalla gravita` dei
cambiamenti avvenuti nei tessuti nervosi. La perdita improvvisa della vista in un
occhio o un periodo di sovrapposizione delle immagini potrebbero rappresentare
l’inizio dei sintomi. Questi ultimi, in genere, passano in breve tempo e possono
non ripresentarsi per anni. Il paziente puo manifestare sensazioni particolari, formicolIl
o intorpidimenti in varie parti del corpo. Successivamente si verifica una
debolezza negli arti inferiori con difficolta di movimento. Possono manifestarsi
tremori, spasmi nelle gambe, difficolta di linguaggio e le mani possono diventare
inutili e perdere il tatto. Il tremore alle mani pu`o manifestarsi quando il soggetto
tenta di prendere qualche oggetto. Inoltre possono anche presentarsi dei problemi
al retto ed ai canali urinari.
Questi sintomi possono rimanere in forma leggera per diversi anni e possono
anche sparire del tutto e non ritornare per lunghi periodi di tempo. `E questa remissione
dei sintomi ad indicare che nella fase iniziale della malattia gli sviluppi
non sono irreversibili. La meta di questi pazienti `e ancora in grado di camminare
anche dopo venticinque anni di malattia, fatto che dimostra la lentezza di sviluppo
di questa condizione. Certamente in tutto questo tempo si puo trovare il modo di
agire costruttivamente.
Alcuni casi appaiono talmente lievi ed i sintomi cos`? leggeri da non essere
diagnosticati come sclerosi per anni. La tendenza dei sintomi a sparire per un
periodo di tempo viene definita una delle caratteristiche fondamentali di questa
malattia; un’altra `e rappresentata dal carattere sporadico degli sviluppi sintomatici
e dell’indurimento.
Ho precedentemente affermato che non esistono due casi simili nei sintomi o
negli sviluppi, ogni caso `e a se stante; ma questo vale sia per la sclerosi multipla
sia per ogni altro tipo di malattia.
Non `e stato trovato nessun germe o virus da considerare la causa dello svilupparsi
della malattia, quindi si ammette liberamente che “le cause sono sconosciute”.
Tuttavia, si pensa che sia “probabilmente di origine infettiva”.
Nessun trattamento si `e dimostrato soddisfacente. Siccome questo accade in
molte malattie esso `e diventato quasi una regola. Come possono esistere dei trattamenti
soddisfacenti per una malattia, se le cause che la provocano sono ancora
sconosciute? La definizione standard `e la seguente: “Le cause della malattia
sono totalmente sconosciute . . . non esistono trattamenti specifici o efficienti. . . il
decorso `e molto lungo. . . il recupero totale `e molto raro ed improbabile”.
Non possiamo aspettarci un recupero totale se ignoriamo le cause che hanno
provocato la malattia. L’impossibilita di riconoscere le dannose influenze generali
nella vita e nell’ambiente, in cui vive il paziente, come le vere cause dei danni
funzionali ed organici, ci impedisce di individuare tali cause.
La ricerca delle cause specifiche `e quasi giunta al termine. `E arrivato il momento
in cui nelle abitudini di vita sbagliate bisogna riconoscere le cause dei danni
provocati all’organismo e dell’evoluzione delle malattie. Quando queste vengono
identificate ed eliminate, allora vi sara la possibilita di ristabilimento in migliaia
di soggetti che per il momento vengono considerati “incurabili”.
Non ho mai avuto l’opportunita di intervenire in un caso di sclerosi multipla
allo stadio iniziale, quindi posso solo immaginare che se a questi individui venisse
suggerito un programma igienistico al presentarsi dei sintomi, la percentuale dei
recuperi sarebbe senz’altro alta. Tutti i casi da me seguiti allo stadio avanzato,
pertanto non posso considerarli favorevoli.
Il fatto di essere riuscito a fare regredire la malattia in alcuni di questi casi,
considerati in condizioni disperate, da credito all’efficienza del programma
igienistico allo scopo di ristabilire normali condizioni funzionali e dei tessuti.
Rivediamo in generale l’azione del digiuno applicata ai casi di sclerosi multipla.
Il primo digiuno provoca un miglioramento globale nella salute dell’individuo
con conseguente miglioramento del controllo e dell’uso degli arti; spesso permette
ai pazienti confinati a letto, di alzarsi e camminare. Per prolungare tali effetti
nel tempo, dopo il digiuno, l’alimentazione deve essere appropriata ed il soggetto
deve svolgere una moderata attivita fisica ed esporsi ai raggi del sole.
Un secondo digiuno migliora ulteriormente il controllo e l’uso degli arti. In
casi simili ho impiegato un massimo di tre digiuni. Ognuno di questi ha migliorato
il controllo delle braccia e delle gambe facilitandone l’utilizzazione.
Dopo il digiuno `e necessario un periodo di riposo a letto, successivamente
consiglio un periodo o due di leggera attivita fisica del tipo che richiede un certo
impegno di qualit`a. Lo scopo di tali esercizi non `e tanto quello di aumentare le
dimensioni e la forza dei muscoli, quanto di migliorare le qualit`a individuali nel
compierli. Se si desidera, in un secondo momento, si potranno svolgere esercizi
pi`u pesanti ed impegnativi.
`E mia convinzione, che i bagni di sole giornalieri in questi casi sono di particolare
aiuto nel facilitare l’evoluzione della salute e del sistema nervoso. La dieta
deve essere a base di frutta e verdura fresche, con quantit`a moderate di grassi, zuccheri,
amidi e proteine. Io preferisco le proteine vegetali: noci e semi di girasole
sono ottimi in questi casi.
La cosa importante da ricordare `e che la sclerosi si sviluppa allo stadio iniziale
della malattia. In questi stadi iniziali probabilmente si puo ancora provocare un
ristabilimento, sempre ch`e le influenze dannose che caratterizzano la vita dell’individuo
vengano rimosse e che il sangue e i tessuti vengano liberati dagli accumuli
di sostanze tossiche.
`E nello stadio iniziale che il recupero pu`o o dovrebbe essere possibile, non
negli stadi avanzati quando sono gi`a avvenuti nelle strutture nervose dei cambiamenti
irreversibili. Il vecchio proverbio “un punto in tempo ne salva cento”, (nel
nostro caso: un’azione in tempo) pu` dimostrarsi valido.
Artrite: due o ventotto anni?
?Due anni!? esclam`o un paziente quando gli fu detto che questo era il tempo
minimo necessario per guarire, per mezzo del digiuno ed altri metodi igienistici,
dall’artrite. ?Sono malato da ventotto anni ormai. Non fa nessuna differenza per
me aspettare altri due anni?.
Era un batteriologo che lavorava in un laboratorio e durante tutta la sua vita
si era preoccupato della sua salute solo superficialmente. Ogni giorno era in contatto
con i pi`u autorevoli esponenti in campo medico, cos`?, all’apparire dei primi
sintomi dell’artrite, ottenne le cure migliori che la scienza medica potesse offrire.
Ma, come tutti sanno e come gli stessi medici ammettono, non esistono cure per
tale malattia. I palliativi, per alleviare i sintomi senza rimuovere le cause, rappresentano
la sola cosa che possono offrire, ma questi non prevengono il diffondersi
e l’intensificarsi della malattia.
Con il passare degli anni, la situazione peggior`o: articolazione dopo articolazione,
ogni parte del corpo fu colpita fino a che il paziente, curvo e deformato,
per poter camminare doveva appoggiarsi alle grucce o ad un bastone. Non poteva
girare la testa, era costantemente in preda a forti dolori. Queste erano le terribili
condizioni in cui si trovava quando si rivolse all’Igienista.
Gli fu detto che probabilmente alcune delle sue articolazioni erano anchilosate,
fuse, e che, se questa fosse stata la situazione reale, tali articolazioni sarebbero
rimaste cos`?. Non esiste un sistema per slegare delle articolazioni anchilosate.
Queste rimangono ferme, inutilizzabili. Tuttavia, c’erano anche delle buone notizie
per lui: poteva essere liberato dal dolore. Poteva di nuovo tornare a godersi la
vita.
L’uomo si sottopose ad un digiuno di lunga durata, trentasei giorni. I miglioramenti
furono sorprendenti. Non aveva pi`u dolori, scomparvero i gonfiori da alcune
articolazioni, in altre si ridussero, lentamente riusc`? a muovere delle articolazioni
che da tempo erano immobili.
Due anni non furono abbastanza. Quattro ne dovettero passare prima di poter
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migliorare completamente e nei limiti del possibile le condizioni di quest’uomo.
Durante tale periodo egli condusse un altro digiuno di molti giorni e diversi digiuni
pi`u brevi. La sua alimentazione, negli intervalli tra i digiuni, fu controllata
scrupolosamente; giornalmente si esponeva al sole e, dopo che diversi miglioramenti
erano gi`a stati compiuti, gli fu anche consigliato di svolgere dell’attivit`a
fisica.
Risultati: la spina spina dorsale `e tornata dritta, l’uso delle gambe e delle
braccia `e normale, pu`o girare la testa in ogni direzione, cammina in posizione
quasi eretta, non deve pi`u appoggiarsi a grucce o bastoni, non avverte dolori, `e
“l’immagine della salute” lavora ininterrottamente.
La sua salute `e rimasta in ottime condizioni senza riapparizioni di dolori o di
gonfiori; si sente talmente bene da aver allargato il suo campo di interessi, oltre
alla sua professione, anche alla politica, il che non `e certamente poco per un uomo.
Il suo caso era disperato, pertanto richiedeva un lungo periodo di recupero.
Consideriamo, a titolo di paragone, un caso meno grave, di durata inferiore,
dove le articolazioni apparivano meno infiammate ed anche i gonfiori erano ridotti:
Mrs. G. era la moglie di un preside di una scuola canadese, aveva quarant’anni.
La sua artrite si era sviluppata solo da pochi mesi ma era molto dolorosa ed impediva
i suoi movimenti. Il dottore che l’aveva in cura fu in grado di prescriverle
solo un sollievo temporaneo che consisteva in aspirine o cortisone da prendere per
il resto della vita. Le disse che probabilmente si sarebbe verificato un aumento del
dolore e che la malattia si sarebbe diffusa. La donna fece un viaggio in America
ed intraprese un digiuno. Il digiuno dur`o solo tre settimane, ma la liber`o dal dolore
e dall’infiammazione permettendole di muovere le articolazioni normalmente.
?Le far`o una grossa pubblicit`a in Canada? disse all’Igienista che l’aveva seguita
durante il digiuno e dopo. Mantenne la promessa, ma la cosa importante
`e che, dopo tre anni, la donna non ripresent`o pi`u i sintomi dell’artrite. Dolori
e infiammazioni erano spariti per sempre. Il suo entusiasmo verso il digiuno in
particolare e verso le pratiche igienistiche in generale non conosce limiti.
Questi due casi possono essere considerati esempi di centinaia di altri casi
simili, di cui ho assistito al miglioramento e al recupero durante gli ultimi quarant’anni.
Non in tutti i casi si `e verificata la scomparsa permanente dei sintomi;
alcuni individui sono stati abbastanza stolti da ritornare alle loro sbagliate abitudini
di vita, ma sono stati anche in grado di annullare la ricomparsa dei sintomi
adottando di nuovo un buon comportamento fisico e capace di ristabilire le loro
buone condizioni di salute. Mantenersi in salute vuol dire fare molta attenzione ai
modi di vivere. Mangiare in maniera adeguata non richiede uno sforzo maggiore
rispetto al mangiare scriteriatamente. Bisogna respirare: respirare aria
pulita non richiede pi`u impegno e sforzo del respirare aria inquinata. Infatti, in
tutti i modi di vita, spesso si impiega meno tempo nel vivere correttamente che
non il contrario.
Perch`e prendere digestivi dopo ogni pasto quando si potrebbe mangiare in
maniera tale da sentirsi bene senza ricorrere ai medicinali? Perch`e prendere aspirine
per il mal di testa, quando si potrebbe vivere in maniera tale da evitarne il
disturbo? Perch`e prendere giornalmente lassativi, quando facilmente `e possibile
sviluppare un buon sistema digestivo? Un lettore intelligente non avr`a problemi
nel trovare le risposte a queste domande.
I disturbi dovrebbero significare qualcosa per gli individui ragionevoli. La
persona attenta dovrebbe vedere in ogni disturbo e dolore un segnale d’allarme
che, senza esitazione, dovrebbe fare eliminare ogni eccesso. Dovrebbe
prestare attenzione agli avvertimenti. La Natura `e la nostra maestra e se accettiamo
i suoi consigli ed osserviamo i suoi avvertimenti, ci garantiremo la salute e la
longevit`a.
A causa della sua natura dolorosa ed alla tendenza ad inabilitare completamente
chi ne soffre, l’artrite reumatoide `e una delle malattie pi`u serie e pi`u temute
dall’uomo. Sviluppandosi, come fa, nelle articolazioni, a meno che le sue cause
non vengano rimosse, in breve tempo rende il paziente invalido o semi-invalido.
Il dolore `e talmente forte e persistente da distruggere ogni tranquillit`a mentale,
impedendo il riposo ed il sonno. Nonostante si sviluppi pi`u frequentemente nei
climi freddi ed umidi, l’artrite si manifesta ovunque.
Si conoscono diversi tipi di artrite, ma elencarli non avrebbe senso. Se dovessimo
descrivere dettagliatamente ogni forma di questa malattia ci servirebbero
pagine e pagine per scrivere, sicuramente annoieremmo i lettori. Tutte queste manifestazioni
della malattia sono attribuibili alla stessa causa nascosta, e si possono
evitare eliminando tale causa.
Il dolore ed il gonfiore dei tessuti che circondano l’articolazione sono le caratteristiche
principali dello stadio iniziale dell’artrite. Appena si manifesta l’infiammazione,
si tende ad immobilizzare l’articolazione. I muscoli ed i legamenti
divengono tesi e contratti, lo stato di allerta che si sviluppa aumenta notevolmente
il dolore.
Coinvolgendo le articolazioni, e specialmente i tessuti circostanti, l’artrite nasconde
un problema pi`u complesso dei semplici dolori che potrebbero essere definiti
reumatismi, lombaggini o i cosiddetti reumatismi muscolari. Sviluppandosi,
come avviene frequentemente, nella cartilagine che riveste la parte finale dell’osso
coinvolto nell’articolazione, l’artrite pu`o causare la distruzione della cartilagine e
produrre delle deformit`a.
Se la causa non viene rimossa, le estremit`a nude dell’osso, in ultimo, si congiungeranno
(anchiloseranno) e l’articolazione apparr`a fissa ed inamovibile. Quando
avviene questa unione delle ossa, il dolore cessa, ma l’articolazione `e persa per
sempre.
L’artrite reumatoide non si sviluppa in un giorno. Una persona forte pu`o praticare
abitudini debilitanti per anni, prima che questa si manifesti. Tali persone,
– 107 –
dopo il primo manifestarsi dei sintomi, possono anche trascurarli fino a che questi
non provochino effetti deformanti. `E necessario sapere che l’artrite rappresenta il
punto finale di un processo patologico sviluppatosi in molti anni.
Prima dell’apparire delle infiammazioni, nelle articolazioni si accusano dolori
e disturbi, periodi di malessere, periodi di insonnia, di poco appetito, di indigestioni,
e di altri sintomi indicanti che qualcosa, nel nostro organismo, ha cessato di
funzionare nella giustamaniera. Finch`e continueremo a chiudere gli occhi di fronte
all’esistenza di sintomi “minori” e ci rifiuteremo di riconoscerli come segnali di
una condizione di malattia pi`u complessa, sar`a impossibile per noi compiere quei
cambiamenti di abitudini essenziali per la prevenzione dell’artrite.
Spesso accade che le persone che accusano vaghi dolori muscolari, leggeri
indurimenti delle articolazioni, “attacchi di neurite”, “attacchi” di lombaggine o di
sciatica, confondano il significato di questi segnali d’allarme. Alleviano i sintomi
con medicine, massaggi, bagni caldi, e perseverano in quelle abitudini che hanno
causato la situazione di danno.
L’eliminazione dei sintomi non ne rimuove le cause e non pu`o impedire l’ulteriore
sviluppo dello stato cronico e quello eventuale di invalidit`a.
Fondamentalmente la causa dell’artrite `e da riscontrarsi nella tossiemia. Questa
`e il risultato di una serie di abusi dell’organismo per ci`o che riguarda il mangiare,
il bere, gli stati emotivi, l’attivit`a sessuale, ed altre forme di attivit`a. Cominciare
dall’infanzia a mangiare troppo, prepara il terreno alla tossiemia. Nessuno
sa quante tossine siano coinvolte nelle cause dell’artrite. Possiamo dire che forse
centinaia o migliaia possono provocare la sua produzione.
Trascorreranno anni, prima che sar`a possibile isolare tutti gli amminoacidi
composti in grado di unirsi tra loro e con altri sottoprodotti delle proteine e dei
carboidrati. Possiamo asserire con sicurezza che nessuna sostanza tossica da sola
`e indipendentemente responsabile per l’evoluzione di una patologia complessa.
Come sperare, nel nostro stato attuale di ignoranza, di isolare ed analizzare
una particolare sostanza tossica, causa del cancro, del morbo di Bright o delle
malattie mentali? Si pu`o credibilmente asserire che le tossine responsabili di una
o tutte le malattie degeneratrici siano in qualche modo diverse tra loro? Il carattere
della malattia risultante da saturazione tossica `e determinato da fattori individuali
piuttosto che dal carattere delle tossine.
Io descrivo la causa dell’artrite come l’alterazione nutritiva in un soggetto tossiemico.
Non sembrano esistere dubbi sul fatto che l’irritazione primaria, causa
degli anormali cambiamenti nelle articolazioni, sia dovuta alla presenza nel sangue
e nella linfa di materiali tossici instabili per mesi ed anni. Le persone che
accusano tali disturbi sono in genere dei grandi mangioni, tenendo specialmente
ad eccedere in dolci ed amidi: pane, patate, torte e caramelle.
Le loro articolazioni sono dure e, alzandosi dal letto la mattina, presentano
delle difficolt`a a muoversi e camminare. Il segno di durezza sparisce con l’uso
– 108 –
degli arti, ma le articolazioni del ginocchio, della caviglia, dei gomiti e di altre
parti del corpo si indolenziscono maggiormente se usate. Non presentandosi altri
dolori o sintomi il paziente potrebbe pensare che la rigidit`a sia solamente locale.
Errate combinazioni alimentari, eccessi di amidi e di zuccheri, condimenti,
caff`e, te, liquori e tabacco rappresentano i fattori che preparano il terreno
per l’evoluzione dell’artrite. Se a questi si aggiunge ogni forma di attivita fisica
, il quadro `e completo. Con queste premesse l’artrite sembra svilupparsi solo
nelle diatesi o predisposizioni gottose, artritiche o reumatiche. Diatesi `e solo una
parola che rimane senza significato, a meno che, non si comprendano i fattori che
si nascondono dietro la predisposizione.
L’artrite reumatoide, distinta dall’artrite traumatica e tubercolare, rappresenta
uno stato nutritivo e deteriorato unito alla solita tossiemia. I depositi di calcio e la
formazione di calcoli che sono parte della malattia, indicano che l’alterazione
nutritiva `e simile, se non identica, a quella che provoca la formazione dei
calcoli biliari, renali, dell’indurimento delle arterie, dei depositi di calcio sulle
valvole del cuore, dei depositi nei piedi nei casi di gotta, e della formazione di
calcoli in altre parti del corpo.
Quando il deperimento e la tossiemia diminuiscono la resistenza del fisico,
una qualsiasi aggiunta di stress pu`o provocare una crisi artritica nel soggetto predisposto
allo sviluppo di tale malattia. Una malattia acuta, “un’infiammazione”,
un “focolaio di infezione”, un’indigestione, un pranzo abbondante, il freddo, il
bagnarsi, uno stato ansioso o uno stress emotivo, possono provocare una crisi.
Le cosiddette infezioni da ascessi ai denti o in qualche altra parte del corpo
dovrebbero essere identificate per quello che sono: “fonti secondarie di malattia”.
Aggiunte alla tossiemia ed alle putrefazioni intestinali, complicano le condizioni
del paziente. Ma non sono mai cause primarie.
A volte, accade che un paziente riesce a resistere alle altre cause di malattia
ma non a queste infezioni “secondarie”, cos`?, quando la causa dell’infezione “secondaria”
viene rimossa, i sintomi scompaiono. Questo viene sbandierato dalla
scienza come un grande trionfo, ma il riapparire dei sintomi offusca tale vittoria.
Vi sono stati talmente tanti trattamenti per l’artrite che cercare di elencarli
tutti sarebbe una perdita di tempo. Dir`o soltanto che nessuno si `e dimostrato
efficiente. Massaggi, cure termali, fanghi, sali, saponi, bagni allo zolfo, bagni
bollenti, elettroterapia, impacchi, medicine, toccasani e sieri, hanno avuto tutti il
loro momento di gloria, ma sono svaniti nel nulla. Alcuni hanno fornito, in molti
casi, solo un sollievo temporaneo; nessuno di essi infatti, `e pi`u di un palliativo.
Per rimettersi in salute e rimanere tali, liberarsi dai reumatismi, dalla lombaggine,
dai reumatismi muscolari, dai reumatismi infiammatori, dalla gotta, dall’artrite
in qualsiasi forma questa possa presentarsi, il malato deve interrompere tutte
le abitudini nocive e riconoscere e rispettare i suoi limiti. Ogni abitudine di vita
normale mantiene sani, ogni abitudine anormale provoca malattie. Qui sta l’ori-
gine di ogni male. L’epilogo sar`a una malattia cronica e la morte prematura. Fino
a che non riconosceremo che i sintomi sono il risultato di una saturazione tossica
e non individueremo le cause dell’intossicazione, non potremo aiutare i malati se
non offrendo loro delle discutibili cure palliative. Chiunque offra al suo paziente
solo un anodino o un sedativo pu`o certamente fargli pi`u male che bene.
Per essere perfettamente efficiente, la cura dell’artrite dovrebbe essere indirizzata
alla rimozione delle cause della malattia. Somministrare medicine, che
siano aspirine o cortisone o altri tipi comunemente in uso per l’artrite, serve solo
a fornire al paziente brevi periodi di sollievo dal dolore, ma non serve a rimuovere
le cause. Nonostante la maggior parte delle medicine venga somministrata per
“allievare” il dolore, si sostiene che il cortisone attenui temporaneamente anche
alcuni degli altri sintomi, e che, senza superare la funzione palliativa, provoca una
condizione difficile da recuperare.
L’organismo possiede dei poteri di recupero straordinari e spesso riesce a ristabilire
un buono stato di salute a dispetto dei rimedi artificiali. Svolge una funzione
di recupero molto pi`u veloce ed assai migliore se le cause che hanno provocato la
malattia vengono eliminate. Bisogna fornire al corpo, per mezzo del digiuno,
l’opportunit`a di espellere gli accumuli di sostanze tossiche e successivamente
l’opportunit`a di modificare la chimica del sangue per mezzo di un cambiamento
pi `u o meno radicale nelle abitudini alimentari. Fatto questo, i risultati
saranno sorprendenti.
Rimuovendo gli effetti di una nutrizione pregiudicata non si ristabilisce l’equilibrio
nutritivo. Il concetto di intervenire sull’articolazione artritica e di asportare
i depositi di calcio, `e solo un altro palliativo. Anche se questo venisse fatto in maniera
eccellente, dopo poco tempo questi depositi di calcio prenderebbero il posto
di quelli asportati. Bisognerebbe di nuovo ripetere l’operazione.
Niente pi`u del digiuno pu`o alterare, con pi`u sicurezza e rapidit`a, lo stato di nutrizione
del corpo. Nessuna cosa di quello che abbiamo a nostra disposizione pu`o
azionare un pi`u rapido cambiamento nella chimica dell’organismo e, specialmente,
nelle sue secrezioni e nelle sostanze liquide. Il digiuno, ad esempio, attenua
i dolori dell’artrite pi`u efficientemente delle medicine e lo fa senza comportare
rischi.
Nei casi di artrite, la durata del digiuno deve dipendere dalle circostanze individuali,
ed anche in questo caso il consiglio di un esperto `e fondamentale.
`E
uso comune consigliare all’artritico di esercitare le articolazioni colpite per
evitare che si immobilizzino. Si sostiene che questo arresta lo sviluppo delle unioni
ossee e della anchilosi. Per quanta verit`a ci sia in questa affermazione, secondo
me l’attivit`a forzata tende ad aggravare l’infiammazione e ad intensificare il dolore.
`E
meglio tenere a riposo l’articolazione colpita, fino a che il digiuno non permetter`
a al corpo di eliminare i depositi, le infiltrazioni in essa presenti e sconfig-
gere infine l’infiammazione. In questo modo l’articolazione irrigidita migliorer`a
spontaneamente e potr`a venire usata senza dolore.
La maggior parte dei pazienti artritici che ha richiesto il mio aiuto si trovava
in stadi avanzati di questa malattia. Tutti avevano subito per mesi o anni le comuni
forme di trattamento, inclusa la rimozione di diversi “focolai d’infezione”,
tuttavia erano ancora sofferenti. In verit`a, la loro storia indicava che, con simili
trattamenti, erano progressivamente peggiorati. Avevano sofferto. Apparivano deformi.
Erano disperati. Perch`e? Ribadisco: la causa primaria della loro sofferenza
era stata ignorata.
Il recupero dell’artrite cronica `e di lenta evoluzione e passa da uno stadio di
malattia ad uno di dipendenza biochimica. Coinvolge molti fattori: et`a, peso,
gravit`a della malattia, il decorso, grado di distruzione dell’articolazione, livello
dell’anchilosi, precedenti abitudini alimentari e di vita, riserva di energia nervosa,
il carattere delle complicazioni riscontrate (quali una malattia di cuore), l’occupazione,
la disposizione e l’ambiente che circonda il paziente. Tutti questi fattori
determinano il grado di recupero possibile e la rapidit`a con cui questo pu`o
avvenire.
Il principale requisito per il ristabilimento `e la propensione e la determinazione
di seguire attentamente i consigli. Quelli che imbrogliano e che non osservano
le restrizioni e le regole, probabilmente falliranno nell’intento di ristabilire una
buona salute. La dieta dovrebbe comprendere il minimo indispensabile di
zuccheri e amidi. L’auto-controllo, l’abnegazione, l’insieme delle restrizioni,
una ferma determinazione di ristabilirsi, anche se le restrizioni possono apparire
a volte dure e a lungo andare scoraggianti, facilitano il recupero.
– 111 –
L’ ulcera peptica
† Caterina D. 1939-2007
Quando, il 28 luglio del 1939, William J. Mayo, medico, ultimo dei due fratelli
fondatori della famosa clinica Mayo, mor`?, la stampa riport`o che la morte
era avvenuta a causa di un’acuta ulcera perforante, una malattia addominale che
egli era specializzato nel curare. Un giornale affermava: “Colpito subito dopo
essere tornato da una vacanza invernale al sud, il dott. Will si era sottoposto ad
un’operazione allo stomaco lo scorso aprile dalla quale non si era pi`u ripreso”.
Pochi anni dopo la morte del dott. Mayo, la sua clinica annuncio che per
l’ulcera l’operazione chirurgica non `e indicata. Le operazioni di ulcera vengono
ancora effettuate, ma non tanto spesso quanto prima.
Non `e cosa insolita per lo specialista morire della stessa malattia di cui
`e esperto. Il fatto che essi “facciano uso delle stesse medicine” dei pazienti
attesta la loro buona fede; ma il fatto che non riescano a proteggere se stessi
dalla morte significa che le loro conoscenze in merito non sono sufficienti. Per
quanto autorevole un chirurgo possa essere, pu`o non conoscere le cause dell’ulcera
peptica, dell’ispessimento del piloro, del tumore fibroide, dei calcoli biliari
o renali che asporta. Certamente `e una situazione non soddisfacente: senza la
conoscenza delle cause, lo specialista brancola nel buio.
I sintomi delle “malattie dello stomaco” sono molti e spesso non appaiono
chiari come un profano potrebbe immaginare.
`E
vero che esistono dei sintomi pi`u o meno “fissi” quando si parla di ulcera
allo stomaco: dolore, fragilit`a alla bocca dello stomaco, vomito ed emorragie,
ma questi potrebbero anche essere i sintomi di un tumore o di malattie meno
gravi. Perci`o diagnosticare l’ulcera dai sintomi `e molto difficile. Per confermare
i sospetti del medico si fanno radiografie ed esami fluoroscopici, ma solo in casi
eccezionali tali mezzi forniscono la diagnosi definitiva.
Il fatto `e che le radiografie spesso indicano la presenza di un’ulcera quando
questa non esiste e viceversa.
Chiamata erroneamente “la malattia del dirigente”, l’ulcera peptica uccide in
America 11.000 persone all’anno, a causa delle emorragie e delle complicazioni.
Sembra che 13 milioni di americani ne soffrano. Dubito che in quel paese vi siano
tanti dirigenti.
Abusi alimentari, di bevande, fumo, sesso, stress emotivo ed altre sono le
cause pi`u probabili.
Tilden sostiene: ?La debilitazione a causa di abusi sessuali
provoca il rallentamento nella riproduzione dei tessuti. Le ulcere sono impossibilitate
a guarire; lentamente, ma inevitabilmente, le infezioni si propagano; le malattie
croniche sono incontrollabili?. Chi eccede nell’attivita sessuale prepara
il terreno all’evoluzione di molte malattie.
Il concetto prevalente `e che l’ulcera peptica, cio`e l’ulcera della parte inferiore
dell’esofago, dello stomaco e della parte superiore del duodeno, sia dovuta all’azione
corrosiva che i succhi gastrici esercitano sulle pareti dello stomaco e del
tubo digestivo (per succhi gastrici si intendono l’acido idrocloridrico e la pepsina).
Man mano che il cibo viene trasportato sotto il duodeno, la bile e gli altri succhi
lo rendono alcalino, impedendo l’azione della pepsina e dell’acido idrocloridrico,
evitando cos`? la formazione di ulcere peptiche sotto il duodeno.
Il concetto `e lungi dall’essere infallibile come molti credono. Chimicamente
la membrana dello stomaco non appare corrosiva. Da sempre i rivestimenti degli
organi sono stati in contatto con i succhi digestivi e questi hanno digerito le pi`u
pesanti sostanze proteiche che l’uomo abbia mai mangiato, senza per`o digerire
anche le delicate membrane dello stomaco, dell’esofago e del duodeno.
Affermare improvvisamente che gli acidi e la pepsina dello stomaco digeriscono
e corrodono le membrane di tali organi e non mettere in discussione questo
concetto, significa non voler comprendere le cause dell’ulcera peptica.
Si sostiene che nella chimica interna accade un qualcosa che provoca la sua
corrosione a causa dei succhi gastrici; alcuni attribuiscono tali cambiamenti agli
stress emotivi. Una volta che la membrana viene a mancare, come sostiene la
teoria, i succhi dello stomaco agiscono sui tessuti facendo s`? che l’ulcera si estenda,
spesso corrodono le pareti dello stomaco o del duodeno (perforazione) con
risultati fatali.
`E
importante notare, a questo riguardo, che tale digestione considerata avvenimento
sicuro, `e un processo estremamente lento, che a volte impiega anni per
raggiungere il suo culmine. Tale autocorrosione non avviene in uno stomaco sano
per quanto grande possa essere la secrezione degli acidi. L’acido idrocloridrico
`e una secrezione normale delle ghiandole dello stomaco, necessario alla digestione
degli alimenti proteici. Non `e ragionevole pensare che possa contribuire allo
sviluppo di malattie. L’eccesso di secrezione di acido dovuto a cause sconosciute
potrebbe originare dei disturbi, ma non provocher`a mai la corrosione della mem-
– 113 –
brana che riveste lo stomaco. Potrebbe verificarsi un rigurgito dei contenuti dello
stomaco nell’esofago, ma questo non danneggia la membrana.
Le sofferenze prolungate nel tempo dai bruciori allo stomaco (frequenti tra
individui che eccedono in zuccheri e tra quelli che erroneamente associano
gli alimenti, e che bevono durante i pasti) possono causare, nella membrana
dell’esofago e dello stomaco, un’irritazione sufficiente a degenerare in infiammazione.
Comunque, fino a questo punto non si verificher`a la corrosione delle pareti
di tali organi. Gli acidi della decomposizione, derivanti da eccessi alimentari e da
alimentazione sbagliata, complicano l’ulcera gastrica e duodenale.
Quando in sede sperimentale si unisce alla parete gastrica un tessuto di un’altra
parte del corpo, esso non viene digerito e questo suggerisce il fatto che anche le
pareti del tubo digestivo non vengono corrose dai succhi gastrici. Ma un’ulteriore
ragione per dubitare sul ruolo dei succhi digestivi nella produzione dell’ulcera
peptica sta nel fatto che le ulcere si sviluppano in molte altre parti del corpo: naso,
cavit`a nasali, bocca, lingua, gola, colon, vescica, utero, cervice, vagina, cistifellea,
e sulla superficie del corpo, come l’ulcera varicosa, senza l’azione digestiva delle
secrezioni gastriche.
Nelle ulcere situate in queste parti si verifica una preliminare e persistente
infiammazione con indurimento e successiva rottura del tessuto. L’identificazione
dell’ulcera dell’esofago, dello stomaco e del duodeno, in seguito ad irritazione,
infiammazione cronica e ad indurimento, sembra essere certa quanto la sua
evoluzione dagli stati pre-ulcerosi in altre parti del corpo.
La casistica delle ulcere gastriche e duodenali rivela che molto presto nella vita
il paziente presenta l’irritazione e l’infiammazione gastro-intestinale. Il modo
di vivere e di alimentarsi che causa l’irritazione viene continuato ed intensificato,
ed i disturbi ricorrenti vengono alleviati dalle medicine fino a che il paziente passa
attraverso i gi`a menzionati stadi di evoluzione patologica: irritazione, infiammazione,
il graduale ispessimento dei tessuti mucosi e sotto-mucosi (indurimento)
ed infine, l’ulcerazione.
L’ispessimento ostruisce la circolazione arteriosa, riducendo l’ossigeno e le
sostanze nutritive, al punto che il tessuto cede fino alla formazione di un’apertura
o ulcera.
Il cancro pu`o rappresentare l’ultima fase di questa evoluzione. Pu`o essere
l’ultimo anello di una catena di sintomi iniziati con l’irritazione, passando poi,
all’infiammazione, all’ispessimento, al gonfiore (l’indurimento), all’ulcerazione
(formazione di ulcera) ed infine alla fungosit`a (cancro).
La stessa catena di cause ed effetti pu`o precedere entrambi i casi. Dovrebbe
essere chiaro che entrambe queste malattie, l’ulcera ed il cancro, rappresentano i
punti finali di un processo di evoluzione patologica iniziato in forma semplice e
divenuto pi`u complesso nel suo sviluppo. Ecco la ragione per cui la ricerca di una
causa specifica per il cancro si `e dimostrata deludente.
– 114 –
Tutti gli agenti cancerogeni scoperti fino ad ora sono tali solo in una determinata
percentuale di casi, cio`e in quelli in cui il terreno era stato preparato per lo
sviluppo di tale malattia. L’ulcera, come il cancro, `e l’anello finale di una catena
di sintomi che inizia molto prima dell’evoluzione dell’ulcera stessa. Ripetute
crisi di stomaco (gastriti) degenerano in ulcera. Questa si sviluppa in seguito a
ripetute crisi gastriche avvenute nell’infanzia, nell’adolescenza, nella giovinezza
e nella maturit`a. L’ulcera viene classificata come una malattia organica, il che
significa che sono avvenuti dei cambiamenti patologici nella struttura delle pareti
dell’organo affetto.
I cambiamenti organici sopravvengono sotto forma di degenerazione ed indurimento
vascolare (arterie e vene). Gli indurimenti provocano cambiamenti
vascolari ed in particolare l’asfissia dei tessuti.
L’ulcerazione sembra essere la degenerazione attiva dell’apoplessia cellulare;
il cancro `e la degenerazione passiva dell’asfissia cellulare. L’inizio di entrambe
queste forme di malattia `e l’irritazione. Tutte le forme croniche di infiammazione
iniziano sotto forma di irritazione e vengono a svilupparsi in ulcerazioni, poi se la
locazione favorisce la stasi (arresto del flusso sanguigno), seguiranno indurimento
e cancro.
Gli anelli principali in questa catena di evoluzione patologica sono l’indebolimento,
l’intossicazione, l’irritazione, l’infiammazione, l’indurimento, l’ulcerazione
e la fungosit`a. Quest’ultima `e il cancro. Perch`e il cancro deve essere
l’unico elemento sconosciuto in questa composizione patologica?
In concomitanza all’ulcera gastrica vi `e uno stato cronico di eccessiva acidit`a
dello stomaco, una condizione conosciuta come iperacidit`a gastrica. Si pensa
che l’eccessiva acidit`a dello stomaco sia una condizione puramente locale.
Tale iperacidit`a non viene riconosciuta come sintomatica delle condizioni del
paziente. Ecco perch`e i trattamenti sono sempre locali; mentre, se si riconoscesse
che la condizione locale `e solo un programma curativo pi`u razionale e sicuro si
potrebbe stabilire una cura.
Se l’infiammazione o l’irritazione gastrica continuano, e lo faranno se non
si eliminano la tossiemia e le sue cause, l’infiammazione si estender`a al dotto
biliare ed alla cistifellea fino ad arrivare al fegato stesso oppure pu`o interessare
il dotto pancreatico fino al pancreas. Se non si correggono il modo di vivere del
paziente e le condizioni generali del suo organismo l’infiammazione e l’irritazione
aumenteranno e si intensificheranno, provocando la diffusione della malattia da
membrana a membrana ed il sorgere, cos`? di nuove anomalie.
L’alimentazione di chi soffre di ulcera `e un problema difficile da affrontare.
Non soltanto vi `e una grossa difficolt`a di digestione, ma si verifica anche
l’irritazione della superficie ulcerosa provocata dai diversi cibi.
Che vita se si `e ridotti a soddisfare le richieste di uno stomaco capriccioso! Nei
casi di ulcera peptica, a causa di una eccessiva secrezione di acido, `e abitudine
comune alimentare i pazienti con pasti ridotti e fequenti, composti di cibi
leggeri. Questi dobvrebbero consumare le sostanze acide e ridurre, per quanto
possibile, l’irritazione dell’ulcera.
Ma alimentare il paziente ogni tre o quattro ore, a volte di pi`u, a volte anche
durante la notte, significa sovralimentarlo. Ma `e lo stesso programma alimentare a
causare il prolungarsi dell’eccessiva secrezione ed a facilitare il perpetuarsi della
stessa situazione che si sta tentando di eliminare. Usare il cibo come palliativo
non `e sicuramente un corretto procedimento dietetico.
Vi sono tante diete diverse per chi soffre di ulcera e differenti trattamenti.
Ognuno ha i suoi sostenitori, ma i risultati sono ben lungi dall’essere soddisfacenti,
per il fatto che trascurano le cause. Diete a base di latte, di panna, di cibi leggeri,
pasti ridotti e frequenti, e simili programmi alimentari dovrebbero alleviare i
sintomi.
Queste diete provocano una minore irritazione immediata della superficie ulcerosa,
ma non rimuovono le cause, e per questo la salute non viene recuperata.
Non `e un programma alimentare valido e fallisce nel suo scopo in quanto aggrava
la situazione ed i sintomi che sono la causa dell’ulcera.
Anche le medicine vengono usate per alleviare i sintomi: antidolorifici, tranquillanti,
medicine per “curare lo stomaco” e contro l’acidita. Altri farmaci
impiegati sono solo intesi a fornire brevi periodi di sollievo dal dolore. Non rimuovono
le cause, pertanto non ristabiliscono buone condizioni di salute. Persino
il pi`u recente metodo di congelare le ghiandole dello stomaco `e solo un palliativo.
Danneggia il sistema digestivo del paziente, ma non elimina le cause dell’ulcera
peptica.
Gli interventi chirurgici contro l’ulcera peptica continuano ad essere praticati.
E sono ancora deludenti. Generalmente la parete dello stomaco nei casi di
ulcera gastrica `e irritata ed infiammata. In tale stato di infiammazione l’ulcera
si sviluppa nella parte pi`u colpita. Cio`e nella parte in cui `e avvenuto il maggiore
cambiamento patologico. La rimozione dell’ulcera non elimina l’infiammazione.
Ogni punto della superficie infiammata pu`o cedere formando un’altra ulcera.
Questo significa semplicemente che, rimuovendo un’ulcera, si prepara il campo
all’evoluzione di un’altra ulcera ed in questi casi la ripetizione `e una regola. La
ripetizione `e dovuta al fatto che la causa dell’ulcera non viene eliminata dall’operazione.
Infatti, anche se si asportasse lo stomaco, ma non la causa, in un’altra
parte del corpo la stessa causa svilupperebbe nuove situazioni patologiche. La
chirurgia non pu`o ristabilire un buono stato di salute. `E solo un mezzo per alleviare
i sintomi. L’anemia `e una conseguenza frequente della rimozione di una larga
porzione di stomaco.
La gastroenterostomia (formazione di una comunicazione tra lo stomaco e
l’intestino tenue, oltrepassando il piloro) `e un’operazione difficile praticata spesso
quando si sospettano l’ulcera e l’ispessimento del piloro. Dovrebbe essere
gratificante sapere che questa operazione non `e necessaria, sapere che l’ispessimento
del piloro, cos`?, come quello della membrana nasale pu`o essere ridotto col
digiuno.
La paura e l’ansiet`a insieme all’insistenza del chirurgo che sostiene l’urgenza
dell’operazione, spinge molti pazienti a farsi operare. Spesso il chirurgo li intimidisce
descrivendo i danni che un ritardo potrebbe causare. Gli stessi danni
potrebbero essere riferiti da chi ha subito l’operazione.
Cos`?, in seguito ad insistenze, si pratica l’intervento chirurgico che ha come
primo scopo, quello di alleviare i sintomi, ma che si trasforma poi, in continui
drenaggi e rimozioni di organi che non apportano alcun vero beneficio al paziente,
il quale al riapparire dei sintomi prova una grandissima delusione. Spesso tale
sensazione distrugge nel paziente ogni fiducia verso la medicina, ma purtroppo
questo avviene troppo tardi.
La condizione costituzionale prima della comparsa dell’ulcera peptica `e senz’altro
il fattore pi`u importante nella sua evoluzione. L’anemia frequentemente
osservata nei pazienti che soffrono di ulcera probabilmente non `e dovuta tanto
alla leggera perdita di sangue che si verifica nell’ulcera, quanto all’impossibilit`a
di “fabbricare” sangue in conseguenza alla deteriorata condizione nutritiva del
paziente.
Poich`e il danno nutritivo precede di gran lunga la situazione dell’ulcera, la
causa principale del danno non `e da attribuirsi ad essa. Ogni fattore nelle condizioni
del paziente, sia le patologie che precedono l’ulcera sia quelle concomitanti
o successive ad essa, indica l’esistenza di un deterioramento costituzionale
che forma le basi dell’ulcerazione. Ecco perch`e il trattamento locale di essa si
dimostra totalmente insufficiente.
Ogni ferita (sia esterna che interna all’organismo: la membrana che riveste il
tratto digestivo) guarir`a pi`u rapidamente se non disturbata. Non deve essere continuamente
irritata con manipolazioni, strofinamenti, contrazioni ed espansioni.
L’irritazione derivante da tali manipolazioni compromette il tessuto e causa
la perdita di sangue. La ferita guarir`a pi`u in fretta se lasciata a riposo. Questa
`e la ragione per cui il primo passo verso la giuarigione dell’ulcera peptica si
compie assicurando il riposo completo all’organo ulcerato. Niente pi`u del
digiuno pu`o fornire il riposo locale degli organi digestivi.
Anche l’irritazione della superficie dell’ulcera a causa dell’acidit`a gastrica ne
impedisce la guarigione. In presenza di tali irritazioni non si possono formare
tessuti nuovi. Poich`e il digiuno causa l’interruzione della secrezione di succhi
gastrici, che altrimenti inonderebbero la superficie ulcerosa, esso elimina l’irritazione.
In molti casi sono necessari solo tre giorni di digiuno per sospendere
la secrezione dei succhi gastrici. In seguito la piccola quantit`a di succhi
prodotti sar`a leggermente acida.
In questo modo il digiuno elimina solo tre fonti di irritazione locale: l’ir-
– 117 –
ritazione meccanica prodotta dalle particelle di cibo che vengono a trovarsi in
contatto con la superficie, l’irritazione derivante dalle contrazioni ed espansioni
delle pareti dello stomaco e dall’increspamento delle sue superfici nel ricevere
ed assimilare il cibo, e l’irritazione chimica provocata dai succhi gastrici acidi.
Con l’eliminazione di queste fonti di irritazione, la guarigione procede pi`u
velocemente.
Ma il digiuno presenta un altro effetto importante nel recupero della salute del
paziente che soffre di ulcera. ?Poich`e `e facilmente dimostrabile – scriveva George
Weger, medico – che il modo pi`u rapido per distruggere l’acidit`a costituzionale e
ristabilire il livello normale di alcalinit`a `e rappresentato da un digiuno assoluto
condotto a letto, si pu`o affermare che il digiuno non serve solo ad uno scopo,
ma a tutti gli scopi?. Egli consigliava di non interrompere il digiuno troppo
presto in quanto, cos`? facendo, si potevano compromettere tutti i risultati. ?Il
digiuno deve essere proseguito fino a che tutte le reazioni non indicheranno tutto
il completamento del rinnovamento relativo all’organismo?.
`E
anche importante sapere che il digiuno produce un ispessimento del rivestimento
del piloro, naturalmente prima che si sia formata la ferita nel tessuto.
Il digiuno non permette la rimozione del tessuto ferito. Poich`e esistono stadi di
evoluzione patologica che non possono essere guariti, `e la parte di discernimento
a rimuovere le cause della malattia e riportare i tessuti ad una condizione di
normalit`a prima che si siano formati dei cambiamenti irreversibili.
L’infiammazione al piloro migliorer`a rapidamente ed il paziente torner`a in salute
se le sue abitudini, in particolare quelli alimentari, verranno cambiate. Anche
se ho sottolineato l’importanza di correggere le abitudini alimentari, `e sottinteso
che questo vale per tutte le abitudini dannose.
Il ristabilimento dell’ulcera coinvolge assai di pi`u della semplice guarigione
temporanea della superficie ulcerosa. Le ulcere guariscono e poi riappaiono,
spesso diverse volte nell’arco di una vita. Frequentemente vengono asportate chirurgicamente,
ma poi si ripresentano. Il fatto che in molti casi dopo quattro o
cinque operazioni di ulcera gastrica questa si sia ripresentata, dimostra che l’operazione
chirurgica non ristabilisce buone condizioni di salute. Non rimuove la
causa e pertanto non permette un recupero spontaneo.
Il recupero della salute pu`o avvenire in un momento qualsiasi dell’evoluzione
patologica da me descritta, dall’irritazione iniziale all’ulcerazione inclusa,
ma quando si `e sviluppata la cachessia (sintomo indicante un cancro) la
condizione `e irreversibile.
– 118 –
L’ emicrania
?So che i miei mal di testa sono dovuti a stitichezza – mi disse un giorno una
paziente che soffriva di emicranie – sono sicura che se potessi liberarmi dalla
stitichezza non soffrirei piu di mai di testa?. Erano anni che soffriva ed in questo
periodo aveva provato ogni tipo di trattamento. Nonostante questo non aveva mai
ottenuto niente piu di brevi periodi di sollievo temporaneo.
Le dissi che la situazione era esattamente al contrario. Se si fosse liberata
del mal di testa, non avrebbe piu neanche presentato stitichezza.
A questa mia affermazione rispose: ?Lei `e pazzo?. Risposi io: ?Lo so, ma anche lei lo `e?.
Di nuovo chiese: ?Cosa vuol dire??. Allora le spiegai che il mal di testa `e un
sintomo e che anche la stitichezza lo `e, e che i sintomi non si provocano a
vicenda, ma se lei avesse eliminato la causa che li scatenava, sarebbe riuscita
a liberarsi di entrambi nello stesso momento. Accetto questa mia spiegazione
logica del problema. Nessuno le aveva mai suggerito che per poter far cessare le
sofferenze avrebbe dovuto eliminare le cause.
Tutti avevano cercato di far fare ai
trattamenti quello che solo la rimozione delle cause poteva fare.
Condusse un digiuno relativamente breve per permettere al suo organismo
ostruito di espellere le sostanze tossiche e poi adotto un modo di vivere piu sano.
I mal di testa e la stitichezza passarono contemporaneamente.
Chiamata comunemente “mal di testa bilioso” o “mal di testa malato” l’emicrania
si definisce come “una cefalea periodica (dolore al capo) caratterizzata
dall’assenza di ogni lesione locale che potrebbe causare il dolore, particolari al
riguardo sono i sintomi visivi e psichici che possono accompagnarla”.
Le ricerche
mediche sostengono che l’emicrania sia di natura allergica e addirittura che “in
alcuni casi si pu`o dimostrare il suo carattere ereditario”.
Questa sindrome `e caratterizzata da mal di testa periodici, spesso da un solo
lato, accompagnati da nausee, e vari disturbi sensori, ed in particolare
disturbi agli occhi e agli orecchi. Pu`o verificarsi un’intolleranza alla luce e al
rumore, una grossa prostrazione e l’incapacit`a di concentrarsi mentalmente.
Poche, forse nessuna, delle altre malattie cosiddette funzionali sono accompagnate
da tanta sofferenza. Infatti, non `e raro che tali pazienti divengano farmacodipendenti
nella ricerca di alleviare i sintomi.
Walter C. Alvarez, medico, afferma che `e abitudine ricoverare questi pazienti
in ospedale e sottoporli ad ogni test scientifico che inevitabilmente da come
risultato: ?Non `e stato trovato niente che possa essere considerato la causa dell’emicrania?.
Questo accade perch`e a tutt’oggi le cause che provocano l’emicrania
sono ancora sconosciute.
Il dott. Weger, in relazione a tale malattia, osserva: ?La teoria della tossiemia
puo essere applicata piu efficacemente all’emicrania che ad ogni altra malattia con
minore periodicita. Il pz e’ molto intossicato.
L’intossicazione comincia dal tratto digestivo, ed aggiunta al
precedente indebolimento ed alla tossiemia, provoca l’emicrania in quei soggetti
predisposti alla sua evoluzione.
Mi ricordo di una volta in cui dissi ad una donna che soffriva di emicrania che
avrebbe potuto sentirsi bene, non che avrebbe potuto essere “curata”, nel giro di
quattro o sei settimane. ?Non posso credere alle sue parole – affermo – perche il
digiuno dovrebbe riuscire dove tanti altri sistemi hanno fallito??.
Molte volte in questi casi ho sentito le stesse parole. Naturalmente, quando i
mal di testa passarono, non ebbe piu ragione per non credere. Nella maggioranza
dei casi, a causa delle delusioni accumulate per anni, `e difficile poter far sperare a
questi pazienti di poter guarire dalle loro sofferenze. Sicuramente. i palliativi in
commercio non possono essere considerati dei validi aiuti.
L’ergotamina e gli altri “antidolorifici”, come l’eccesso di caffe, sono dannosi
e non rimuovono le cause.
Accade raramente che un paziente sofferente di emicrania, presenti mal di
testa ricorrenti dopo aver iniziato un programma igienistico. Infatti, si liberera
dalle sofferenze durante il digiuno e queste non si ripresenteranno neppure quando
sara il momento di riprendere l’alimentazione.
Vi sono casi di lunghe sofferenze in cui il sistema nervoso appare gravemente
danneggiato dai medicinali. In queste situazioni `e necessario un esteso
periodo di autodisciplina ed una forte determinazione nel seguire il programma
igienistico che, se osservato scupolosamente, riportera alla salute.
All’infuori di questi casi piuttosto infrequenti, ci si puo’ liberarei dalle emicranie
conducendo un digiuno di durata relativamente breve. Un
digiuno che va da dieci giorni a due settimane, sotto controllo di un esperto, sara
sufficiente nella maggioranza dei casi.
Anche la fase successiva, dopo avere interrotto il digiuno ed aver adottato delle
sane abitudini, dovrebbe essere seguita attentamente.
Capitolo 25
La pollinosi (febbre da fieno)
La donna era invalida. Doveva essere trasportata dal letto alla poltrona e viceversa.
Era troppo debole per compiere pi`u di due passi alla volta. Si lamentava di tutto,
compresa una febbre da fieno della quale soffriva ogni stagione da moltissimi anni.
Era il 1918 e tutto il mondo lottava per la democrazia. Ogni domenica il marito
la conduceva ad una lezione di catechismo. Doveva portare con s`e una sedia
ribaltabile da usare durante la lezione. Proprio ad una di queste lezioni incontr`o
un Igienista che la indusse a provare I’igienistica per tornare in salute. Per quanto
debole potesse essere, non condusse un solo digiuno, ma diversi.
Oggi, mentre scrivo la sua storia, questa donna ha raggiunto la cosiddetta terza
et`a: 73 anni. `E in buona salute. `E stata in grado di lavorare. Per oltre quarant’anni
non ha pi`u manifestato febbre da fieno. Per tutto questo tempo ha vissuto al sud
dove l’aria `e piena di pollini quasi in tutte le stagioni dell’anno.
Non ha pi`u allergie e mangia tutto quello che desidera. Tuttavia, questo `e
solo un caso tra mille di quelli che hanno sconfitto la pollinosi liberandosi dagli
accumuli di sostanze tossiche e correggendo le abitudini di vita.
Nella pollinosi, la membrana Schneideriana (una membrana mucosa) del naso
diviene notevolmente sensibile in conseguenza ad uno stato di irritazione cronica
(infiammazione) protratto nel tempo. Particelle di polvere, pulviscolo e polline,
aumentano l’irritazione, causano la secrezione, e congestionano la membrana. Lo
stato di irritazione ed infiammazione della membrana mucosa degli occhi, del naso
e della gola osservato nelle febbri da fieno `e solo l’espressione di quello che
precedentemente veniva chiamato catarro. Per dirla in parole povere: la condizione
di sensibilit`a di quelle membrane `e dovuta al fatto che sono malate: cio`e
infiammate.
Oggi, la febbre da fieno viene considerata un’allergia o comunque, una conseguenza
dell’allergia. La descrizione precisa di allergia non ha limiti molto
ben definiti. In generale essa viene descritta come “una condizione di sensibi-
– 122 –
lit`a esagerata ad una sostanza innocua nella maggioranza dei membri della stessa
specie”.
Tuttavia, mi sembra che definire l’allergia come una condizione di sensibilit`a
insolita voglia dire aggirare l’ostacolo, senza spiegare molto.
L’esperto si trincera dietro la brillante oscurit`a delle sue definizioni. Attualmente
si sostiene che l’allergia `e dovuta al fallimento di uno dei normali meccanismi
di difesa dell’organismo. Anche se questo fosse vero, non deve per`o trarci
in inganno sul fatto che i sintomi definiti come reazioni allergiche rappresentano
il segnale d’allarme per l’azionamento di un altro meccanismo di difesa. Se un
mezzo di difesa fallisce o si dimostra inadeguato, ve ne sono altri a disposizione
dell’organismo. Questo non pu`o trovarsi nei guai solo perch`e un meccanismo
difensivo non ha funzionato.
Qualsiasi possa essere la nostra opinione sull’allergia, bisogna ricordare che
non `e una condizione auto-provocata. Perch`e un uomo `e allergico e un altro no?
O, seguendo la teoria del fallimento del meccanismo di difesa, perch`e tale meccanismo
in un uomo si aziona e in un altro no? Per rispondere a queste domande
bisogna rifarsi alla causa fondamentale della malattia: la tossiemia.
Qual’`e la causa della pollinosi? `E un’infiammazione cronica delle cavit`a nasali
derivante da una pronunciata condizione tossiemica sviluppatasi per anni. La
tossiemia `e la causa fondamentale di tutte le infiammazioni delle membrane
che rivestono gli organi cavi del corpo. Finch`e si manterr`a uno stato tossiemico,
non si abbandoneranno le abitudini malsane e si continuer`a a sovralimentarsi, non
ci sar`a la possibilit`a di ristabilirsi dalla pollinosi. Ognuno pu`o verificare questa
affermazione su s`e stesso. Astenetevi dal cibo per un certo periodo di tempo ed
osserverete la liberazione delle cavit`a nasali e la scomparsa di altri sintomi caratteristici
della febbre da fieno. Non c’`e bisogno di passare la vita con le sofferenze
provocate dalla pollinosi. Bisogna tenere a mente che i pollini, il pelo degli animali,
e le altre sostanze cosiddette allergiche, sono normali elementi dell’ambiente in
cui vive l’uomo e che; quindi, la sua sensibilit`a a tali sostanze dev’essere dovuta
a qualcos’altro. Tali elementi sono fonti di disturbi allergici solo per chi `e malato.
Le persone in salute non sono allergiche.
Chi soffre di febbre da fieno si liberer`a dai suoi guai appena torna in salute.
Se manterr`a un alto livello di salute quei sintomi non si ripresenteranno. Esistono
numerosi modi per alleviare i sintomi della febbre da fieno, ma nessuno rimuove
la causa o ristabilisce la salute del paziente.
Ad ogni stagione egli deve farne uso, o `e costretto a nascondersi in qualche
luogo per non entrare in contatto con le sostanze che lo irritano. Questo `e uno
spreco di tempo e denaro.
Chi soffre di pollinosi dovrebbe intraprendere una vacanza: mettersi a letto ed
astenersi dal cibo. Questo sar`a meno dispendioso e pi`u efficiente. Una volta che
il paziente avr`a eliminato gli accumuli di sostanze tossiche i sintomi della febbre
– 123 –
da fieno scompariranno una volta per tutte. Il ritorno alle abitudini malsane e agli
eccessi alimentari causer`a il ripresentarsi dei sintomi.
La durata dei digiuno, nei casi di pollinosi `e in genere maggiore di quella
necessaria nei disturbi pi`u semplici. Oscilla da un minimo di dieci giorni a
quattro o anche cinque settimane. Le persone obese avranno bisogno di un
periodo di digiuno maggiore rispetto a quelle magre.
L’allergia, nella febbre da fieno, come il mal di testa nell’emicrania, non `e una
causa ma un sintomo.
La risposta ad entrambi i casi `e da riscontrarsi nelle disintossicazioni per
mezzo del digiuno, della purificazione e di sane abitudini di vita.
– 124 –
Capitolo 26
La pressione alta
Si sostiene che la pressione alta `e seconda all’indurimento delle arterie come causa
delle malattie cardiache nel nostro paese. La pressione alta a cui ci riferiamo
in questo caso `e quella forma di pressione sanguigna in aumento chiamata
ipertensione.
A causa di un rimpicciolimento delle arterie, la pressione aumenta appesantendo
il lavoro del cuore.
Per capire il concetto di pressione sanguigna immaginiamo un tubo di gomma
in cui scorre acqua. L’acqua passa attraverso il tubo ad una certa pressione. Se nel
tubo viene posto un ugello, in modo tale da ostruire il flusso dell’acqua, si provoca
un aumento della pressione. Se l’apertura dell’ugello viene ridotta, la pressione
aumenta ancora di pi`u. Pi`u piccola diventa l’apertura e maggiore `e la pressione.
La stessa cosa avviene nelle arterie, nel fenomeno chiamato ipertensione essenziale.
L’aorta, l’arteria pi`u grossa del corpo, pu`o essere paragonata al tronco
di un albero. Le arterie principali si diramano da essa e da questa si diramano le
altre, come i rami di un albero. La diramazione continua fino a che alcuni rami
appaiono talmente piccoli da poter essere paragonati ai virgulti degli alberi.
`E
proprio il restringimento di queste piccole arterie a provocare l’aumento
della pressione sanguigna. Lungi dall’essere una malattia della vecchiaia, l’ipertensione
viene spesso riscontrata in soggetti giovani, a volte addirittura nei
bambini.
Le statistiche riportano che attualmente in America vi sono cinque milioni di
persone affette da tale malattia. Poich`e gli standard riferiti alla pressione sanguigna
non possono essere considerati validi, `e probabile che gli Americani affetti da
ipertensione siano in numero maggiore a quello riportato dalle statistiche. Forse,
nella grande maggioranza dei casi, la pressione non raggiunge livelli abbastanza
alti da essere considerati pericolosi, ma la tendenza `e quella di aumentare con il
passare del tempo. Comunque, non dovrebbe mai essere trascurata. `E essenziale
riconoscere il fatto che la pressione alta `e l’anello finale di una catena di cause
– 125 –
ed effetti che iniziano presto nella vita di un paziente; le tensioni del mondo del
lavoro e gli affari personali affaticano il sistema nervoso.
L’eccessiva attivit`a sessuale `e una delle cause principali.
Eccessi di alimentazione, caff`e, t´e, tabacco, alcol e mancanza di tranquillit`a
sono tra le cause pi`u comuni. Anche il consumo di sale contribuisce alla sua
produzione, ma attribuire solo ad esso la pressione alta significa ignorare tutte le
altre influenze nella vita del paziente.
Si afferma che l’ipertensione sia la causa delle malattie cardiache, e che venga
provocata dai nervi.
Il fatto che anche le sostanze prodotte dai reni, dalle ghiandole surrenali, forse
dalle ghiandole pituitarie e tiroidee, possono provocare la pressione alta, indica
che la condizione `e pi`u seria di una semplice irritazione nervosa e che `e un sintomo
di uno stato generale relativo all’organismo. Se questo `e vero, il rimedio non
consister`a in un temporaneo e forzato abbassamento della pressione, ma in una
scrupolosa rimozione delle cause del danno provocato all’organismo.
Generalmente, il trattamento deprime il sistema nervoso. Le operazioni chirurgiche
di rimozione della ghiandola tiroidea e di porzioni del sistema nervoso
del simpatico, sono entrambe basate sulla convinzione che siano gli organi
del corpo la causa della malattia. Il fatto che negli animali non si manifesta mai
spontaneamente il fenomeno della pressione alta, ci fa capire che nell’ipertensione
dell’uomo `e coinvolto il sistema nervoso.
Medicine intese a deprimere il sistema nervoso, a rilassare il sistema arterioso
e a deprimere il cuore sono i mezzi pi`u comuni usati per ridurre la pressione
sanguigna nei casi di ipertensione. Non `e necessario sottolineare il fatto che tali
trattamenti non rimuovono le cause e, permettono l’abbassamento della pressione
solo fino a che le medicine verranno ingerite. In verit`a in molti casi, nonostante gli
effetti deprimenti delle medicine, la pressione tende a salire. I farmaci presentano
sempre degli effetti collaterali pericolosi, e si `e costantemente alla ricerca di tipi
meno dannosi. I trattamenti attualmente in uso non risultano soddisfacenti n`e per
il paziente, n`e per il medico.
Le cause molteplici rendono il trattamento specifico una tragedia. Un trattamento
deve avere tante sfaccettature quante ne ha la causa. Non avr`a senso, ad
esempio, interrompere l’abitudine del paziente di consumare sale e permettergli
di fumare. Per raggiungere risultati durevoli e sicuri, ogni elemento di cause deve
essere eliminato. Dobbiamo anche ricordarci che nei casi di pressione alta siamo
di fronte al sintomo di uno stato sistematico generale formatosi col passare degli
anni e frutto di molti antecedenti collegati tra loro.
Se vogliamo raggiungere la riduzione permanente della pressione dobbiamo
correggere totalmente l’anormalit`a relativa all’organismo. Un trattamento indirizzato
solo al sintomo non pu`o che fornire unicamente un breve sollievo.
La rapidit`a con cui il digiuno provoca la notevole riduzione della pressione
– 126 –
sanguigna indica l’importanza del riposo nel diminuire la tensione e l’eccitazione
relativa all’organismo. La riduzione pu`o essere talmente grande in poco tempo da
strabiliare il paziente. Man mano che le sostanze tossiche vengono eliminate il
sistema nervoso appare meno irritato, le funzioni dei reni, delle ghiandole surrenali,
pituitarie e tiroidee vengono ristabilite e la pressione ritorna a livelli normali,
addirittura inferiori, e tende a rimanere cos`? anche dopo la ripresa dell’alimentazione.
Infatti, rimarr`a normale o quasi, fino a che il paziente vivr`a in maniera da
evitare un ulteriore sviluppo di tossiemia.
Tutto questo vuole dire che la riduzione della pressione ottenuta per mezzo del
digiuno, `e una riduzione naturale e non una condizione forzata. L’organismo non
viene danneggiato in questo modo come, invece, accade con la rimozione di una
ghiandola o di una parte del sistema nervoso. Se invece di eliminare gli organi
eliminassimo le cause, potremmo garantirci degli effetti pi`u durevoli e sicuri.
Come in tutte le altre situazioni, se le cause che hanno prodotto le condizioni
iniziali non vengono rimosse, i sintomi si ripresenteranno. Il digiuno `e un mezzo
per raggiungere e mantenere un modo di vita corretto.
– 127 –
Il digiuno e il cuore
In passato, i medici affermavano che se una persona dovesse trovarsi per sei giorni
senza cibo, il cuore subirebbe un collasso e la morte sopravverrebbe. In alcuni
circoli scientifici, nonostante molti esempi dimostrassero il contrario, si sosteneva
che il digiuno causava il collasso cardiaco; questo dur`o fino al famoso sciopero
della fame di Cork, nel 1920.
Protestando contro il loro arresto, avvenuto in seguito alla ribellione dei patrioti
irlandesi, Terence Mac Swiney, sindaco in Irlanda, ed i suoi compagni si
astennero da cibo per periodi di tempo che oscillarono tra i settanta ed i novantaquattro
giorni. Con i loro lunghi digiuni dimostrarono l’inesattezza della teoria
del “collasso cardiaco” per mancanza di cibo. Oggi, ci troviamo costretti a
riconoscere il fatto che il digiuno, invece, di indebolire il cuore, lo rinforza.
Altri digiunatori hanno dimostrato che l’uomo pu`o astenersi dal cibo per lunghi
periodi di tempo senza pericoli per la salute. I digiuni condotti dai primi
igienisti, dimostrarono l’ingannevolezza del concetto del collasso da digiuno
molti anni prima che questo venisse abbandonato dal mondo scientifico.
A tale riguardo, Hereward Carrington, medico, autore di Vitality, Fasting and
Nutrition, dichiara : ?Che il cuore venga notevolmente rinforzato e rinvigorito dal
digiuno `e fuori da ogni dubbio. Secondo me il digiuno `e il mezzo migliore per
rafforzare un cuore debole, essendo l’unico mezzo adatto ad esso?. Egli attribuiva
questi i miglioramenti a tre fattori fondamentali:
1. Al riposo, componente del digiuno.
2. Al miglioramento della circolazione sanguigna.
3. All’eliminazione degli “stimolanti” che i pazienti in generale, ed i sofferenti
di cuore in particolare, sono soliti consumare.
Se consideriamo l’angina pectoris una malattia del cuore che si sviluppa dalla
stimolazione costante di tabacco, caff`e, t`e, combinazioni alimentari sbagliate
ed eccessi di carboidrati, e osserviamo gli effetti del digiuno in questi pazienti,
saremo sorpresi nel constatare la rapidit`a con cui il cuore supera le sue difficolt`a.
Gli individui che tendono a sovralimentarsi e ad eccedere in tutto, sono soggetti
ad l’angina pectoris. Il loro modo di vivere affatica costantemente il cuore.
Il riposo rappresenta la necessit`a pi`u immediata.
Durante gli ultimi venticinque anni, pi`u di cinquanta medicine e trattamenti
chirurgici sono stati proposti come rimedi all’angina pectoris. L’angina fu
considerata una malattia “auto-limitata”.
Come possiamo stabilire che il digiuno rappresenta un rimedio valido nei casi
di angina? Noi non sosteniamo che il digiuno sia una “cura”. Sosteniamo solo
che alleggerisce di molto il lavoro del cuore in maniera da permettere ad esso di
tornare ad una condizione normale pi`u rapidamente.
?Il cuore `e certamente migliorato e ha rallentato i suoi battiti; non riesco pi`u
neanche a sentirlo?. Era quello che un canadese non vedente mi stava raccontando.
Aveva condotto un digiuno di pochi giorni e da poco aveva ripreso ad
alimentarsi. Prima di iniziare il digiuno, mi aveva detto che da diverso tempo il
battito cardiaco era talmente forte da disturbarlo, specialmente durante la notte.
Niente pi`u del digiuno riesce a calmare un cuore che batte rapidamente ed un
sistema eccitato. Il riposo che esso provoca alleggerisce il lavoro del cuore e tale
organo si riposa. Con meno lavoro da svolgere il cuore pu`o ristabilirsi da solo.
Il digiuno, come gi`a affermato in precedenza, `e un periodo di riposo fisiologico.
Non esplica alcuna funzione, ma d`a l’opportunit`a al corpo di fare da solo
quello che in condizioni di super-attivit`a non pu`o fare.
In stato di astinenza esso pu`o svolgere i compiti che in condizione di saziet`a gli
sono vietati. Il miglioramento del cuore durante un digiuno `e talmente regolare
ed uniforme da dimostrare pienamente le affermazioni di Carrington. Esistono
naturalmente delle condizioni cardiache troppo avanzate senza nessuna possibilit`a
di miglioramento ed in questi casi il digiuno pu`o fare ben poco.
In centinaia di casi di malattie cardiache da me osservati durante digiuni di
diversa lunghezza, solo pochi non hanno sviluppato cuori rinforzati e rinvigoriti.
Molti, anche quelli considerati “incurabili”, sono tornati normali. Cuori accelerati
hanno rallentato la velocit`a, cuori stranamente lenti hanno acquistato velocit`a,
cuori deboli hanno aumentato la loro forza, cuori irregolari sono diventati normali
in tempo e frequenza, cuori che saltavano le pulsazioni (una su quattro) sono tornati
normali, ed altri sono stati i miglioramenti osservati nelle funzioni cardiache
(`e inutile dire che il digiuno non permette al cuore di rigenerare una valvola nuova
al posto di una distrutta).
Poich`e il digiuno alleggerisce il cuore da un grave peso, i miglioramenti non
dovrebbero sorprendere. Il cuore viene nutrito pi`u adeguatamente dalle riserve
nutritive del corpo, piuttosto che dai materiali provenienti giornalmente dal tratto
digestivo.
Il riposo fornito al cuore per mezzo del digiuno viene classificato in due modi
principali:
1. Una notevole diminuzione nel numero delle pulsazioni del cuore. Un cuore
che pulsa ottanta battiti al minuto scender`a a sessanta o anche meno battiti.
Se il cuore pulsa ad una velocit`a pi`u rapida di ottanta battute, il calo sar`a
ancora pi`u evidente.
Prendendo il primo caso delle ottanta pulsazioni al minuto con diminuzione
a sessanta, osserveremo un risparmio di venti pulsazioni al minuto con
diminuzione nella quantit`a di lavoro che il cuore deve svolgere.
Naturalmente poi, esistono le solite fluttuazioni della velocit`a cardiaca dovuti
agli sforzi e alle emozioni.
2. Un altro fattore del riposo `e la diminuzione della pressione sanguigna. Se
la pressione `e di 160 mm, rapidamente scender`a a 140, 130 fino a 115, e
rimarr`a a questi valori per tutta la durata del digiuno. Mi ricordo del caso
di una donna che aveva una pressione sistolica di 295 mm, in meno di due
settimane diminu`? a 115 mm. Questo significa che il cuore svolgendo il suo
lavoro incontra una resistenza minore. Batte con minor forza. Pulsazioni
pi`u leggere e di numero inferiore forniscono riposo al cuore stanco e danneggiato.
In tali condizioni esso pu`o ristabilirsi ed in molti casi dichiarati
“incurabili”, questo `e avvenuto.
Le suddette fonti di riposo per il cuore, le considero primarie. Ve ne sono
altre che io chiamo secondarie. Tra queste al primo posto si trova il calare di
peso. Esso vale per gli individui grassi la cui costituzione `e tale da costringere il
cuore a lavorare con pi`u forza per permettere al sangue di circolare in una cos`?
grande massa. Anche se la pressione diminuisce pi`u in fretta rispetto al calo di
peso, questo fattore allevia il cuore da un grosso fardello. Ogni grammo perso
alleggerisce il cuore dalle fatiche che era costretto a fare.
Un altro fattore da considerare `e che negli scompensi l’abbassamento nella
velocit`a di pulsazione non `e immediato e rapido come nei casi di digiuno
ordinario.
Lo scompenso `e l’incapacit`a del cuore di mantenere una circolazione adeguata.
Viene caratterizzata da difficolt`a respiratorie (dispnea), da pallore livido delle
labbra e delle dita (cianosi), da contrazioni cardiache rapide ma deboli, da minore
escrezione urinaria che, nei casi gravi, accumula liquidi nei tessuti: edema,
idropisia, anasarca.
Il cuore gi`a indebolito, con l’aumento di lavoro provocato dall’accumulo di
liquidi, si trova in difficolt`a. La massa di lavoro comincia a divenire intollerabile
e lentamente esso si indebolisce sotto tale fardello. Man mano che il cuore
– 130 –
si indebolisce l’idropisia aumenta e conseguentemente anche il lavoro del cuore
aumenta. Si stabilisce un circolo vizioso dal quale `e difficile evadere.
Un’altra fonte di edema risiede nel sale comune da cucina (cloruro di sodio).
Questo tipo di sale `e inutilizzabile e velenoso. Viene eliminato con difficolt`
a, pertanto tende ad accumularsi nei tessuti della superficie, appena sotto
la pelle; nelle cavit`a in cui si deposita, insieme all’acqua che lo diluisce, forma
acqua salmastra. Tale edema provocato dal sale, e a volte talmente evidente
da venire individuato immediatamente (a volte per`o rimane nascosto), affatica il
cuore ed i reni.
L’organismo del paziente a digiuno `e in grado di riportare in circolazione il
sale e l’acqua che successivamente verranno espulsi. Generalmente in tali casi
avviene una notevole escrezione urinaria di cloruro di sodio, a volte fino a 78
grammi di sale al giorno. Delle attente osservazioni biochimiche hanno dimostrato
che il digiuno provoca un notevole aumento nell’escrezione di cloruro di sodio,
anche nei casi in cui l’escrezione urinaria appare ridotta.
Poich`e durante il digiuno la quantit`a di cloruro di sodio nel sangue rimane
inalterata, si deduce che il sale espulso proviene dall’edema.
Il primo passo nell’escrezione degli accumuli di acqua salata consiste nel permettere
il ritorno in circolazione di acqua e sale. Il digiuno facilita l’assorbimento
dei liquidi dai tessuti e la loro successiva escrezione. Quando con il digiuno si
interrompe l’assunzione giornaliera di sale, si permette all’organismo di ritirare
l’acqua e il cloruro di sodio dai tessuti edematosi. L’edema nascosto e l’idropisia
scompaiono rapidamente.
Il principio di alleggerire il lavoro del sistema circolatorio ed in particolare del
cuore con la diminuzione della quantit`a di cibo consumata e l’eliminazione del
sale dalla dieta, tocca il suo apice quando il malato di cuore si sottopone a digiuno.
Spesso `e necessario persino ridurre la quantit`a di acqua ingerita giornalmente. `E
necessaria la riduzione di acqua specialmente nei casi di edema molto evidenziati
per facilitare l’escrezione del liquido dai tessuti.
Negli scompensi cardiaci, spesso si verifica la stasi renale, arresto del flusso
sanguigno che danneggia la funzione dei reni. Il digiuno sembra provocare un
miglioramento immediato in questa funzione, al punto di aumentare istantaneamente
l’eliminazione. Sulla questione del consumo di acqua in queste condizioni
vi sono punti di vista discordi: alcuni sostenitori del digiuno affermano che si
pu`o consumare tutta l’acqua che si vuole, basandosi sul concetto che i reni funzionano
meglio in presenza di molta acqua; altri sostengono che l’assunzione di
grandi quantit`a d’acqua rallenta l’escrezione degli accumuli edematosi. Secondo
me bisogna limitare il consumo di acqua.
Il cuore, per mezzo dell’aumentata escrezione dei reni appare molto alleggerito
di acqua e cloruro di sodio, perch`e l’edema risulta ridotto o eliminato.
Qualcuno sostiene inoltre che il digiuno pu`o influenzare beneficamente alcuni
centri vaso-motori (i centri nervosi che controllano la circolazione) causando un
miglioramento nella condizione del cuore e delle arterie.
Naturalmente sarebbe sbagliato affermare che l’escrezione di acqua e cloruro
di sodio, negli stati di idropisia, possa considerarsi la causa unica della sparizione
dei sintomi. Il concomitante miglioramento generale della condizione cardiaca
e circolatoria deve essere tenuto in considerazione, ma c’`e ragione di pensare
che l’aumento di escrezione urinaria e l’assorbimento dai tessuti di acqua e sale
siano dovuti, in grande misura, al miglioramento dell’azione circolatoria generale;
miglioramento che tende a rimanere tale anche dopo il ritorno all’alimentazione.
Un medico italiano, Giorgio Dagnini, studi`o i risultati provocati dal digiuno
in sedici casi di scompensi cardiaci e present`o il rapporto dettagliato delle sue
osservazioni all’Istituto Generale di Medicina Terapeutica dell’Universit`a di Modena.
Devo ringraziare un medico americano, anche lui interessato alla materia,
per essersi occupato della traduzione in lingua inglese dello scritto.
Di questi sedici casi, alcuni dei quali erano stati precedentemente indicati come
“refrattari alla terapia a base di medicinali per il cuore”, Dagnini constat`o il
grave stato di scompenso cardiaco. Oltre al digiuno, i pazienti furono fatti riposare
a letto e fu loro permesso di bere acqua a volont`a, ma non furono somministrati
farmaci. Dodici tra loro soffrivano di edema delle cavit`a seriose; i rimanenti
quattro non presentavano edema.
Nei dodici pazienti edematosi le diagnosi cliniche furono sclerosi miocardica
(indurimento del muscolo cardiaco) in sei casi; stenosi mitrale in due casi (rimpicciolimento
o restringimento della valvola mitrale cardiaca); stenosi mitrale ed
aortica (stenosi della valvola mitrale ed aortica) in un caso; insufficienza mitralica
(incapacit`a a chiudersi della valvola mitralica) in un caso; ipertensione maligna e
asma cardiaca in un caso; ipertensione e malattia cardiovascolare, fibrillazione e
sclerosi miocardica in un caso.
Entrambi i sessi erano coinvolti e le et`a oscillavano tra i 24 ed i 75 anni. Il
digiuno dur`o da cinque giorni (i pi`u brevi) a sette (i pi`u lunghi). Del gruppo
non-edematoso, tre avevano la stenosi mitrale ed uno l’ipertensione con sclerosi
miocardica.
Solo un uomo ne faceva parte. Il pi`u giovane del gruppo aveva 38 anni, il pi`u
vecchio 64; questi pazienti digiunarono per sette giorni.
Tutti i digiuni in questi casi dimalattie cardiache furono brevi, tuttaviaDagnini
afferm`o: ?`E stato osservato che i pazienti cardiaci trattati con il digiuno mostrano
un’aumentata escrezione urinaria ed un rapido riassorbimento del fluido
edematico e delle seriose peritoneale e pleurale?. Nel gruppo non-edematoso,
l’escrezione di cloruro di sodio apparve “normale”. Questo pu`o indicare che l’edema
negli altri casi poteva essere il risultato tanto di un consumo di sale quanto
di una debolezza cardiaca. Tra i dodici pazienti edematosi, vorrei citare solo un
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caso per descrivere gli sviluppi che si presentano quando un paziente cardiaco
viene sottoposto a digiuno.
Il soggetto era un ragazzo di 24 anni a cui era stata diagnosticata una stenosi
mitrale. Era in condizioni gravi, con un danno serio alla regione destra del
cuore. Il cuore appariva ingrossato fino all’osso iliaco. Aveva siero nella pleura,
un edema nelle estremit`a inferiori e difficolt`a di respirazione. Prima di essere accettato
all’istituto, questo paziente era stato sottoposto ai soliti trattamenti con i
medicinali per il cuore.
All’istituto, invece, fu sottoposto ad un digiuno di sette giorni. Gi`a dal terzo
giorno apparvero i miglioramenti. Il fegato si restrinse alla sorprendente
velocit`a di due centimetri al giorno. Il liquido edemico venne riassorbito rapidamente.
Alla fine del settimo giorno il fegato era di tre centimetri sotto le costole
e l’edema generalizzato era scomparso.
Si manifest`o un notevole miglioramento della sierosa pleurale. L’escrezione
urinaria fu significante in questo caso. A 250 cc all’inizio, aument`o rapidamente
ed al quinto giorno raggiunse la quota di 3700 cc, la media, da quel momento
in poi, fu di 2000 cc. In questo caso la diuresi facilit`o la rimozione dell’edema.
L’osservazione di Dagnini che il digiuno `e benefico in molti casi di scompensi
cardiaci merita, quindi, ogni considerazione.
Egli sostiene che: ?Tutti i diversi effetti si sommano potenziandosi e danno
come risultato il ristabilimento di una funzione cardiovascolare normale o quasi?.
Purtroppo i suoi digiuni furono di durata troppo breve per poter completare i risultati,
ed egli non fu in grado di descrivere le fasi successive: in cosa consistesse
l’alimentazione dei pazienti in seguito all’interruzione del digiuno, quali attivit`a
fisiche svolgessero, quali sviluppi si verificarono successivamente. Ma le sue osservazioni,
per quanto limitate, sono sufficienti a stabilire gli effetti benefici del
digiuno in una grande gamma di anormalit`a cardiache.
Un individuo intelligente praticher`a il digiuno molto prima che le sue condizioni
cardiache raggiungano gli stadi descritti da Dagnini. Nonostante i benefici
ottenuti, non vi `e dubbio che questi fossero casi finali le cui condizioni non
avrebbero certo fatto sperare un ristabilimento.
Il digiuno dovrebbe essere attuato quando ancora esiste la possibilit`a di un
recupero spontaneo.
Non credo sia necessario ripetere che `e molto importante che questa pratica
venga seguita da un esperto. Nessun malato di cuore dovrebbe tentare il digiuno
da solo.
Le coliti
La colite `e l’infiammazione del colon.
Per comprendere la funzione del colon, esaminiamo una breve descrizione fisiologica.
Anatomicamente il colon dell’uomo `e diviso in tre sezioni: ascendente,
trasversa e discendente. Inizia con un sacchetto chiuso, il cieco, dove termina
l’intestino crasso. L’appendice vermiforme `e attaccata al cieco. Immediatamente
sopra all’appendice, il cieco riceve l’intestino crasso, quasi ad angolo retto.
La parte superiore del cieco si incorpora nella parte iniziale della porzione
ascendente di colon. Questa passa sulla destra in un punto vicino al fegato, dove
forma un angolo (flessura destra) e dove inizia la seconda porzione, il colon
trasverso.
Quest’ultimo passa con una leggera curva lungo il fianco sinistro dell’addome
dove forma un altro angolo (flessura sinistra). Sotto la milza il colon diventa
discendente, si immette nella flessura sigmoide e gira irregolarmente verso il basso
formando una specie di “S”. Tra la parte finale dell’intestino crasso (ileo) ed il
cieco, vi `e una valvola formata da unmuscolo sfintere e conosciuta come la valvola
ileo-ciecale. Il retto viene chiuso da un’altra valvola (lo sfintere rettale).
La funzione del colon `e di trasportare i residui digestivi in alto verso il cieco,
attraverso il colon trasverso, ed in basso attraverso il sigmoide al retto, e quindi,
al mondo esterno. La digestione viene completata nell’intestino crasso ed `e l`? che
le porzioni digerite di cibo vengono assorbite. Piccole quantit`a d’acqua possono
venire assorbite dal colon, ma `e l’intestino crasso quello adatto all’assorbimento
degli alimenti. Sembra che non avvenga nessun assorbimento di tossine nel
colon.
Esso, come tutto il resto del tratto alimentare, `e ricoperto da una membrana
chiamata rivestimento mucoso. L’irritazione o l’infiammazione del colon viene
definita colite o colonite. Indicata da molti esperti come la malattia pi`u comune
degli uomini civili, la colite `e molto rara tra le popolazioni incivilizzate.
La stitichezza`e probabilmente il sintomo piu fastidioso della colite, anche se spesso
si alterna a diarrea. Se la colite `e acuta (diarrea) potrebbe esserci muco nella sostanza
escreta. Tutte le forme di coliti trattate in questo capitolo sono classificate
come “coliti mucose”.
Nei casi di colite `e frequente una condizione di spasmo nel colon, specialmente
se il caso `e abbastanza serio. Spesso si verifica anche un avvelenamento
del colon trasverso, l’enteroptosi. Il colon pu`o avvallarsi anche in assenza di colite
e la colite pu`o presentarsi senza il manifestarsi dell’avvallamento, ma quasi
certamente la colite spastica include entrambe le situazioni. `E tuttavia, sbagliato
attribuire alla stitichezza spastica la causa della colite mucosa. Sostenere tale
punto di vista sarebbe tanto illogico quanto attribuire alla colite le cause della
stitichezza spastica.
Nelle coliti croniche l’infiammazione pi`u evidenziata potrebbe essere situata
in diverse parti del colon e da questo derivano le varie denominazioni come
sigmoidite, proctite, ecc.
La condizione pu`o rimanere oscura per lunghi periodi di tempo, ed il soggetto
pu`o essere conscio solo dei disturbi addominali che attribuisce semplicemente alla
stitichezza o a formazioni di gas nello stomaco. Quando nelle feci appare il muco,
la condizione `e gi`a avanzata. Man mano che la colite si intensifica, il muco nelle
feci pu`o apparire di consistenza gelatinosa, oppure le feci possono essere ricoperte
di muco con striature di sangue. A questo punto si `e senza dubbio in presenza di
una colite.
Non intendo in questa sede trattare tutte le variazioni originatesi dall’immagine
comune della colite. Queste possono anche manifestarsi, ma a scopi pratici
appaiono di poca importanza. Poich`e il colon `e diviso in sezioni, `e possibile riscontrare
forme particolari di colite come la proctite, sigmoidite ed altre, ma la
cosiddetta malattia `e la stessa in ciascun caso.
Consideriamo le due suddette “malattie”. Non esiste una reale divisione tra
il sigmoide e il retto. Se si riesce ad immaginare come un capello potrebbe dividere
queste due sezioni continue del colon, non dovrebbe essere difficile considerare
folle il denominare l’infiammazione sviluppatasi da un lato sigmoide, e
se si estende solo in un centimetro oltre la membrana di rivestimento del retto,
chiamarla proctite. Sarebbe come chiamare i foruncoli della guancia destra in un
modo e quelli della guancia sinistra in un altro.
Creiamo lo stesso stato confusionale nel classificare le infiammazioni secondo
la parte in cui si sviluppano. L’infiammazione della membrana di rivestimento
del naso `e una rinite, l’infiammazione della membrana di rivestimento delle cavit`a
nasali `e una sinusite, l’infiammazione del dotto bronchiale `e una bronchite; ora
questi non sono altro che nomi differenti attribuiti ad una stessa condizione che si
manifesta in parti diverse. La gastrite `e la stessa infiammazione che si sviluppa
nella membrana dello stomaco. Classificare queste infiammazioni locali con nomi
diversi serve solo a creare confusione.
Spesso `e molto difficile diagnosticare correttamente la forma di colite che ha
colpito un paziente e scoprire la posizione dell’infiammazione.
La capacit`a di diagnosticare non indica una familiarita con la causa.
In questa sede siamo pi`u interessati a scoprire la causa dei disturbi del paziente
che individuare quale sezione del colon sia irritata o spastica. I sintomi delle coliti
sono uguali nel genere, ma differiscono nella posizione e nella intensit`a. Un fatto
importante da sottolineare `e che ogni caso che presenta il marchio della cronicit`a
ha un complesso “del colon”; cio`e una psicosi negativa o depressiva.
Le persone malate o sofferenti, raramente appaiono felici ed allegre. Ansiet`a,
apprensione e conseguente depressione rappresentano la regola nelle malattie. `E
quasi impossibile rimanere mentalmente o emotivamente indifferenti al dolore
fisico. Un certo grado di autocommiserazione trova alloggio anche nelle menti
dei pi`u stoici. Se consideriamo la natura della colite ci accorgeremo che non `e
sorprendente il fatto che il malato diventi depresso o ansioso. Molti neurotici o
psicotici sono tali solo in conseguenza a coliti di lunga durata. Nel 95% dei casi
di colite cronica, la stitichezza `e una caratteristica dominante. In genere continua
per anni, durante i quali il malato prova ogni lassativo, purgante, t´e, olio, clistere,
irrigazione, ed altri mezzi di sicuro “sollievo”, senza mai rendersi conto che la
stitichezza `e solo un sintomo. Nonostante tali mezzi possano forse fornire un
sollievo temporaneo nel tempo non fanno altro che aggravare la situazione.
Tutti i malati di colite soffrono di indigestione gastrica ed intestinale, nonch`
e di gas nell’intestino, con pi `u o meno dolore. Accusano sempre un senso di
saziet`a o di malessere. Spesso in questi casi si manifestano mal di testa acuti ed
intermittenti. Molti pazienti accusano una sensazione di rigidezza e tensione, adddirittura
dolore, nei muscoli del collo, con dolore appena sotto l’articolazione tra
il collo e la testa.
Frequentemente descrivono i loro sintomi come “una sensazione di rigidit`a”.
La maggioranza di questi casi `e anemica e dissemica. Sono magri e denutriti
anche se la colite non `e assolutamente limitata a tali soggetti. La lingua `e spesso
bianca, il sapore cattivo e cos`? l’alito.
Pu`o manifestarsi una sensazione di strematezza, con mancanza di entusiasmi
ed ambizioni. Immediatamente dopo l’espulsione dal colon di un grande accumulo
di muco pu`o manifestarsi la nausea. A questo segue invariabilmente una
sensazione di sollievo.
Nei casi di colite, l’aspetto `e misero, l’espressione facciale ansiosa, apatica.
Il paziente pu`o apparire molto nervoso, irritabile, eccitabile, pu`o anche
cadere in stati di isterismo o di melanconia.
Non sono solo un fastidio per s`e stessi, ma lo sono anche per gli altri. Nei casi
a lungo decorso l’intera attenzione del paziente si concentra sul suo stato fisico.
Molti malati di colite si abituano all’uso continuo di medicinali. Provano di tutto
nella speranza di trovare il rimedio alle loro sofferenze. Esauriscono la lista di
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lassativi, tonici e digestivi. Passano da un medico ad un altro, e questi studiano
i loro sintomi e confondono le loro idee. Clisteri, irrigazioni, diete, e psichiatri,
vengono tentati invano. Alcuni si mettono a studiare l’anatomia, la fisiologia e gli
alimenti arricchendo il proprio vocabolario di parole spesso prive di significato.
`E
stato pi`u volte sostenuto che i tipi pi`u leggeri di malattie mentali si originano
dalle infiammazioni al colon. O per lo meno che i casi mentali tenuti nascosti sviluppano
spesso coliti. Tali casi rendono chiaro il fatto che le reazioni mentali alla
colite sono realt`a e non fantasie. Un esperto in materia, asserisce che l’irritazione
cronica al colon forma le basi di disturbi mentali e fisici pi`u di ogni altra anormalit`
a funzionale. La cosa pi`u importante nel trattare i malati di colite `e di ignorare
i sintomi e le manifestazioni pi`u acute, concentrando l’attenzione sulla rimozione
delle cause della sofferenza. Siamo convinti che lo sviluppo della colite `e concomitante
alla ritenzione di sostanze tossiche ed al loro accumularsi nel sangue e
nella linfa. Il mezzo che riuscir`a a liberare il corpo da tali sostanze rappresenter`a
la cura adeguata per chi soffre di colite. La mente del paziente e di chi si occupa
della sua guarigione deve essere liberata dal fantasma dei sintomi locali. I disturbi
possono essere notevolmente ridotti in quanto il muco, il gas, la spasticit`a, la stitichezza
e l’irritabilit`a nervosa, n`e singolarmente, n`e collettivamente rappresentano
la causa della malattia.
Non ci si pu`o attendere un ristabilimento senza un periodo prolungato di riposo
assoluto, lontano da amici e parenti e dai debilitanti fattori ambientali. Il riposo
fisico significa stare a letto. Significa cessare ogni attivit`a e rilassarsi. Il riposo
mentale richiede tranquillit`a. Esso vuol dire eliminare le preoccupazioni, le paure,
l’ansiet`a e le emozioni deprimenti. Il riposo sensorio richiede quiete e liberazione
dalle eccitazioni sensorie. Il riposo fisiologico pu`o essere ottenuto solo con l’astinenza
dal cibo. Il digiuno provoca il rilassamento dell’intestino e dello stomaco
spastico.
Il digiuno `e di gran lunga pi`u indicato delle diete. Il digiuno aumenta quella
parte di metabolismo che elimina le sostanze di rifiuto e ringiovanisce i nervi
affaticati e le stutture cellulari. Permette al corpo di stabilire, a suo modo, una
normale chimica sanguigna. Un uomo non pu`o sapere quali siano i processi con
cui ristabilire la giusta chimica nel sangue. Nessuno pu`o riprodurre o imitare i
modi con cui l’organismo riesce ad eliminare e ristabilire l’equilibrio nel sangue.
L’irritazione provocata nell’intestino dalla continua assunzione di medicinali
aumenta le sofferenze del paziente, e peggiora la condizione. I clisteri
indicativi sono altamente irritanti. I clisteri contengono saponate, melasse ed altre
sostanze nocive.
`E
importante sapere che la colite `e solo una parte dell’irritazione e dell’infiammazione
generale delle superfici mucose dell’organismo (pochi anni fa sarebbe
stata definita come catarro) e ci`o che liberer`a il paziente dalla colite, nello stesso
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tempo, lo liberer`a anche dalle irritazioni in altre parti del corpo: naso e gola, utero
e vescica, ed altre.
La frequente condizione definita diarrea `e semplicemente una colite di breve
durata. Nella maggioranza dei casi non `e grave e dura uno o due giorni (a volte
pi`u); `e abitudine comune ignorare le condizioni del colon e ricorrere a metodi
artificiali per sopprimere la diarrea. Spesso, la condizione non `e niente di pi`u
di una irritazione temporanea degli intestini causata dalla fermentazione dei
cibi. Vale specialmente se sono i bambini a presentarla. Crisi ripetute di questo
genere tendono ad evolversi in coliti croniche.
Gi`a nel 1918, Richard G. Cabot, medico alla Scuola di Medicina dell’Universit`
a di Harvard ed all’Ospedale Generale del Massachussets, scriveva nel suo
libro A Layman’s Handbook of Medicine: ?Come regola, la semplice diarrea o la
colite acuta, negli adulti, guarisce in una settimana o dieci giorni. Le cure sono
il riposo, il calore e il digiuno?. Tutto ci`o `e indicato sia per gli adulti che per i
bambini, anche se secondo lui una purga al presentarsi della diarrea aiuterebbe.
La cosa importante da osservare `e il riconoscimento del valore del digiuno nei casi
di diarrea.
Sento il dovere di chiarire che una settimana o dieci giorni costituiscono un
tempo maggiore a quello necessario per la cessazione di tale sintomo quando si
intraprende il digiuno al primo apparire della diarrea. In genere, due o tre giorni
sono sufficienti.
La psoriasi e gli eczemi
Uno studente di circa vent’anni, con tutte le ambizioni e le speranze tipiche di
quegli anni, si trovo costretto ad affrontare una situazione apparentemente disperata.
Tutto il suo corpo, compresi gli arti ed il viso, era coperto da una massa di
eruzioni squamose. Il nome scientifico di questo problema della pelle `e psoriasi.
Ne soffriva da molti anni; anche le palpebre e le labbra apparivano nello stesso
stato. Aveva provato ogni possibile “cura” senza trarne alcun beneficio. Radiografie,
pomate e cortisone, avevano procurato tutte nelle migliori delle ipotesi, solo
un sollievo temporaneo. I medici dichiararono: ?Stiamo facendo il possibile. Il
problema `e che non esiste una cura specifica?.
Anno dopo anno questo paziente si affido alle cure degli specialisti della pelle,
chiamati anche dermatologi, ma i loro trattamenti non fecero altro che aggravare
l’irritazione.
Allora il soggetto rivolse una domanda che esulava dal campo medico:
?Pensate che il digiuno possa aiutarmi??. La risposta fu: ?Forse?. Entro in
un istituto che trattava i pazienti con il metodo del digiuno ed altri sistemi nutrizionali.
Lo sottoposero a digiuno ed a bagni solari giornalieri. In tali condizioni
`e facile osservare il progressivo scomparire della malattia ed il ristabilirsi della
pelle. In poche settimane la pelle del ragazzo appariva pulita. Poteva di nuovo
guardarsi allo specchio; poteva affrontare la vita con allegria.
La pelle umana, il piu grosso organo del corpo `e da paragonare al fegato ed
al cervello per la quantit`a e la versatilit`a delle sue funzioni. Organo altamente
complesso contenente nervi, vasi sanguigni, ghiandole, cellule pigmentali e grasso,
questa struttura impermeabile e resistente ai gas ricopre il corpo come fosse
una busta e si viene a trovare tra i delicati organi interni e l’ambiente esterno. `E il
radiatore ed il condizionatore d’aria del corpo che regola, per mezzo del sudore,
la temperatura ed il normale equilibrio dell’acqua.
In leggera misura, serve ad alimentare le sostanze di rifiuto. La sua pigmentazione
protegge contro gli eccessi dei raggi solari. Utilizzando il sole, produce
vitamina D. Immagazzina sangue e grasso ed `e il pi`u grande organo di senso del
corpo; le estremit`a nervose in essa presenti, ci permettono di avvertire il calore, il
freddo, la pressione e tutte le sensazioni percepibili per mezzo dei polpastrelli.
La pelle, sfruttata comunemente in modi diversi, rappresenta essenzialmente
un organo vitale. `E soggetta a molte “malattie” di cui la maggioranza sono
infiammazioni dette “dermatiti”.
La pelle viene alimentata dal sangue, non da forme esterne di alimentazione.
All’infuori del sangue non esistono altri nutrimenti per la pelle. Essendo l’involucro
protettivo del corpo, viene in contatto con molte sostanze esterne, spesso
nocive, e danneggiata in moltissimi modi. Fortunatamente i suoi poteri di autoguarigione
sono notevoli, cos`? sono pochi i danneggiamenti che lasciano tracce
permanenti. La maggior parte delle malattie della pelle sono dovute a cause
relative all’organismo. E di queste dovremmo preoccuparci.
Le dermatiti possono apparire in miriadi di forme, diagnosticate come eczemi,
psoriasi, dermatosi e moltissime altre. Le diagnosi e le secrezioni rappresentano
spesso le variazioni di una stessa condizione. I dermatologi che utilizzano solo
pomate o “rimedi” interni non curano le infiammazioni.
Molti casi sono il risultato di uno stato di tossiemia generale; molti altri
sono il risultato dell’assunzione prolungata di farmaci quali arsenico, mercurio,
iodio, potassio, ecc. Alcune irritazioni vengono provocate dai vaccini, dai
sieri e da altri farmaci. In tutti questi casi il recupero dipende dalla rimozione
della causa; nessuna pomata pu`o farlo.
Spesso i dermatologi sconsigliano, nelle eruzioni cutanee, l’uso di acqua e sapone,
in quanto sostengono che possano aggravare la condizione. In effetti il sapone
puo aggravarla, ma l’acqua sicuramente no. In verita, la pulizia `e indispensabile
in queste condizioni e non lavarsi puo intensificare il problema.
In tutte le eruzioni cutanee, anche nelle peggiori forme di eczema, io consiglio
lavaggi frequenti con acqua tiepida. Pu`o sembrare strano, ma in molti casi la
pulizia `e l’unico mezzo per permettere al paziente di guarire. Pochi bagni e la
malattia della pelle scompare. Bisogna ricordarsi delle sette immersioni nel fiume
Giordano di cui si parla nella Bibbia.
In tutte le eruzioni cutanee la dieta merita la pi`u alta considerazione. Quasi
certamente i soggetti che presentano tale malattia eccedono nell’alimentazione.
Generalmente le loro diete abbondano di amidi e zuccheri. In molti casi le
combinazioni alimentari sono tali da provocare indigestioni. Vi `e l’abitudine
di consumare insieme proteine e amidi.
Spesso questo `e sufficiente per causare indigestione e per provocare l’infiammazione
della pelle. Anche nei casi di assunzione prolungata di farmaci bisogna
stare attenti: molti causano eruzioni cutanee. L’acne da bromuro `e un esempio
comune. Il bromuro viene somministrato in molte condizioni ed `e presente in vari
tipi di medicine consumate regolarmente.
La psoriasi `e caratterizzata da piccole bolle, elevate di poco rispetto alla su-
perficie e coperte di una sostanza scagliosa che si spella, specialmente alle alte
temperature, lasciando la superficie arrossata ed irritata, e la pelle inspessita.
Le bolle possono essere di grandezza simile ad una moneta da dieci lire o
ad una pesca. Si sviluppano sul volto e le rasature le peggiorano. Sono spesso
molto umilianti per quelli in cui la malattia si sviluppa in parti visibili del corpo.
Mi ricordo di una ragazza la cui psoriasi era nascosta sotto i vestiti, ma appariva
evidentissima quando la giovane indossava un costume da bagno. Poich`e era una
buona nuotatrice, fu costretta ad abbandonare tale sport a causa dell’umiliazione
che la sua condizione le provocava.
La malattia pu`o diffondersi in molte parti del corpo. Nelle estremit`a inferiori
le gambe possono apparire coperte completamente. In alcuni casi le scaglie secche
si staccano al solo sfiorare della parte. La psoriasi `e una malattia persistente ed i
pazienti ne soffrono per anni. Pu`o svilupparsi nella parte superiore delle braccia,
vicino ai gomiti, o pu`o anche ricoprire il corpo intero. Tende a migliorare in estate
e a peggiorare durante i mesi invernali.
Tende anche a riapparire dopo che la pelle sembra guarita. Infatti, sembra che
per guarire completamente da questa malattia occorra un lungo periodo di tempo.
Lievi eccessi alimentari o alcolici possono causare il ripresentarsi della malattia.
Pertanto `e indispensabile che il malato di psoriasi viva in maniera sana per evitare
questa ricorrenza. Poich`e un’alimentazione sbagliata sembra peggiorare la
situazione, `e particolarmente importante controllare le proprie abitudini alimentari.
Spesso, se l’eruzione tende a ripresentarsi, pu`o apparire necessario un breve
digiuno.
L’eczema pu`o svilupparsi su ogni superficie del corpo, ma sembra pi `u frequente
sui gomiti, tra le dita e sui polsi, dietro e sugli orecchi, sull’ano e sui
genitali. Spesso si sviluppa sul viso e sull’addome. La pelle tende ad ingrossarsi
ed a spaccarsi; a causa del notevole prurito che l’accompagna, il paziente si
gratta peggiorando ancor di pi`u la situazione. Specialmente le parti dei gomiti,
delle ginocchia e delle caviglie pruderanno e bruceranno pi`u di tutto il resto del
corpo. L’alimentazione sbagliata gioca un ruolo dominante nella produzione e
nel mantenimento di questa infiammazione della pelle. `E essenziale in questi casi
che un digiuno preliminare sia seguito da una dieta adeguata. Il digiuno accelera
la guarigione dell’eczema. Tale malattia viene spesso osservata nei bambini nei
quali appare pi`u persistente che negli adulti. Il digiuno del bambino deve essere
condotto sotto il pi`u attento controllo di un esperto.
Spesso non sono necessari digiuni lunghi, a meno che le condizioni non siano
particolarmente gravi. In alcuni casi, una serie di digiuni brevi, intervallati da
un’alimentazione adeguata, si dimostrer`a appropriata.
Il paziente deve a tutti i costi non grattarsi, ed evitare di coprire la superficie
colpita, in quanto entrambi questi fattori tendono ad aggravare la condizione.
La pulizia `e il modo migliore per prevenire il prurito. Lavaggi frequenti
con acqua tiepida sono essenziali. Molte volte, la pulizia `e l’unico mezzo per
raggiungere un recupero completo.
L’allargamento della prostata
La prostata `e una ghiandola ausiliaria degli organi riproduttivi maschili. `E situata
nella cavit`a pelvica, subito al di sotto della vescica ed immediatamente al di sopra
del diaframma uro-genitale. La ghiandola prostatica secerne un liquido che
viene emesso insieme allo sperma dopo che raggiunge l’uretra. A causa della sua
posizione vicino all’uretra; l’allargamento di tale ghiandola provoca pi`u o meno
l’arresto del flusso di urina.
L’ingrossamento della prostata `e molto comune tra gli uomini al di sopra dei
trentacinque anni di et`a. Per ogni donna che soffre di malattie dell’utero, vi `e
un uomo che presenta l’ingrossamento della prostata, l’irritazione, l’infiammazione
e l’ulcerazione dell’ uretra e del collo della vescica. In molti uomini sopra
i cinquant’anni si presenta l’ulcerazione della porzione uretrale della ghiandola
prostatica.
Queste condizioni possono essere fonti di molti disturbi e sofferenze nell’uomo.
`E
una causa comune di ritenzione dell’urina e di ostruzione della vescica e
spesso, provoca disturbi alla schiena, al bacino e alle gambe, altre volte provoca
anche lombaggine e sciatica. L’irritazione derivante dalla ritenzione dell’urina
porta alla cistite (infiammazione della vescica) e persino all’ulcerazione della
vescica o del collo di questa.
Infatti, non `e esagerato affermare che la malattia della prostata, e la sua influenza
sugli organi circostanti, causa pi`u della met`a dei disturbi degli uomini
oltre i cinquant’anni. Molte malattie degli uomini pi`u anziani, trattate sempre
senza ottenere risultati, non sono che riflessi di malattie genitourinarie, tra cui la
prostatite,o infiammazione della prostata, rappresenta la malattia primaria.
L’ingrossamento della prostata pu`o iniziare presto, a trentacinque anni, o tardi,
dopo i settanta. Gli uomini grassi che conducono vita sedentaria sono pi`u soggetti
a tale malattia, in quanto sia il grasso, sia la vita sedentaria influiscono sulla
circolazione pelvica, e la stasi sanguigna cos`? provocata `e forse la causa principa-
le dell’ingrossamento della prostata. Tuttavia, gli uomini magri o che svolgono
attivit`a fisica non ne sono immuni.
L’ingrossamento della prostata d`a come risultato la ritenzione di una parte di
ogni minzione: l’urina residua. La pressione esercitata dall’ingrossamento sull’uretra
e sulla bocca della vescica, impedisce il completo svuotamento di quest’ultima.
Il lieve allargamento della prostata causa una leggera ritenzione. Se
l’ingrossamento aumenta, anche la quantit`a di urina ritenuta appare aumentata.
Uno dei disturbi degli uomini oltre i cinquant’anni `e la minzione lenta, accompagnata
dalla crescente ostruzione del flusso di urina. A cinquantacinque o a
sessant’anni si manifesta una piccola ritenzione di urina, il che vuol dire che dopo
l’escrezione, ne rimarr`a sempre una piccola quantit`a nella vescica. L’incapacit`a
della vescica di svuotarsi aumenta lentamente. Nello stesso tempo aumenta anche
la quantit`a di urina ritenuta. L’urina ritenuta avvelena la vescica e, con il tempo,
l’intero sistema, causando molti disturbi o sofferenze, a volte persino la morte.
Man mano che la prostata si ingrossa, il suo peso spinge in gi`u la vescica rendendo
pi`u difficile il suo svuotamento. Con l’aumento della ritenzione, la vescica
diviene pi`u sensibile e si accrescono le difficolt`a di minzione. La cistite, l’infiammazione
della membrana che riveste la vescica (infiammazione provocata dall’urina
residua, forzatamente ritenuta a causa dell’ingrossamento della prostata) `e abbastanza
comune tra gli uomini anziani. Anche l’uretrite, ovvero l’infiammazione
della membrana che riveste l’uretra, `e un risultato dell’irritazione.
Le membrane, queste pellicole sottili che rivestono la vescica e l’uretra, sono
mucose e ricordano le membrane del naso, della bocca e della gola. Ecco perch`e,
quando risultano infiammate, si ha un’eccessiva secrezione di muco o di quella
sostanza che comunemente viene denominata “catarro”.
L’infiammazione continua del collo della vescica provoca una ulcerazione
con leggera emorragia; ecco spiegata la presenza di sangue che osservata,
comunque, non `e troppo frequente.
Raramente il cancro si manifesta in questa condizione. Quando il tessuto irritato
si indurisce ha compiuto il primo passo verso il cancro. Il cancro alla prostata
non `e raro, ma non `e comune se paragonato ai numerosi casi di prostata ingrossata.
I medici affermano che la causa della prostatite `e sconosciuta. `E un’altra conseguenza
di un modo di vita sbagliato. Gli eccessi alimentari, alcolici e sessuali
sembrano essere la causa pi`u comune. Poich`e queste fasi della vita vengono quasi
sempre ignorate, la condizione del paziente tende a peggiorare.
Ricordo una conversazione avuta con un malato di prostata circa tre anni fa.
Dopo avermi descritto i suoi sintomi ed i trattamenti a cui era stato sottoposto,
egli aggiunse: ?Mangio come un lupo?. Il suo medico non gli aveva parlato
dell’alimentazione, si era limitato ad alleviare i suoi disturbi con medicine e
radiografie.
Nessun palliativo soddisfacente `e stato ancora scoperto per le malattie prosta-
– 147 –
tiche. Le operazioni che rimuovono la ghiandola o la parte di essa, le iniezioni
per tentare di rimpicciolirla e gli altri trattamenti si sono tutti rivelati insufficienti.
Perch`e? Perch`e non esistono trattamenti che agiscano da antidoti contro un modo
di vita sbagliato. Un modo di vita che provoca l’ingrossamento, anche detto
ipertrofia, della prostata, non pu`o essere curato dai medicinali e dalla chirurgia. `E
necessario correggere tale modo.
Quando si presentano l’ingrossamento della prostata e la stranguria (perdita
dell’urina a gocce), con dolori ed altri disturbi, un buon chirurgo pu`o porre fine
alle miserie del paziente, per sempre. Migliaia di pazienti sono morti in seguito
ad operazioni alla prostata. Affinch`e un’operazione alla prostata possa
considerarsi di esito positivo, `e necessario un perfetto drenaggio e questo non `e
possibile.
Ecco perch`e quando un chirurgo asserisce: ?L’operazione `e semplice,
sar`a fuori in pochi giorni? sarebbe buona norma chiedergli: ?Fuori, dove??.
Spesso fuori significa al cimitero.
Al giorno d’oggi i chirurghi migliori preferiscono non rimuovere la prostata
. A tale riguardo Walter C. Alvarez afferma: ?Mi farei fare solo un tipo di operazione,
quella uretrale, che viene praticata per mezzo di un tubo legato, passato
attraverso l’uretra. L’unica difficolt`a di questa operazione `e che richiede una grossa
capacit`a e, quando l’urologo ha rimosso una grossa parte di tessuto prostatico,
egli deve essere in grado di operare con rapidit`a?.
Per quanta capacit`a possano avere e per quanto veloci possano essere `e sempre
un palliativo. Non rimuove la causa, non ristabilisce la salute. Quando la causa
viene lasciata inalterata, continua a provocare danni.
Tempo fa le operazioni alla prostata erano pi`u frequenti. Questo `e dovuto
all’alta percentuale di decessi che sembra oscillare intorno al 25% ed alle
conseguenze della malattia.
Chi subisce un’operazione alla prostata e riesce a superarla non ha fatto i conti
con la natura. Infatti, la chirurgia `e quasi una garanzia che questo individuo
non torner`a in condizioni normali.
Una prostata danneggiata `e il risultato di abitudini continuate che solo un uomo
che non rispetta se stesso seguir`a a praticare. Alle conseguenze di queste
cattive abitudini relative all’organismo e non puramente locali, la chirurgia non
pu`o che fornire un sollievo temporaneo.
La chirurgia della prostata `e una scusa per permettere all’uomo ignorante di
trascurare, con le sue abitudini fisiche e mentali, le leggi biologiche. L’abbandono
di tali abitudini permetter`a al paziente di ristabilirsi, purch`e questo sia fatto in
tempo. La prostatite avanzata `e una condizione che pu`o essere guarita solo in una
piccola percentuale di casi, ma i soggetti colpiti possono imparare a vivere in maniera
da prolungare la durata della vita. Una volta che la prostata si `e ingrossata,
sembra esserci una forte tendenza, in seguito persino alla pi`u lieve sollecitazione,
al suo ulteriore ingrossamento. Anche quando `e tornata a dimensioni normali, se
il paziente non adotta un modo di vivere pi`u sano, pu`o riallargarsi.
Ho visto prostate della grandezza di una palla da baseball e pi`u o meno della
stessa durezza; casi in cui si `e dovuto ricorrere all’uso di un catetere (uno strumento
usato per permettere l’emissione di urina) perch`e il passaggio dell’urina
risultava molto doloroso. L’ingrossamento torn`o a dimensioni quasi normali in
una settimana, l’indurimento si dissolse, e la minzione torn`o normale. Di solito,
comunque, `e necessario pi`u tempo per ridurre la prostata.
In alcuni casi sembra impossibile ridurre l’intero ingrossamento, ma esso pu`o
essere ridotto abbastanza da permettere all’urina di fluire liberamente; i disturbi
alla schiena, al bacino e alle gambe ( a volte anche la lombaggine e la sciatica,
che comunque non sono sempre presenti) scompaiono. Questo viene raggiunto
quando si abbandonano le abitudini debilitanti, quando il paziente viene messo a
letto e l’alimentazione viene sospesa.
Gli uomini che presentano l’ingrossamento della prostata devono spesso alzarsi
di notte per emettere l’urina. La vescica irritata non ritiene l’urina normalmente.
Le passeggiate notturne disturbano il sonno ed aumentano lo stato di debilitazione.
Ho visto pazienti costretti ad alzarsi quindici o venti volte ogni notte, poi,
dopo alcuni giorni di digiuno, li ho visti dormire per tredici ore di seguito
senza sentire il bisogno di alzarsi. Uomini con grosse difficolt`a urinarie hanno
riacquistato le loro normali funzioni fisiologiche, come quando erano ragazzi.
Solo in una piccola percentuale di casi il miglioramento `e permanente. Ho
visto molte circostanze in cui l’ingrossamento si ripresentava dopo due o tre settimane.
La sovralimentazione provoca un rapido riallargamento della prostata.
L’eccitazione nervosa, il super lavoro, l’eccessiva attivit`a sessuale, e molti altri
abusi nocivi fanno lo stesso. T`e, caff`e, tabacco, alcol ed altri stimolanti causano
la ricomparsa dell’ingrossamento.
In questi casi, se il modo di vivere non viene cambiato, il digiuno apporta solo
un sollievo temporaneo. L’ingrossamento della prostata pu`o essere ridotto con
un digiuno, ma questo non significa aver recuperato la salute. Un digiuno breve
la ridurr`a solo di poco. Faciliter`a la minzione ed alliever`a alcuni disturbi, ma in
poco tempo il problema si ripresenter`a pi`u grave di prima se non si effettueranno
cambiamenti radicali nel modo di vivere.
Il digiuno pu`o essere utilizzato come mezzo per controllare l’ingrossamento in
quei casi in cui non pu`o essere eliminato completamente. Se gli abusi alimentari
o di qualsiasi altro genere hanno provocato l’ingrossamento della prostata, in genere
un digiuno di pochi giorni sar`a sufficiente a ristabilire un flusso normale
di urina e ad eliminare i disturbi e le difficolt`a.
In caso di bisogno il digiuno pu`o essere ripetuto. Tuttavia, nessun digiuno sar`a
mai sufficiente a compensare i danni di una vita passata in maniera sregolata. Se
il modo di vivere non viene cambiato, esso sar`a solo un leggero palliativo.
Il morbo di Parkinson
Una donna di circa quarant’anni arriv`o ad un istituto igienistico dopo aver sofferto
del morbo di Parkinson per sei anni. Abitava in Costa Rica, suo marito era un
austriaco che si occupava di importazioni. All’apparire dei primi sintomi consult`o
un medico. Dopo che i medici locali avevano tentato di riportarla in salute, il
marito la condusse a Vienna, dove fu sottoposta alle cure migliori che l’Europa
potesse offrirle.
Due annni pi`u tardi fu portata a New York e di nuovo curata dai migliori
specialisti. Dopo sei anni di cure, con nessun risultato se non quello di peggiorare
le sue condizioni, fu condotta in un istituto igienistico.
Qui fu messa a letto e sottoposta a digiuno. Man mano che questo segu`?, riacquist`
o il controllo degli arti. Dopo un digiuno di trenta giorni le fu permesso di
tornare a mangiare. Immediatamente il tremore ritorn`o, ma non ai livelli precedenti
al digiuno. I risultati furono gli stessi con la differenza che il tremore, in
seguito al secondo digiuno, era inferiore a quello riscontrato dopo il primo.
Dopo un altro periodo di alimentazione, fu sottoposta al terzo digiuno. Il
tremore scomparve. Da quel momento in poi, per dieci anni, il tremore non si
present`o pi`u; l’Igienista continuava a seguirla. Il periodo di tempo totale in cui
ricevette effettive cure igienistiche, fu di nove mesi.
Gli sviluppi in questi casi sono tipici, il recupero non `e sempre una regola.
Non tutti i casi si ristabiliscono completamente; infatti questo accade di rado. La
regola `e che la maggioranza dei casi compie progressi sufficienti per tornare a
livelli di quasi normalit`a, ma una parte di tremore rimane.
Pochi, agli stadi finali della malattia, non migliorano. `E corretto affermare
che sia i casi che si ristabiliscono completamente, sia quelli che non compiono
miglioramenti sono ugualmente rari. In entrambi i casi la ragione `e la stessa: le
cure igienistiche vengono intraprese troppo tardi. `E raro che unmalato dimorbo di
Parkinson si sottoponga a cure igienistiche al comparire dei primi sintomi. Infatti,
non ne ho mai incontrato uno che lo abbia fatto.
La paralisi agitans, conosciuta anche come morbo di Parkinson, prende il nome
dal dott. James Parkinson, inglese, che descrisse la malattia per la prima volta
nel 1817. In genere si sviluppa in et`a avanzata, dopo i cinquant’anni. `E leggermente
pi`u comune negli uomini che nelle donne, ed `e caratterizzata da una rigidit`a
dei muscoli, che causa l’azione ritardata dei muscoli volontari, e da un tremore pi`u
evidente quando il paziente `e seduto; questo `e quasi inesistente se il paziente `e attivo.
La descrizione di un caso avanzato di questa malattia `e la seguente: ‘Tremore
degli arti, rigidit`a dei muscoli, lentezza anormale di movimenti, occhi fissi senza
battito di ciglia, espressione facciale costante, salivazione dalla bocca”.
I tremori sono il risultato della contrazione e del rilassamento alternato dei muscoli
opposti. Non sono limitati solo alla paralisi agitans, ma si presentano anche
nelle malattie veneree, nell’alcolismo cronico, nel delirio tremens, nei pazienti
drogati e in altre forme di avvelenamento. Possono essere osservati anche nei casi
di astenia nervosa, di debiltazione, senilit`a, arteriosclerosi, isterismo, paresi, ecc.
Colpendo di solito le mani ed i piedi, il tremore della senilit`a `e estremamente
lieve. Nella paralisi agitans `e ritmico e regolare e persiste anche durante la notte.
La paralisi agitans inizia leggermente da un’estremit`a, in genere da una mano
e da un braccio, e progredisce gradualmente con tremore e debolezza. All’inizio
il tremore pu`o essere controllato con la volont`a, ma la malattia gradualmente si
estende fino a colpire un lato intero sfuggendo al controllo.
Negli stati avanzati, si manifesta l’ottusit`a della mente, la salivazione, la tendenza
a buttarsi in avanti (la camminata propulsiva), l’impossibilit`a di arrestare il
movimento delle dita. Nei muscoli affetti si verifica la progressiva perdita di forza,
una rigidit`a moderata, un’alternarsi dell’andatura, ed a volte scompensi mentali.
Nei casi avanzati la lingua e il mento possono apparire tremuli. Raramente si verifica
la perdita della parola. Alcuni pazienti peggiorano notevolmente in stati di
eccitazione ed il tremore diviene tale da farli letteralmente saltare.
Spesso, il tremore `e il sintomo meno importante per la riuscita della diagnosi.
Un paziente pu`o recarsi dal medico per l’ipertensione, problemi digestivi, artrite,
con rigidit`a degli arti, in cui il tremore si `e presentato solo dopo la sparizione
della condizione artritica. L’artrite aveva mascherato la paralisi agitans. Il morbo
di Wilson assomiglia talmente al morbo di Parkinson che `e molto difficile poterli
distinguere. Nel morbo di Wilson vi `e anche l’ingrossamento e la sclerosi del
fegato. In generale, il morbo di Wilson appare meno favorevole della paralisi
agitans. `E molto pi`u raro.
Una donna che ho seguito personalmente per tre mesi ha compiuto in tale
periodo dei notevoli progressi. Per sette anni era stata impossibilitata a scrivere,
tanto era il tremore delle mani e delle braccia.
Dopo due settimane di digiuno poteva scrivere e poteva stringere le mani. Con
l’interruzione del digiuno si ripresent`o il tremore, ma non era cos`? forte da poterle
impedire di scrivere. Non si intraprese nessun altro digiuno e il caso si concluse
cos`?.
La paralisi agitans `e definita come “una malattia nervosa di origine sconosciuta”.
La sua causa `e “completamente sconosciuta”. Gli studi sui cambiamenti
avvenuti nel cervello e nei nervi, sono stati sempre condotti dopo il decesso del
paziente, pertanto le scoperte rappresentano solo la condizione finale, invece che
descrivere lo stato di queste strutture alla prima apparizione dei sintomi.
Dopo il primo manifestarsi dei sintomi, i pazienti spesso vivono per venti o pi`u
anni, e questo dimostra il lento progredire della malattia. Sicuramente i cambiamenti
nel tessuto del cervello e dei nervi alla fine di questo periodo non possono
indicare la condizione dei tessuti come era vent’anni prima.
Non `e sufficiente affermare che a volte il sistema nervoso si consuma prematuramente;
`e essenziale scoprire le cause del prematuro consumo del cervello e
dei nervi. Qual’`e la causa? Nelle et`a pi`u avanzate la paralisi agitans sembra essere
il risultato dell’indurimento delle arterie che alimentano le cellule nervose alla
base del cervello e che svolgono un ruolo importante nel controllare i muscoli dei
movimenti volontari.
Pu`o svilupparsi anche presto nella vita, come conseguenza della degenerazione
delle cellule nervose stesse. In pochi casi si presenta come conseguenza di
danneggiamenti alla testa.
Il tremore viene spesso osservato in uomini profondamente debilitati, specialmente
se oltre i sessanta anni; uomini in cui l’indurimento delle arterie `e
avanzato.
Sembra che le cause delle forti debilitazioni e dell’indurimento dei tessuti siano
le ragioni che spiegano la paralisi agitans. Tra questi, gli abusi sessuali sono
di notevole importanza. L’indebolimento viene causato dagli abusi di lavoro e
di piacere. L’ambizione e la necessit`a possono spingere un uomo ad eccedere
nel suo lavoro. Il desiderio di arricchirsi, di avere denaro da spendere, `e la forza
motrice nella vita di molte persone. Sovralimentazione, eccessi sessuali, stress
emotivi,mancanza di sonno e di riposo, questi ed altri fattori debilitanti provocano
nell’uomo una condizione di affaticamento nervoso. L’intossicazione da manganese
provoca tremori e sembra che l’irritazione spinale, osservata nelle curvature
spinali, faccia parte di questi casi. Si sostiene che in passato il tremore era una
conseguenza dell’encefalite letargica, una malattia molto rara al giorno d’oggi, o
della vaccinazione contro il vaiolo. Le autorit`a mediche affermano che non esistono
cure per la paralisi agitans. In linea generale, sono d’accordo con questa
affermazione. Ma ho assistito a dei recuperi senza l’aiuto di medicine, farmaci
o interventi chirurgici, e ho visto molti casi migliorare notevolmente in poche
settimane o pochi mesi, pertanto sono convinto che la maggioranza dei casi potrebbe
ristabilirsi se al primo apparire dei sintomi si intraprendessero delle cure
appropriate.
Non ho mai seguito un caso dall’inizio, i miei casi erano sempre avanzati ed
avevano gi`a subito trattamenti a base di farmaci per anni. I farmaci utilizzati per
controllare i tremori danneggiano ulteriormente il cervello ed i nervi.
I casi provocati da danni alla testa (casi traumatici) e da encefalite letargica
sono meno favorevoli, ma nei casi non traumatici si possono ottenere risultati
eccellenti in breve tempo. Il recupero completo, dove possibile, `e una questione
di mesi o addirittura anni.
Non `e raro osservare la cessazione dei tremori durante il primo digiuno e vederli
poi riapparire con la ripresa dell’alimentazione. Il tremore `e pi`u leggero
quando riappare dopo un digiuno. Un secondo digiuno produce gli stessi risultati,
il tremore `e minore. Un terzo digiuno a volte `e sufficiente per raggiungere il recupero
completo. A volte `e necessario condurre un quarto o addirittura un quinto
digiuno.
`E
impossibile, specialmente nei soggetti pi`u giovani, stabilire la percentuale
dei casi che pu`o effettuare un recupero completo; in genere, negli individui sopra
i settanta anni `e difficile osservare miglioramenti sorprendenti, in quanto tali persone
hanno probabilmente manifestato la malattia molto tempo prima. L’alimentazione
tra i digiuni, in questi casi, dovrebbe essere limitata. La dieta dovrebbe
essere composta maggiormente di frutta e verdura (preferibilmente cruda) fresca,
con noci o latte intero come fonti proteiche. Pane, cibi animali, sale, condimenti,
caff`e, t`e, cacao, e bevande simili dovrebbero essere eliminati completamente.
Anche alcol e tabacco dovrebbero essere eliminati. Il sonno e il riposo sono
particolarmente importanti. I bagni di sole sono benefici, ma non prolungati al
punto da debilitare. `E mia abitudine consigliare a questi pazienti di fare una leggera
attivit`a fisica, movimenti di capacit`a piuttosto che di forza, quando sospendono
il digiuno.
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La nefrite
?Sua figlia ha ancora sei settimane di vita. Non c’`e niente altro che noi possiamo
fare?. Furono le parole di unmedico che, con altrimedici, aveva appena terminato
un consulto. Il fatto accadeva in un moderno ospedale.
La bambina di nove anni di cui si parlava, soffriva di nefrite. Era in ospedale
da due settimane ed era gonfia d’acqua dalla testa ai piedi (idropisia), uno sviluppo
caratteristico degli stadi avanzati di questa malattia. Secondo quello che i medici
avevano detto, la bambina non aveva speranze.
I genitori, tuttavia, non volevano abbandonare le speranze. La gente spesso
non accetta le sentenze di morte. La madre sugger`? di togliere la bambina dall’ospedale
e di portarla da qualche altra parte. ?Siete liberi di portare la bambina
dove volete. Noi non possiamo fare altro?.
La ragazza usc`? dall’ospedale, ma fu. impossibile trovare un altro medico che
si occupasse del caso.
Decisero allora di rivolgersi ad un’istituzione igienistica. Arrivati l`?, il padre
present`o il caso disperato di sua figlia, al direttore.
?Non posso prometterle niente – disse l’igienista – ma faremo del nostro meglio?.
Dopo essersi fatto raccontare nei dettagli il decorso ed i sintomi della
malattia, egli afferm`o: ?Le daremo la possibilit`a di ristabilirsi. Credo che possa
farcela?.
La bambina fu messa a letto e l’alimentazione fu sospesa. Le fu permesso
di bere acqua, anche se in piccole quantit`a. La stessa notte l’edema cominci`o a
diminuire. Fu eliminato attraverso l’urina e le feci piuttosto liquide, e dopo alcuni
giorni parte della sostanza solida contenuta fu espulsa attraverso delle eruzioni
cutanee. In breve tempo i polsi e le caviglie, che avevano raggiunte dimensioni
spaventose, tornarono normali. La bambina che prima appariva gonfia come un
pallone era tornata ad essere “pelle ed ossa”.
Dopo due settimane di digiuno fu ripresa l’alimentazione. All’inizio la piccola
fu alimentata con frutta e verdure fresche; amidi, zuccheri e proteine furono
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aggiunti in un secondo tempo. Da questo momento in poi i suoi progressi, anche
se lenti, furono soddisfacenti. Dopo nove mesi fu dimessa.
Trascorsi diversi anni la bambina, ormai donna e sposata, torn`o per una visita
nell’istituto igienistico: era in ottima salute. I suoi reni non avevano pi`u presentato
problemi; in verit`a, non era stata pi`u affetta da nessun genere di disturbo.
Si pu`o affermare che un recupero cos`? rappresenta la regola? No. La maggioranza
dei casi di nefrite o morbo di Bright, avviene in uomini e donne in
et`a avanzata dove il livello di deterioramento dei reni `e maggiore di quello presentato
dalla bambina; i recuperi, quando avvengono, sono molto lenti. Tuttavia,
questo caso rivela il fatto che la morte non sempre `e inevitabile. Rivela i magnifici
progressi che l’organismo pu`o compiere da solo quando gli viene data la possibilit`
a. La bambina non sub`? un “trattamento” per tornare in salute; ella comp`? un
recupero spontaneo senza l’aiuto di risorse terapeutiche.
Richard Bright, medico inglese divenuto famoso nella prima met`a del diciannovesimo
secolo, not`o che l’ultimo tipo di malattia comune a molti uomini consisteva
nella presenza di albumina nelle urine o nell’intossicazione uremica. Studi`o
le condizioni dei reni in questi casi e scopr`? che il loro stato di degenerazione era
la causa dei sintomi. Nonostante tale condizione venga tecnicamente chiamata
nefrite (infiammazione dei reni), per lungo tempo fu denominata morbo di Bright,
dall’uomo che la scopr`?.
Da un punto di vista pratico, non ci interessano molto i cambiamenti degenerativi
che sono avvenuti nei reni quando nella urina appaiono quantit`a di albumina
o di sangue, o quando si verifica la soppressione dell’urina. Se ci troviamo
di fronte ad un avvelenamento uremico, invece di preoccuparci dei cambiamenti
nei reni, il nostro pensiero va alle abitudini di vita del paziente. Un modo di vita
sbagliato pu`o avere provocato la degenerazione dei reni e di tanti altri organi.
Poche sono le malattie che spaventano il paziente tanto quanto il morbo di
Bright cronico. Non esistono, tuttavia,malattie croniche che migliorino altrettanto
rapidamente in conseguenza di un digiuno unito ad appropriate cure igienistiche.
I cambiamenti nelle abitudini di vita devono essere compiuti prima che i reni
abbiano raggiunto una condizione irreversibile.
La ragione della paura che circonda la nefrite `e che la causa della malattia non
pu`o essere rimossa.
La nefrite, o morbo di Bright, non si presenta in forma acuta n`e cronica in
quegli individui che vivono in maniera sana. `E la malattia di chi soffre di fegato.
Molti farmaci producono un’infiammazione nei reni e quelli che ne fanno largo
uso pagheranno per la loro stoltezza sviluppando una serie di cambiamenti renali
degenerativi che accorcer`a la durata delle loro vite.
`E
ben risaputo che avere dei reni in perfette condizioni `e cosa molto rara negli
adulti. Molte persone che muoiono di altre malattie sono state portate in queste
condizioni dallo stato danneggiato dei reni.
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Il digiuno in queste condizioni, non deve necessariamente essere di lunga durata.
Dieci giorni, due settimane o al massimo tre, sono in genere sufficienti.
Con il digiuno la condizione dei reni migliora rapidamente. L’albumina sparisce
dall’urina e cos`? le tracce di sangue. I sintomi dell’intossicazione uremica (mal
di testa, vertigini, minzione frequente e copiosa, emissione di urina a letto, urina
soppressa o insufficiente) cessano in breve tempo. L’urina torna ad essere normale
nel colore e nell’odore ed anche l’emissione ritorna normale. La rigenerazione dei
reni dopo l’interruzione del digiuno sar`a pi`u completa e pi`u rapida se si adotter`a
una dieta leggera composta di frutta e verdura fresca e di piccole quantit`a di cibi
poco pi`u pesanti.
Aglio, cipolle, cipolline, senape, ravanelli ed altri alimenti simili contenenti
olio di senape, che irrita i reni, dovrebbero essere esclusi dalla dieta. Carne,
estratti di carne, bevande alcoliche, t`e, caff`e e cioccolato non sono indicati per chi
possiede reni danneggiati. Bere acqua in quantit`a eccessive non serve a niente.
Date ai reni la possibilit`a di guarire da soli e non sarete delusi.
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Capitolo 34
I calcoli biliari
La colelitiasi `e il termine applicato alla formazione di calcoli nella bile, nella
vescica e nel dotto biliare. Questi derivano parzialmente o interamente dagli elementi
che costituiscono la bile, tra cui il principale `e il colesterolo che precipita
in forma cristallina e si unisce al muco condensato.
Nonostante i calcoli siano fonte di molti disturbi e nel loro passaggio causino
molti dolori, spesso la loro presenza viene ignorata e l’uomo pu`o vivere, o morire
di un’altra malattia, senza neanche sapere di averli. A volte vengono scoperti
durante le autopsie.
Alcuni uomini presentano la cosiddetta diatesi lietica, cio`e la tendenza a formare
accumuli nella forma di calcoli ai reni, alla vescica o alla bile. I calcoli
possono formarsi in ogni parte del corpo: nel pancreas, nei muscoli, nelle palpebre
degli occhi, nelle valvole del cuore, intorno al cuore, nelle arterie. I calcoli
biliari sembrano formarsi pi`u facilmente nei soggetti obesi rispetto a quelli magri,
forse perch`e i soggetti obesi eccedono maggiormente nell’alimentazione.
La colica epatica `e costituita da forti dolori nell’addome, nella regione del
fegato o della cistifellea occasionati dal passaggio di un calcolo. I calcoli possono
essere piccoli abbastanza da riuscire a passare attraverso il dotto biliare, nel
qual caso vengono espulsi senza che il paziente se ne accorga, o possono essere
grandi al punto da non riuscire a passare nel dotto biliare. I calcoli di dimensioni
intermedie passano con difficolt`a e causano forti dolori che si manifestano
immediatamente, non appena il calcolo inizia a passare dalla cistifellea al dotto
cistico. Questi dolori di carattere agonizzante, vengono trasmessi in varie parti
dell’addome e del petto, e spesso vengono avvertiti anche nella spalla destra.
L’ostruzione di un dotto da parte di un calcolo pu`o anche causare sintomi
minori. La stessa malattia della cistifellea pu`o essere causata dalla presenza di
calcoli. Se il dotto viene ostruito da un calcolo appare itterizia, parossismi di
dolore, con febbre e brividi periodici. Tale condizione pu`o durare per mesi o
anni. Antidolorifici ed operazioni chirurgiche sono i modi pi`u comuni per trattare
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questa condizione, ma non rimuovono le cause. Rimuovere un calcolo alla bile ed
affermare che il paziente `e guarito significa affermare che il calcolo `e una causa.
Il fatto di non rimuovere le cause porta alla formazione di altri calcoli. Purtroppo
si sostiene di non conoscere la causa dei calcoli biliari, cos`? l’operazione
lascia il paziente ancora malato.
Qual’`e il problema delle persone che manifestano le calcolosi biliari? Esse
presentano uno stato generale di infiammazione ed irritazione del tratto digestivo,
comprese la cistifellea e il fegato, che danneggia la digestione. Sono
debilitate e tossiemiche. La bile non appare di costituzione normale e questo
permette la precipitazione dei suoi contenuti minerali. Si sviluppa un danno funzionale
nel fegato. Questo persiste fino a che si manifesta un’alterazione della
secrezione normale (bile) sufficiente a non far trattenere gli elementi minerali, ma
a farli precipitare con conseguente formazione di calcoli. I calcoli biliari e renali
sono fondamentalmente uguali. I sintomi variano secondo l’organo colpito. Gli
organi conferiscono individualit`a ai sintomi. L’alimentazione sbagliata, l’eccesso
di carboidrati, la mancanza di esercizio sono le cause principali che portano all’irritazione
gastrointestinale e biliare oltre che alla formazione di calcoli. Questi
non si presentano negli individui sani, ma in quelli con una salute danneggiata da
anni di abitudini malsane. Nessuno presenterebbe calcoli biliari se le abitudini di
vita fossero sempre sane.
C’`e solo un modo per tornare in salute, quello di rimuovere tutte le cause della
malattia e di riportare il fegato in buona salute; fatto questo la bile distrugger`a i
calcoli. La cura pi`u adatta `e quella di mettersi a letto e riposare, tenendo i piedi al
caldo e astenendosi dal mangiare fino al naturale ripresentarsi degli stimoli della
fame.
Quando si riprende ad alimentarsi, la dieta dovrebbe essere a base di frutta e
verdura fresche per una o due settimane. Ricominciando ad alimentarsi normalmente,
le combinazioni tra i cibi dovrebbero essere appropriate. Mangiare
amidi e proteine insieme provoca irritazione gastro-intestinale.
Non credo sia necessario operare la calcolosi biliare. Non si ristabilisce una
nutrizione normale solo rimuovendo un effetto del danno nutritivo. L’esercito di
soggetti ancora malati in seguito ad operazioni `e la testimonianza del fatto che la
chirurgia non pu`o fare ritrovare la salute. Si rimuovono troppi organi quando
questi potrebbero essere salvati depurandoli per mezzo del digiuno.
Invece di purificare chirurgicamente la cistifellea, il digiuno pu`o farlo lasciandola
intatta.
Il paziente non ritrova la salute quando i suoi calcoli biliari sono stati rimossi.
L’individuo intelligente sa di essere ancora malato e che molti dei vecchi sintomi,
aggiunti a qualcun’altro nuovo, si ripresenteranno presto. Lo scopo di curare
appropriatamente chi soffre di calcoli alla bile `e quello di ristabilire la funzione
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del fegato per permettere alla chimica della bile di tornare normale e di cessare la
precipitazione dei minerali, evitando la formazione di calcoli.
In poche settimane una bile normale distrugger`a i calcoli gi`a esistenti;
mentre i residui passeranno nell’intestino e verranno espulsi. Poich`e il fegato
non pu`o raggiungere una condizione ottimale a meno che l’intero organismo torni
normale, un trattamento inteso solo alla sua guarigione, non porter`a risultati. `E
necessario una purificazione generale relativa all’organismo.
Il modo migliore per concludere questo capitolo `e di riportare le parole di
Geo. S. Weger, medico, esperto di calcolosi biliari sia come medico che come
Igienista: ?Con assistenza adeguata la chimica del corpo pu`o disintegrare i calcoli
senza troppo dolore. Abbiamo trattato molti casi e raramente siamo dovuti
ricorrere agli interventi chirurgici. Con il digiuno questa disintegrazione avviene
molto rapidamente. I pazienti che hanno subito trattamenti precedenti,
dall’ottavo al decimo giorno di digiuno spesso presentano delle coliche epatiche.
In tali pazienti non si `e mai sospettata la presenza di calcoli alla bile. Questo
vale anche per i calcoli ai reni. Nessun trattamento, negli attacchi frequenti,
`e migliore di una dieta a base di frutta fresca, insalate verdi e verdure cotte
non contenenti amidi. I pazienti che seguiranno diete simili e che praticheranno
dell’esercizio fisico non presenteranno sintomi. In molti casi, se il calcolo biliare
ha le dimensioni di un’oliva, esso si ammorbidir`a e verr`a eliminato senza il bisogno
di un intervento chirurgico. Le eccezioni sono costituite da quelle persone
che appaiono talmente debilitate da non possedere le energie per permettere alla
natura di ristabilire il suo equilibrio?.
?Il medico deve essere molto attento nel determinare il decorso appropriato
di un caso. Il processo di recupero pu`o apparire lento ma `e stupendamente rapido
se paragonato al tempo necessario per la formazione dei calcoli. Anche se molti
casi possono migliorare e guarire con il digiuno e le diete adeguate, bisogna ricordare
che l’atrofia e la malattia della cistifellea sono il risultato di processi di
lunga durata. Senza dover ricorrere a rimedi artificiali la percentuale dei nostri
miglioramenti appare molto elevata. Bisogna ricordare che l’intervento chirurgico
non rimuove le cause dei calcoli e non previene il loro riformarsi. Pertanto una
giusta dieta ed altre misure igienistiche sono necessarie tanto dopo un’operazione
quanto prima?.
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Il tumore alla mammella
Una bellissima donna, dalla figura perfetta, appena sposata, da circa quattro mesi
si preoccupava di un ingrossamento alla mammella sinistra: una protuberanza
grossa quasi quanto una palla da biliardo. Per paura non aveva consultato un
medico.
Era il 1927, l’anno in cui negli Stati Uniti, per la prima volta, si dedic`o una settimana
ai problemi del cancro. Sui giornali di New York ogni giorno apparivano
articoli sul cancro, i medici consigliavano alla gente di farsi controllare. Protuberanze,
grumi, noduli, perdite di sangue e calo di peso erano i sintomi indicativi
della presenza di un cancro. La propaganda si proponeva di spaventare l’opinione
pubblica.
La donna, che abitava a White Plans, New York, era terrorizzata. Consult`o
un medico e questi le disse che aveva un cancro e che il seno doveva essere rimosso
immediatamente. La donna non voleva apparire sfigurata, quindi, consult`o
un altro medico, ma ebbe la stessa diagnosi con l’identica urgenza dell’intervento
chirurgico. Un terzo medico conferm`o le diagnosi precedenti. Anche per il
quarto medico consultato, la risposta fu la stessa: Il seno deve essere rimosso
immediatamente.
Ma esisteva un giornale a New York che non terrorizzava le persone, era
il New York Evening Graphic, spesso contestato per molte ragioni. Io scivevo
degli articoli per questo giornale che si rifiutava di alimentare il clima di terrore.
Dedicai una colonna alla propaganda sul cancro sottolineando il fatto che molte
persone che non presentavano questamalattia venivano lo stesso consigliate a farsi
operare. Il programma della paura era per me un crimine contro il benessere e
la salute del pubblico.
La donna lesse il mio articolo e prese un appuntamento con me. Alle otto di
un venerd`? pomeriggio era nel mio studio. Le esaminai il seno, scoprendo che
non si trattava di cancro ma dell’ingrossamento di una ghiandola. Le consigliai
di digiunare ed ella segu`? il mio consiglio. Le dissi di ritornare da me il luned`?
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successivo. Quando torn`o era felice, sorrideva, la invitai a sedersi e a raccontarmi
che cosa era successo nel frattempo.
La storia era semplice, ne ho sentite altre simili durante gli anni della mia
professione: ?Quando mi sono svegliata questa mattina, non ho avvertito il dolore
alla mammella. Per tutto il giorno il dolore `e stato assente. Nel pomeriggio,
verso le cinque, prima di farmi un bagno ho detto a mia sorella: vorrei palpare
la mammella per sentire se c’`e ancora il nodulo, ma ho paura. . . Mia sorella mi
ha detto di non fare la bambina e di affrontare la realt`a. Con la palpazione ho
scoperto che il nodulo era scomparso?.
Ascoltai la storia molto attentamente, poi le esaminai il seno e non trovai traccia
della protuberanza. La donna continu`o le mie cure per ancora due settimane.
Occasionalmente, nei tredici anni successivi a questo episodio, ho avuto contatti
con questa donna: i noduli non si sono mai pi`u manifestati. Molti sono stati
i casi simili da me curati. Il caso che ho appena esposto riguardava uno di quei
“tumori” che possono scomparire in tre giorni.
Ho assistito a molti recuperi in una settimana o due. A volte il tempo `e pi`u
lungo: tre o sei settimane. Sono sicuro che molti sono i casi di cancro che vengono
operati per la rimozione del nodulo o per la rimozione della mammella. Ho visto
persone riconoscere la differenza tra cancro e diagnosi di cancro .
Non ho mai visto per`o, un caso di cancro sicuro tornare in salute, a prescindere
dalla cura impiegata. `E mia convinzione che il cancro sia una patologia
irreversibile e che l’unico rimedio sia la prevenzione. Sono sicuro che pu`o essere
prevenuto e questo avviene con sane abitudini di vita.
Voglio sottolineare che le quattro diagnosi fatte alla donna del caso precedente,
furono tutte senza biopsia, cio`e senza l’esame istologico del tessuto. I medici
suggerirono l’operazione solo in base ad un sospetto.
La biopsia `e lungi dall’essere infallibile, spesso indica il cancro dove questo
non esiste, ma `e senz’altro pi`u accurata della semplice palpazione. La diagnosi
di quei medici si basava solo su un sospetto, o forse non volevano andare contro la
propaganda. Comunque, furono tutti d’accordo nell’affermare che la donna aveva
il tumore alla mammella e che l’intervento chirurgico appariva necessario.
Fortunatamente per le donne, non tutti i noduli al seno sono tumori. La
maggioranza di questi scompare correggendo le abitudini di vita. Nello stesso
modo in cui il digiuno favorisce l’utilizzazione degli eccessi di grasso, esso permette
l’eliminazione, per mezzo dell’autolisi, dei tumori (neoplasmi) ed impiega
gli elementi nutritivi in essi contenuti per nutrire i tessuti principali.
Nello stesso modo vengono assorbiti i rigonfiamenti edematici, i depositi e
le infiltrazioni; le porzioni inutili vengono eliminate. Per poter comprendere ci`o,
il lettore deve sapere che i tumori sono composti dello stesso tipo di tessuto che
forma le altre parti del corpo. I tumori vengono classificati secondo la loro composizione:
un tumore grasso `e un lipoma, uno muscolare `e un mioma, uno nervoso
`e un neuroma, uno osseo `e un osteoma, l’epitelioma `e composto di tessuto epiteliale,
il fibroma `e composto di tessuto fibroso, ecc. Per questo motivo, quando
i tumori vengono eliminati, i tessuti che li compongono forniscono un materiale
nutritivo.
Ad una donna fu diagnosticato un tumore fibroide nell’utero della grandezza
di un limone. L’operazione era indispensabile. Significava la rimozione dell’utero
e forse anche delle ovaie.
Questo non ristabilisce la salute, la donna rimarrebbe malata poich´e la chirurgia
non rimuove le cause e non esclude una successiva ricomparsa del tumore;
inoltre le si arrecherebbero enormi danni psicologici, perch`e asportare le ovaie `e
come asportare il cervello.
La paziente rifiut`o di farsi operare e ricorse al digiuno: in breve tempo il
tumore fu riassorbito.
Un caso che mi stava particolarmente a cuore era quello di una donna che presentava
un fibroma uterino della grandezza di un pompelmo. In ventotto ore provocammo
il riassorbimento completo del tumore. Fu un tempo di assorbimento
incredibilmente veloce; mai pi`u ne ho rivisto uno uguale.
Con il digiuno ho osservato tumori alla mammella, all’utero, all’addome,
riassorbirsi, rapidamente o lentamente. Un uomo a cui era stato diagnosticato,
con l’esame istologico, un gigantesco sarcoma cellulare nella parte inferiore destra
dell’addome, in sette giorni di digiuno lo elimin`o completamente. Non aveva un
cancro, ma una diagnosi.
Per ragioni sconosciute, alcuni tumori non vengono influenzati dal digiuno
mentre altri s`?. Sono riuscito a salvare centinaia di donne dalle operazioni al seno
e all’utero.
La persona che riesce a comprendere come con il digiuno sia possibile calare
di peso, non dovrebbe avere difficolt`a nel comprendere come il corpo possa
liberarsi da solo, degli accumuli di materiale strutturale durante un’astinenza da
cibo.
Nello stesso modo in cui il grasso pu`o essere eliminato per autolisi, ed utilizzato
per nutrire i tessuti principali in assenza di alimentazione, anche altri tessuti
possono essere impiegati allo stesso scopo. Tessuti muscolari, ghiandolari o di
altro genere possono fornire il nutrimento a quelli pi`u importanti, cio`e a quelli che
devono svolgere le funzioni pi`u essenziali.
Nella stessa maniera, i tessuti che formano un tumore (neoplasma) vengono
digeriti ed assorbiti, le parti utilizzabili vengono impiegate per nutrire i tessuti
essenziali, e le parti inutili vengono eliminate dall’organismo.
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Conclusione
Quello che ho voluto affermare in questo libro `e che l’organismo possiede la capacit`
a di auto-guarire, se gli viene offerta la possibilit`a di farlo. Il digiuno `e un
modo per purificare il fisico e per riposare gli organi, spesso sovraffollati dalle
nostre abitudini di vita, in particolare quelle alimentari.
Ho affermato che `e saggio digiunare, riposare, vivere in tranquillit`a, stabilire
abitudini di vita sane; che `e saggio riconoscere gli effetti tossici provocati da
eccessi alimentari, stress emotivi, abusi alcolici; che `e saggio, quindi, evitare i veleni
che troppi di noi abitualmente immettono nel proprio organismo, nella propria
mente.
Questo libro non contiene principi medici e neanche sostiene che il digiuno
sia una cura. Il digiuno `e solo un modo di riposare il corpo, questo complesso e
tremendo organismo, e di dare ad esso l’opportunit`a di compiere da solo il ritorno
alla salute, senza stress o interruzioni, nella calma e nella pace pi`u assoluta.
– 171 –
Come dovremmo vivere?
Herbert M. Shelton pose questa domanda nella sua grandiosa opera “La vita
umana: sue filosofie e leggi” (1928). Quanto segue `e tratto dalla sua risposta.
1. Coltiva equilibrio e coraggio.
Non sforzarti di vedere il mondo attraverso una lente rosa. . . impara, invece
a prendere gioia e dolore, fortuna e sfortuna con la stessa identica calma ed
equilibrio.
2. Esercitati quotidianamente.
Esercitati giornalmente all’aria aperta ed al sole e quanto piu spesso `e possibile
sottoforma di gioco.
3. Assicurati molto riposo e sonno ogni giorno. Impara ad andare a letto presto
la sera.
4. Mantieniti pulito.
Ci`o vale sia per il corpo che per la mente.
5. Respira aria pura.
Tieni aperte le tue finestre e vai fuori piu spesso che puoi.
6. Assicurati quanto piu sole ti `e possibile.
Il tuo corpo nudo o tanto quanto te lo permettono le circostanze, dovrebbe
essere esposto ai diretti raggi dei sole nel mattino o nel tardo pomeriggio
quando non fa eccessivamente caldo.
7. Mangia moderatamente cibi sani.
8. Sii moderato nel vestirti.
Meno vestiti uno indossa, piu sano sara.
9. Creati un interesse nella vita.
Un vita senza interessi porta ad una morte prematura.
10. Creati una casa.
11. Evita tutte le cattive abitudini.
12. Evita tutti gli eccessi sessuali.
13. Evita ogni genere di eccesso.
Costruisci la tua vita sulla preservazione dell’energia, non sulla sua dissipazione.
Non sprecare le tue forze in cose inutili e senza scopo.
14. Non diventare unilaterale nel tuo modo di vivere.
?Non puoi assolutamente diventare forte o rimanere tale solo attraverso l’esercizio,
la dieta, il riposo o il sonno. L’aria pura ed il sole di per s`e non sono sufficienti.
Non pensare che solo attraverso una respirazione corretta puoi raggiungere
il massimo. Tutte queste cose sono buone, ma la vita lo `e piu dell’esercizio, del
cibo o del bere; pi`u del pensiero, del riposo o del sonno. Essa `e tutto questo e
anche piu. La vita deve essere vissuta nella sua integrita?.
?Non pensare che tu sia un’eccezione alle leggi della vita. Non esistono
eccezioni!?
– Herbert M. Shelton –
http://risveglio.myblog.it/wp-content/uploads/sites/245753/2014/07/Herbert-M.-Shelton-Il-digiuno-pu%C3%B2-salvarvi-la-vita.pdf
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