Il secondo cervello o cervello “femminile”
Recenti studi hanno scoperto l’esistenza di un secondo cervello oltre quello cefalico, localizzato nelle pareti dell’intestino.
Non ci siamo mai accorti dell’esistenza del cervello intestinale, solo perché la coscienza si pensa risieda nella testa,
ma molte decisioni spesso sono prese dalla pancia o, meglio, dai centri nervosi lì appena scoperti.
In tutte le culture, nei modi di dire, nel senso comune, la pancia è tradizionalmente la sede principale dei sentimenti e delle emozioni.
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Per gli scienziati, essa conteneva un semplice tubo, governato da riflessi,
finché a qualcuno non è venuto in mente di contare le fibre nervose dell’intestino ed ha così scoperto l’esistenza del cervello intestinale, quasi una copia di quello della testa.
Entrambi producono sostanze psicoattive, che influenzano gli stati d’animo.
Il cervello intestinale lavora in modo autonomo e invia più segnali al cervello di quanti non ne riceva da esso!!!!!!!.
Aiuta a fissare ricordi legati alle emozioni, può ammalarsi, soffrire di stress e sviluppare proprie nevrosi, prova sensazioni, pensa, ricorda.
Che bisogno c’era di due cervelli?
Nella scatola cranica tutto non ci stava, per far passare i collegamenti col resto del corpo il collo avrebbe dovuto avere un diametro molto grosso.
E poi, appena dopo la nascita, il neonato deve mangiare, bere, digerire: meglio che queste funzioni siano autonome.
Durante la formazione dell’embrione, quindi, una parte delle cellule nervose viene inglobata nella testa, un’altra nell’addome.
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I collegamenti tra i due sono tenuti dal midollo spinale e dal nervo vago.
Al secondo cervello sono associate «le decisioni viscerali», spontanee e inconsapevoli:
hanno un ruolo importante la gioia e il dolore.
Per studiare la mente intestinale è nata una nuova scienza: la neurogastro-enterologia, le cui basi furono gettate, a metà dell’800, da Leopold Auerbach, un neurologo tedesco.
Quella che per noi è solo una bistecca, per l’intestino è una realtà fatta di milioni di sostanze chimiche da analizzare, per decidere se si tratta di elementi da assorbire, di un veleno o di un microrganismo da tenere a distanza.
E cosi’ per le informazioni che l’ambiente circostante costantemente ci invia
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