Sheldrake ha proposto e sviluppato la sua idea di campo morfogenetico nei suoi libri L’ipotesi della causalità formativa e In The Presence of the Past .
La sua teoria si focalizza su tre punti chiave che costituiscono i Principi base della causalità formativa:
1. I campi morfogenetici sono un nuovo tipo di campo che fin qui non è stato riconosciuto dalla fisica.
2.Così come gli organismi alla cui formazione presiedono, essi stessi si evolvono. Hanno una storia e, grazie a un processo – la risonanza morfica – contengono in sé una memoria.
3. Fanno parte di una famiglia più vasta di campi, detti campi morfici.
Sheldrake suppone che gli organismi autoadattanti, a tuti i livelli di complessità, sono un tutto dipendente da uno specifico campo organizzatore di quel sistema, che è il suo campo morfico. Questo tutto è composto di parti, le quali sono a loro volta un tutto a livello più basso (causalità verso il basso). A ciascun livello, il campo morfico dà a ciascun tutto le proprie caratteristiche e fa sì che esso ammonti a più della somma delle proprie parti.
Connessioni con la fisica quantistica
Sheldrake formula l’ipotesi che la non localizzazione – uno dei principi fondamentali della fisica quantistica – sia essenziale ai campi morfici, in quanto come le parti di un sistema quantico mantengono la loro connessione se sono stati collegati in passato e rimangono sempre unite – con una connessione immediata -da un campo quantico; analogamente avviene per un campo morfico.
L’autore ritiene che quando le parti di un sistema sociale vengono separate queste mantengono un collegamento analogo alla non localizzazione riscontrata nella fisica quantistica.
Sheldrake ritiene possibile una reinterpretazione dei campi morfici alla luce della fisica quantistica, la cui applicazione si estenderebbe fino a coprire l’organizzazione biologica e sociale.
Come sostiene lo stesso Sheldrake, riferendo di una discussione con David Bohm, egli ritiene che la sua teoria è molto simile a quella di Bohm. “C’è una grande similitudine tra l’idea di campo morfico e la teoria dell’‘ordine implicato’ di Bohm, l’ordine ‘avviluppato’ dentro quello ‘esplicato’ cioè svelato, di cui facciamo esperienza. La teoria di Bohm che si fonda sulla non separabilità dei sistemi quantistici, si rivelò straordinariamente affine alle mie proposte”.
I Campi Morfici
I campi morfici sono regioni d’influenza all’interno dello spazio-tempo, localizzati dentro e intorno ai sistemi che organizzano. Essi limitano ovvero impongono un ordine all’indeterminismo intrinseco dei sistemi che presiedono.
I campi che presiedono allo sviluppo e al mantenimento della forma corporea si chiamano morfogenetici.
Quelli che si occupano della percezione, del comportamento e dell’attività mentale si chiamano campi percettivi, comportamentali e mentali.
In mineralogia sono definiti cristallini e molecolari.
In sociologia sono detti sociali e culturali. Comprendono in sé, e connettono, le varie parti del sistema che sono preposti ad organizzare.
Così un campo cristallino organizza i modi secondo cui le molecole e atomi si ordinano all’interno di un cristallo.
Il campo di un animale plasma le cellule e i tessuti all’interno di un embrione, ne guida lo sviluppo fino a che esso assuma la caratteristica forma della sua specie.
Un campo sociale organizza e coordina il comportamento degli individui che lo compongono, per esempio il modo in cui ciascun uccello vola all’interno del suo stormo.
Il campo morfico conduce i sistemi a esso sottoposti verso mete o obiettivi specifici (Attrattori).
Per Sheldrake il campo stesso si evolve.
Esso non è fissato una volta per tutte.
La sua struttura dipende da ciò che è accaduto in precedenza. Contiene una sorta di memoria.
Attraverso la ripetizione, i modelli che organizza divengono sempre più probabili, sempre più abituali.
Secondo Sheldrake, il primo campo di un dato tipo, per esempio il campo del primo cristallo d’insulina, o quello di una nuova idea, diciamo la teoria di Darwin sull’evoluzione, comincia a esistere grazie a un salto creativo la cui fonte evolutiva ci è sconosciuta.
Forse si tratta del caso.
Forse si tratta dell’espressione di una creatività intrinseca alla mente e alla natura.
Una volta che questo nuovo campo, questo nuovo modello di organizzazione, ha cominciato a esistere, esso si rafforza attraverso la ripetizione.
E’ sempre più probabile che il modello si riproponga.
I campi divengono una sorta di memoria cumulativa, evolvendosi nel tempo, e sono alla base della formazione delle abitudini.
Il veicolo attraverso il quale le informazioni vengono trasmesse da un sistema ad un altro viene definito risonanza morfica.
Essa contiene in sé la possibilità che un’entità influisca su di un’altra simile, che modelli di attività influiscano su altri modelli di attività successivi e analoghi.
Questi influssi passano attraverso, e dentro, lo spazio tempo. Quanto maggiore è la somiglianza tanto più potente è la risonanza morfica.
La risonanza morfica è il fondamento di tutta la memoria intrinseca ai campi, a tutti i livelli di complessità.
Qualsiasi sistema morfico, poniamo l’embrione della giraffa, si sintonizza sui sistemi precedenti e simili, in questo caso le giraffe precedentemente sviluppate.
Parlando dell’uomo, questo tipo di memoria collettiva è strettamente affine a quello che lo psicologo C.G. Jung chiamava ‘l’inconscio collettivo’.
La teoria di Sheldrake sostiene che la risonanza morfica si manifesta nella fisica, nella chimica, nella biologia, nella psicologia, e nelle scienze sociali.
Sistemi di antica formazione come gli atomi di idrogeno, i cristalli salini e le molecole di emoglobina sono governati da campi morfici talmente potenti, da abitudini talmente radicate, che è difficile osservarvi il più piccolo cambiamento.
Le ipotesi sui campi morfici formulate da Sheldrake:
1.Sono un tutt’uno autoadattante.
2.Hanno una posizione sia spaziale che temporale e organizzano la trama spazio-temporale dell’attività ritmica o vibratoria.
3.Hanno il potere di attirare i sistemi ai quali presiedono verso forme e attività determinate, alla cui nascita soprintendono e di cui custodiscono l’integrità. Gli obiettivi verso i quali i campi morfici attirano i sistemi ad essi sottoposti sono chiamati attrattori.
4.Mettono in relazione e coordinano le unità morfiche (oloni) al loro interno, le quali a loro volta sono organizzate dai campi morfici. I campi morfici a loro volta contengono in sé altri campi morfici secondo una gerarchia di insiemi a catena, detta olarchia.
5.Sono strutture probabilistiche e la loro attività di organizzazione è probabilistica.
6. Contengono una memoria intrinseca fornita dall’autorisonanza con il passato dell’unità morfica medesima e dalla risonanza morfica con tutti i sistemi precedenti e analoghi. Questa memoria è cumulativa.
Quanto più frequentemente un determinato modello di attività viene ripetuto tanto più abituale diviene.
I Campi Morfogenetici
Sono i campi morfici che presiedono allo sviluppo e al mantenimento della forma corporea. Essi sono quindi un particolare tipo di campi morfici.
L’idea di campo morfogenetico è emersa soprattutto in biologia.
Fin dagli anni ’20 del secolo scorso diversi biologi hanno ipotizzato che un organismo in via di sviluppo venga modellato da un campo, detto appunto morfogenetico (perché genera la forma).
L’idea di campo è quella di una regione di influenza autoadattante, analoga ai campi magnetici e ad altri campi esistenti in natura.
di E. Cogliani
Liberamente tratto dal sito:
http://www.celestiniancenter.com/SHELDRAKE.html Consultate direttamente la home page di R. Shaldrake:
http://www.sheldrake.org/ mailto:pam@telepet.demon.co.uk
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