Questa storia zen narra di un Maestro, Kyodo, e del suo discepolo Kisho.
Questi riteneva di aver completato il suo apprendistato presso il suo Maestro e di esser quindi pronto a diventare egli stesso Maestro. Aveva la convinzione, il giovane, che per assurgere allo stato di maestro dovesse, in qualche modo, “liberarsi il posto” e così, pazientemente aspettava la morte di Kyodo.
Ma Kyodo godeva di ottima salute, i suoi sensi erano vigili più che mai, come fra poco constateremo, e di lasciare il corpo…proprio non sembrava avere nessuna intenzione.
Ma la brama di potere, si sa, non va a braccetto con la pazienza e così, dopo una lunga ed inutile attesa Kisho pensa di porre lui stesso rimedio e decide di far accadere quel che l’Esistenza non vuol far manifestare.
Un giorno, mentre si esercitavano nel tiro con l’arco in un campo, Kisho punta una freccia verso il suo Maestro…e la scocca! Con tempismo perfetto anche il Maestro fa la stessa cosa, puntando non già verso l’allievo ma verso la freccia, e la sua freccia colpisce in volo quella di Kisho e la spezza.
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Non pago dell’esperienza, l’allievo tenta per ben nove volte di colpire il Maestro, fino quasi a vuotare la sua faretra…interessante ricorso al numero nove, numero del completamento e della fine di un ciclo…a dimostrazione che l’Esistenza è molto generosa nell’offrire segnali e chiavi di lettura a molti e differenti livelli.
Il Maestro è rimasto senza frecce, l’allievo ne ha ancora una, che non esita a scagliare, di nuovo, verso Kyodo…il quale la spezza, esattamente come ha fatto con le altre, utilizzando stavolta una lancia.
Attraverso questa storia possiamo riflettere, mi pare, sull’atteggiamento educativo di tanti (ancora troppi!) adulti che prediligono “la legge del pescecane”, ovvero incitano i bambini a crescere mettendoli e invitandoli a mettersi essi stessi in competizione fra di loro. I “posti di potere” sono limitati e per arrivarci bisogna esser capaci e disponibili e sgomitare, andar avanti a testa bassa senza guardare niente e soprattutto “fare in fretta”! Molti di noi sono permeati di questa ossessione: fare in fretta, non arrivare in ritardo! Sempre più sono i genitori che iscrivono i figli a scuola con un anno d’anticipo, benedicendo l’Esistenza che il pargolo sia nato entro il mese di aprile così può andare a scuola a cinque anni! La corsa verso…già verso dove? …inizia in realtà assai presto!
L’allievo della storia ci mostra di non essere affatto pronto a diventare maestro (e qui la lettera minuscola è scelta davvero con intenzione), perchè, se lo fosse, perchè mai non potrebbe diventarlo pur restando il suo Maestro in vita?
Forse che vogliamo sostituirci all’Esistenza quando acceleriamo per i nostri figli le tappe dievoluzione, credendoci capaci noi di comprendere quando certi passaggi vadano compiuti? Ma non sarà un tantinello presuntuosa, se non ridicola questa, pretesa? Non tocca certo a me dare risposte…io posso farlo unicamente per me, ma non posso esimermi dal riflettere, e chiedere a voi come “sentite” questo discorso.
E poi: è davvero necessario che tutti diventiamo Maestri? O è forse auspicabile, per i nostri bambini, che siano…felici?!
Siamo davvero certi che un mondo pieno di professionisti rampanti possa funzionare senza l’apporto di chi a questi professionisti cuce i vestiti, prepara il caffè al bar e taglia i capelli?
Siamo pronti a volere per i nostri bambini la “loro” e non la nostra felicità? Siamo pronti a vederli espandere, crescere, maturare, seguendo la “loro”, e non la nostra, leggenda personale?
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Siamo pronti a lasciare andare quelle granitiche forme pensiero secondo cui un certo “stato” (lavoro, tipo di casa, lignaggio) corrisponde ad una miglior realizzazione nella vita?
Pertanto, tornando e concludendo con la storia da cui siamo partiti, io vi dichiaro apertamente che sto dalla parte dell’Esistenza! Io mi fido del fatto che Essa abbia seguito tutti i progressi dell’allievo Kisho e che sappia quale sia il suo massimo bene. Io ho fede nel fatto che se e quando egli sarà pronto per diventar Maestro troverà il suo posto perchè il suo posto c’è sempre stato. Io credo che IL SUO MAESTRO il sia stato un grande Maestro, perchè spezzando le sue frecce e non dirigendone neppure una verso di lui (e tutti sappiamo che avrebbe potuto facilmente farlo) gli dimostra cos’è il vero Amore: comprensione, accettazione, per-dono.
E attendo, insieme a voi che con me siete in cammino, di sentir sempre più spesso pronunciare le parole io mi fido, io ho fede, io credo.
Marina luele
http://www.evoluzionefamiglia.it/fiabe-deterna-saggezza/grande-maestro-grande-discepolo
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