Le ossa non costituiscono soltanto l’indispensabile impalcatura, ad assetto variabile, del nostro corpo. Sono anche un prezioso serbatoio di sostanze che si integrano nei meccanismi di funzionamento, a riprova che un organismo vivente è un sistema complesso del quale non finiamo di scoprire le meraviglie.
Ricercatori della Columbia University di New York hanno scoperto una straordinaria funzione dell’osso. Esso produce osteocalcina, un ormone che influenza positivamente le capacità cognitive, tra cui la memoria, e contribuisce all’influenza materna sullo sviluppo cerebrale in utero.
OSTEOCALCINA – In uno studio sui topi, i ricercatori sono partiti dalla nozione che il cervello esercita una potente influenza negativa sulla massa ossea, il che implica che l’osso deve tentare di controbilanciare questa regolazione. Lo fa producendo l’osteocalcina, che nel cervello agisce in due modi distinti ma complementari. Essa attraversa la barriera ematoencefalica, si lega a neuroni di due zone del cervello (il mesoencefalo e l’ippocampo) e così facendo favorisce la sintesi della serotonina e delle catecolamine, frena la sintesi del neurotrasmettitore inibitore GABA e favorisce la neurogenesi adulta,vale a dire la proliferazione di nuovi neuroni anche in età adulta, un concetto negato fino agli anni Sessanta del secolo scorso. E’ quindi un aiuto alla rigenerazione del cervello. La seconda funzione dell’osteocalcina è quella di essere necessaria allo sviluppo di altre due parti del cervello: il corpo calloso e l’ippocampo, essenziale per la memoria.
VIA LA DEPRESSIONE – L’esperimento sui topi ha mostrato che i soggetti deprivati di osteolcalcina erano più ansiosi e depressi, e che non avevano affatto memoria. Con un’infusione di osteocalcina, che ha corretto completamente la sintesi dei neurotrasmettitori, sono scomparse l’ansietà e la depressione, e la memoria è stata in parte ritrovata. E si è visto chiaramente che l’osteocalcina ha una doppia funzione: pre e post-natale. Prima della nascita, è sintetizzata dalla madre e passa al feto, dando origine allo sviluppo di quelle parti del cervello che presiedono alla memoria. Dopo la nascita, agisce sulla sintesi dei neurotrasmettitori.
Che terapie possono derivare da queste scoperte? Secondo i ricercatori americani, l’osteocalcina potrebbe costituire la grande speranza per contrastare il deficit cognitivo degli anziani.
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Ma è presto per dirlo, e innanzitutto bisogna rispondere a una domanda: il deficit cognitivo è legato a una minore produzione di osteocalcina da parte della massa ossea, che con l’età va incontro a osteoporosi? Le ricerche continuano in questa direzione.
Antonella Cremonese
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