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La Tecnologia Riduce La Nostra Memoria
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La tecnologia riduce la nostra memoria

Internet. Social network. Smart p h o n e. Così il sovraccarico di informazioni intacca la capacità di ricordare. E l’intelligenza.

Scattare foto e postarle sui social davanti a un panorama mozzafiato. O commentare un film su Twitter mentre lo si guarda. Solo 10 anni fa non avremmo potuto fare tante cose tutte insieme. Ora è un’altra storia. Merito (o colpa?) della valanga di nuovi dispositivi tecnologici che abbiamo a disposizione. Gli stessi che – come effetto collaterale – stanno cambiando il nostro modo di memorizzare informazioni, imparare cose nuove e utilizzare le nostre capacità.

 

RIPERCUSSIONI SULL’INTELLIGENZA. Gli scienziati hanno dimostrato che far lavorare poco la memoria incide sul livello di funzionamento del cervello e sull’intelligenza in generale. «La memoria a lungo termine è il sistema di archiviazione della nostra mente», ha spiegato Nicholas Carr, autore di Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello. «Lasciare che fatti ed esperienze siano dimenticati vuol dire poi non riuscire a formare idee complesse che danno ricchezza al nostro pensiero».

 

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LA FRAGILITÀ DELLA MEMORIA A BREVE TERMINE. Nel suo libro Carr spiega che «mentre la nostra memoria a lungo termine ha una capacità pressoché illimitata, nella memoria a breve termine lo spazio è più limitato e il deposito è molto fragile. Una pausa nella nostra attenzione può spazzare i suoi contenuti dalla nostra mente». Ecco cinque modi in cui la tecnologia sta modificando la tua memoria.

 

1. Il sovraccarico di informazioni rende più difficile ricordare le cose

 

Anche utilizzare per pochi minuti internet può rendere difficile archiviare informazioni. La maggior parte di noi infatti non è in grado di gestire efficacemente il sovraccarico di dati e notizie da cui siamo bombardati. L’americano Tony Schwartz ha paragonato la memoria di lavoro, quella che contiene informazioni che vengono tenute in mente per uno scopo, a un bicchiere. «È come continuare ad aggiungere acqua, tutto quello che è già dentro viene spinto fuori. Perdiamo costantemente informazioni che arrivano e che sono continuamente sostituite e non c’è posto per mettere quelle appena giunte».

 

FATTI SENZA CONNESSIONE. Per Schwartz «si tratta di un’esperienza s uperficiale perché riusciamo a tenere qualciosa a mente solo per un momento. È dura metabolizzare e dare un senso alle informazioni perché ne arrivano troppe». Ecco allora che si finisce per sentirsi sopraffatti dalle informazioni. «Quello che hai è una quantità infinita di fatti senza un modo di collegarli in una storia significativa», ha spiegato Schwartz.

 

 

2. Internet sta diventando il disco esterno del nostro cervello

 

 

I ricercatori hanno scoperto che, con uno strumento digitale in grado di immagazzinare delle informazioni al posto nostro, noi siamo sempre meno propensi a utilizzare la nostra memoria. In un recente articolo la rivista Scientific American ha paragonato internet all’hard disk esterno del cervello spiegando che l’aspetto sociale del ricordo è stato sostituito da nuovi strumenti digitali.

 

 

 

IL PROCESSO SOCIALE TRADITO. «Ricordare è, storicamente, un processo sociale», si legge sulla rivista, «ricordiamo certe cose e le condividiamo con gli altri che, a loro volta fanno affidamento su altri per colmare le cose che abbiamo dimenticato. In una certa misura, deleghiamo compiti mentali come il ricordare ad altre persone del nostro gruppo sociale». Ora internet fa questo lavoro per noi: quando abbiamo bisogno di controllare qualcosa apriamo Google piuttosto che chiedere a un amico.

 

 

 

3. La memoria collettiva ‘svuota’ quella individuale

 

 

L’attenzione è la chiave per formare dei ricordi che durino nel tempo. Ma quando commentiamo su Twitter un film o scattiamo una foto non siamo più in grado di ricordare i dettagli della storia o del panorama. Condividendo con altri le nostre esperienze, costruiamo una memoria collettiva che però va a scapito della nostra.

 

 

CARENZA DI ATTENZIONE. «Il fatto che dimentichiamo le cose è un segno di quanto siamo occupati», ha detto Zaldy S. Tan, direttore della Clinica dei distrurbi della memoria del Beth Israel medical Center di New York. «Quando non stiamo prestando bene attenzione a quello che facciamo, i ricordi che formiamo non sono molto robusti e più tardi avremo il problema di recuperare le informazioni».

 

 

 

4. La conoscenza perde il suo valore personale

 

 

Quando ci affidiamo troppo alle tecnologie tendiamo a isolare parti delle informazioni che abbiamo senza collegarle a uno schema più ampio. «Spesso riduciamo la conoscenza in pezzi che non sono inquadrati in uno schema concettuale più ampio», è stata la spiegazione di John Edward Huth, professore di Fisica ad Harvard, «quando questo accade la conoscenza perde il suo valore personale».

 

 

 

I DETTAGLI PERDUTI. Ma abbiamo bisogno di una storia più grande per aiutare noi stessi ricordare i dettagli più piccoli. Abbiamo bisogno di un contesto più ampio per agganciare i dettagli nella nostra mente.

 

 

 

5. I ricordi dei nativi digitali degenerano rapidamente

 

 

 

Secondo una ricerca americana del 2013 i cosiddetti millennials, cioè coloro che sono nati tra gli Anni 80 e i primi Anni 2000 e ora hanno tra i 24 e i 35 anni, dimenticano più spesso che giorno è rispetto a chi ha 55 anni. Si va dal 15% dei giovani al 7% degli adulti. Se poi gli si chiede dove sono state nascoste le chiavi di casa si passa dal 14% dei millennials all’8% di chi è nato prima dell’era della comunicazione.

 

 

 

DALLO STRESS ALL’OBLIO. Secondo gli studiosi la perdita di memoria dei giovani è dovuta a stress, depressione e scarsa capacità di giudizio. «Questa è una popolazione che è cresciuta usando la tecnologia, ma essere multitasking comporta anche mancanza di sonno e tutto questo si traduce in elevati livelli di oblio».

 

 

Gioia Reffo

 

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