Siamo davvero ‘figli delle stelle’, come suggerisce una storica canzone di successo di Alan Sorrenti? In un certo senso sì, stando ai risultati di uno studio condotto da scienziati norvegesi: il destino degli uomini, la durata della loro vita, potrebbero essere davvero scritti negli astri.
In uno in particolare: il sole.
La sua attività al momento della nascita di un bebè, secondo gli esperti, sarebbe in grado di incidere sulla lunghezza dell’esistenza.
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E così i nati sotto il segno di un sole ‘calmo’ vivrebbero in media 5 anni in più degli sfortunati venuti alla luce durante un periodo di iperattività della stella più importante per la terra.
Una conclusione alla quale gli scienziati, che firmano uno studio pubblicato su ‘Proceedings of the Royal Society B’, sono approdati dopo aver analizzato circa 10 mila nascite avvenute in Norvegia tra il 1676 e il 1878 e relative morti.
Gli esperti ritengono che l’incremento delle radiazioni ultraviolette durante il picco di attività solare possa causare danni alle cellule e al Dna nei bebè in fase di sviluppo, con ripercussioni sulla durata delle loro vite.
Per esempio, recenti periodi di ‘massima attività’ del sole sono datati marzo 2000, luglio 1989, dicembre 1979, novembre 1968 e marzo 1958.
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Il sole è una palla vorticosa di plasma che produce un enorme campo magnetico e passa attraverso fasi di attività che durano circa 11 anni.
Durante i picchi, la sua superficie è sporcata da aree di intensa attività magnetica note come macchie solari.
In queste fasi le radiazioni ultraviolette aumentano drammaticamente, colpendo l’atmosfera della terra.
Secondo l’autore principale dello studio, Gine Skjærvø della Norwegian University of Science and Technology, dai dati della ricerca emergerebbe che “per le persone nate in anni di alta attività solare la probabilità di sopravvivere fino all’età adulta risulta minore rispetto ai nati negli anni con bassa attività solare”. Questo perché “la radiazione ultravioletta può sopprimere meccanismi molecolari e cellulari essenziali durante il primo sviluppo degli organismi viventi.
E variazioni dell’attività solare in questa fase potrebbero quindi influenzare la salute e la riproduzione”.
L’analisi, a detta degli esperti norvegesi, mostra che la durata della vita dei bambini nel corso di un massimo solare era 5,2 anni più breve.
Anche la fertilità si sarebbe ridotta per le persone di classi economiche basse e la mortalità infantile è invece risultata più alta.
Lo scienziato ipotizza che una maggiore luce ultravioletta possa ostacolare la produzione di folati (vitamina B), essenziale per lo sviluppo e con un ruolo importante per malattie cardiovascolari e cancro.
“I folati sono necessari per la sintesi del Dna e per il mantenimento dell’epigenoma e sono quindi essenziali per lo sviluppo di individui sani”, rileva il ricercatore. In base a questa teoria, questo momento potrebbe essere propizio per i bebè.
Sulla carta dovremmo trovarci in un periodo di massimo solare ma in realtà il sole starebbe vivendo uno dei suoi periodi più tranquilli della storia recente.
E, rassicurando chi ha nel suo destino un ‘sole iperattivo’, va precisato che la ricerca firmata dal team norvegese fa discutere e altri scienziati hanno espresso scetticismo sui risultati.
Per esempio c’è chi fa notare che ci sono prove di forti venti solari in grado di proteggere la terra quando l’attività solare è alta.
(AdnKronos Salute)
http://www.lasaluteinpillole.it/salute.asp?id=25900
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