Due occhi, due braccia, due gambe e due cervelli, uno pulsante in testa e l’altro attivissimo nella pancia: questo è l’essere umano secondo Michael Gershon.
Sentire con la pancia
C’è un secondo cervello
Nascosto tra le viscere
“E’ così Che si spiega lo stretto rapporto
Tra i disturbi psichiatrici e quelli digestivi”
La prova? Eccola: ci sono disturbi e malattie, come l’ansia, la depressione, l’ulcera, l’irritabilità intestinale e il Parkinson, che si manifestano tanto nel primo che nel secondo cervello, nella scatola cranica e nelle viscere, appunto. Sintomi e danni si riflettono l’uno nell’altro, come in un sconcertante gioco di specchi che non smette mai di mescolare anomalie psichiatriche e anomalie digestive. Il professore è una celebrità mondiale: responsabile del dipartimento di anatomia e biologia cellulare della Columbia University, a New York, è considerato uno dei padri di una specializzazione emergente, la neurogastroenterologia, e sta trasformando il modo di concepire l’uomo. In apparenza non sarebbe così: chi non conosce l’ “effetto farfalle” nello stomaco quando si deve affrontare un esame? Oppure le imbarazzanti fitte al ventre non appena lo stress sale di tono? In realtà, se i mistici (e tanta opinione corrente) hanno sempre sottolineato la rigida dualità mente-corpo, Gershon smentisce tutti, rivelando invece una bizzarria: il cervello 1 e il cervello 2 sono entità autonome e che tuttavia si parlano in continuazione. Due è meglio di uno. Un decennio dopo il vitatissimo saggio “The Second Brain” le sue ultime scoperte – raccontate in anteprima sul “New York Times” confermano che il sistema nervoso enterico non è la serie ottusa di gangli e fibre agli ordini del sistema nervoso centrale della vecchia tradizione medica, ma un network sofisticato in grado di elaborare processi intelligenti in modo autonomo (è sorprendente infatti, che i circuiti interstiziali continuino a funzionare anche se si recidono le connessioni con il cervello e il midolli spinale). Così, il cervello numero 2 gestisce da solo ogni aspetto della digestione, lungo il percorso dall’esofago allo stomaco, fino all’intestino e al colon, utilizzando gli stessi strumenti della mente “nobile”, vale a dire una rete di circuiti neuronali, di neurotrasmettitori e di proteine. L’evoluzione dimostra il suo acume: invece di costringere la testa a sforzi terribili, a colpi di milioni e milioni di cellule nervose, per riuscire a comunicare con una parte lontana dell’organismo, ha scelto di replicare uno specifico pacchetto di circuiti accanto alla zona da controllare. E, proprio come il primo, il secondo cervello, sostiene Gershon – è una vasta banca dati nella quale milioni di anni di esperimenti hanno immagazzinato tanti programmi comportamentali, pronti a scattare in base alle esigenze del momento, vale a dire a quelle digestive: che si tratti di un panino, di una cena completa, di un cibo inconsueto oppure, ancora, di una rigida dieta l’ “altra” mente sa sempre come reagire, attivando gli enzimi giusti e poi componendo le componenti nutritive per alimentare al meglio l’organismo. L’arma segreta dell’iperlavoro è un neurotrasmettitore ben noto ai non addetti ai lavori, la serotonina, famosa per i ruoli che gioca negli stati di benessere mentale e per essere il bersaglio degli antidepressivi di ultima generazione. A sorpresa si è scoperto che quasi tutta – il 95%- è concentrata nelle viscere, dove agisce con massima efficienza. Il processo digestivo, infatti, comincia solo quando una cellula specializzata (l’enterochromaffin) la irrora sulle pareti dell’intestino, il quale reagisce grazie a sette recettori e ordina alle cellule nervose di liberare gli enzimi e di farli circolare. Ma la serotonina è anche un messaggero (ed ecco spiegato l’interscambio tra cervelli) che tiene aggiornata la testa su quanto avviene nella pancia. Un’altra sorpresa è che le comunicazioni sono al 90% a senso unico. Il viaggio avviene quasi sempre dal basso verso l’alto e di frequente le notizie sono pessime. Avviene per esempio con la diffusa sindrome dell’intestino irritabile (ne soffre una persona su tre). Anche in questo caso, come nella depressione, uno dei motivi scatenanti è l’alterazione della qualità dell’onnipresente neurotrasmettitore. Troppa anziché insufficiente. Colpa della molecola che deve trasformarla, il “sert”: in molte persone non funziona come dovrebbe. Adesso – osserva Gershon- si aprono nuove possibilità terapeutiche, per psichiatri e gastroenterologi: comincia l’era degli antidepressivi speculari, mentali e digestivi?
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FONTE :
Gabriele Beccaria
http://www.asshomosapiens.org
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