Una delle esperienze tra le tante interessanti che mi sono (capitate?) nella vita, è stata sicuramente la vicinanza e la convivenza con gli animali.
Questi esseri sono in grado di impartirci semplici lezioni di vita che, talvolta, neanche i più grandi saggi sono stati in grado di fare.
Con gli animali non servono parole, né abiti costosi o stravaganti, men che meno “trucco e parrucco”, insomma, davanti a loro si è quel che si è.
Non reggono costruzioni, finzioni, vale solo l’energia.
Sì, gli animali sentono la nostra energia, positiva o negativa e si regolano di conseguenza.
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Sono animali che, a differenza di noi umani, hanno mantenuto forte l’ascolto della natura e il rispetto per l’ambiente in cui vivono.
Osservare un animale significa in qualche modo mettersi in contatto con le parti più inconsce del nostro essere, riscoprirsi esseri dotati di istinti, sensi, energie, così da renderci conto di quanto il tutto si sia assopito con la nostra in/consapevole complicità!
Vivere con un animale significa imparare a vivere nel presente, basta guardarli mentre giocano, dormono, annusano l’aria in cerca di messaggi olfattivi importanti per la loro esistenza, per la socialità e per l’accoppiamento.
Ho avuto l’onore di convivere con un cane meticcio per quasi dodici anni e mi sono resa conto di come la comunicazione tra di noi fosse fatta di inutili parole da parte mia e di pura energia da parte sua.
Anche con i cavalli ho sperimentato questa sensazione quando, fino a qualche anno fa, facevo volontariato in un’ associazione protezionistica che salva i cavalli e gli equini dal macello.
Ricordo che inizialmente conducevo da terra un cavallo piuttosto stizzoso, con lo stesso atteggiamento con cui, per anni, avevo portato a spasso il mio cagnolino Skippy.
Non era proprio la stessa cosa ed Helmut, così si chiamava, chiarì subito le cose: uno strattone alla longhina e subito la corda scorse tra le mie mani prive di guanti!!!
Evidentemente da Helmut avevo molto da imparare e fu per me un altro maestro.
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Frequentai un paio di stages sulla comunicazione intra-specie e la psicologia equina e fu molto interessante comprendere che ricorrendo al linguaggio non verbale che il cavallo utilizza con i suoi simili all’interno del branco, era possibile comunicare ad un livello paritario, senza frustini, voci grosse, urla e quanto altro.
Misi subito in pratica le strategie apprese e imparai attraverso l’osservazione, tutti i segnali che l’ animale inviava al resto del branco attraverso il movimento delle orecchie, della coda, degli spostamenti del corpo, delle traiettorie che seguiva per i suoi spostamenti, riuscii a riconoscere il capo branco e i gregari dai movimenti improvvisi dei cavalli, insomma scoprii un mondo molto affascinante.
Helmut cominciò a seguirmi senza opporre resistenza quando cominciai a trascorrere il mio tempo nel suo paddock insieme ad altri suoi compagni.
Devo dire che ricordo con molto piacere quei momenti: la sensazione di iniziale diffidenza dei cavalli (del resto ero un’ intrusa a casa loro), l’ avvicinarsi cauto dei più audaci, il sentirmi annusata per il riconoscimento, il timore di cariche da parte dei meno disponibili, l’accettazione finale e il sentirmi appartenente ad un gruppo.
Meraviglioso infine, vedere il gruppo di cavalli seguirmi nel paddock mentre simulavo la loro andatura flessuosa.
Helmut come del resto Skippy, modificavano il loro atteggiamento a seconda dei miei umori e di quell’energia che io probabilmente emanavo.
Come succede nella vita di tutti, anche i nostri amici animali si ammalano e, ad un certo punto, ci lasciano.
Ho vissuto molte di queste esperienze, prima con il mio amato cane che aspettò il riunirsi di tutta la famiglia per potersi congedare da noi e poi con i diversi cavalli che ho avuto modo di accompagnare, garantendo loro gli ultimi anni dignitosi di una vita spesso passata tra corse, anaffettività e maltrattamenti.
Con Helmut accadde qualcosa di molto particolare: entrambi non stavamo bene, io avevo problemi di salute che mi debilitavano e mi preoccupavano e lui cominciava a farmi capire che la sua fine non sarebbe stata molto lontana.
Un giorno particolarmente afoso io andai a trovarlo: era lontano e lentamente cominciò ad avvicinarsi fino ad appoggiare il suo enorme testone al mio petto e alla mia pancia.
Non era da lui, le smancerie e le coccole non erano il suo forte, ma eravamo entrambi sofferenti ed entrambi avevamo bisogno l’uno dell’altro.
In quell’ incontro ci sorreggevamo a vicenda mentre gli accarezzavo la criniera e i lacrimoni mi scendevano copiosi sul viso.
Mi sentivo avvolta da una scia calda e luminosa, isolati dal resto del mondo eppure molto presenti.
Chi vide la scena “da fuori” mi disse che era accaduto qualcosa di magico.
Da lì a pochi giorni Helmut morì.
Pensai che se non fosse stato così ostile non avrei potuto imparare ad ascoltare e guardare meglio, aldilà delle apparenze, aldilà del pregiudizio, oltre gli sconfinati spazi che ogni essere percorre in questa e in altra vita!
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