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Con Le Onde Gravitazionali Potremmo Aver Scoperto Anche La Materia Oscura
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Con le onde gravitazionali potremmo aver scoperto anche la materia oscura

A proporlo è un team di fisici della Johns Hopkins University. Stando ai loro calcoli le onde gravitazionali osservate da Ligo sono infatti compatibili con la rilevazione di due buchi neri primordiali, corpi celesti che potrebbero fornire una risposta al mistero della materia oscura

 

 

 

LO SCORSO settembre l’osservatorio Ligo ha effettuato una delle scoperte più importanti della fisica moderna. Lavorando insieme ai colleghi dell’Europeo Virgo (che ha sede in Italia), gli scienziati hanno infatti dimostrato l’esistenza delle onde gravitazionali, confermando le previsioni e i calcoli di Albert Einstein, e aprendo le porte a un nuovo metodo di indagine con cui studiare la natura dell’Universo. Impossibile fare di più in una volta sola, giusto? E invece c’è chi pensa che Ligo potrebbe aver fatto letteralmente jackpot, scoprendo non solo le onde gravitazionali, ma misurando anche, per la prima volta, segnali provenienti direttamente dalla materia oscura. A proporlo è un team di ricercatori della Johns Hopkins University, secondo cui i segnali registrati dal Ligo potrebbero essere stati prodotti da una coppia di buchi neri primordiali: corpi celesti mai osservati fino a oggi, che potrebbero rappresentare la risposta al mistero della materia mancante nel nostro universo.

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La sua esistenza è stata teorizzata all’inizio del secolo scorso, ma ancora oggi non è stata confermata definitivamente.Nell’ultimo secolo comunque gli scienziati hanno individuato diversi indizi della possibile presenza della materia oscura. Tra questi, il più recente (ma assolutamente ancora da confermare) è quello che arriva dalla Johns Hopkins University. Secondo i loro calcoli, la prova principe potrebbe nascondersi nelle rilevazioni del Ligo: le onde gravitazionali individuate per la prima volta lo scorso settembre potrebbero provenire infatti da due buchi neri primordiali, corpi celesti formatisi alla nascita del nostro universo, che potrebbero rappresentare proprio la tanto cercata materia oscura. Tornando indietro invece, ecco una lista delle cinque principali prove dell’esistenza della materia oscura, raccolte sul blog Medium dal fisico Ethan Siegel. (Credit: SXS project)

 

 

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La sua esistenza è stata teorizzata all’inizio del secolo scorso, ma ancora oggi non è stata confermata definitivamente.Nell’ultimo secolo comunque gli scienziati hanno individuato diversi indizi della possibile presenza della materia oscura. Tra questi, il più recente (ma assolutamente ancora da confermare) è quello che arriva dalla Johns Hopkins University. Secondo i loro calcoli, la prova principe potrebbe nascondersi nelle rilevazioni del Ligo: le onde gravitazionali individuate per la prima volta lo scorso settembre potrebbero provenire infatti da due buchi neri primordiali, corpi celesti formatisi alla nascita del nostro universo, che potrebbero rappresentare proprio la tanto cercata materia oscura. Tornando indietro invece, ecco una lista delle cinque principali prove dell’esistenza della materia oscura, raccolte sul blog Medium dal fisico Ethan Siegel. (Credit: SXS project)

 

il primo indizio in effetti è molto più vecchio. Era il 1933 quando il fisico ceco Fritz Zwicky scoprì un’incongruenza osservando il più vicino ammasso di galassie: il Chioma Cluster. Zwicky calcolò infatti la massa necessaria a tenere insieme le galassie che ne fanno parte, e confrontò il risultato con la somma delle masse delle singole galassie stimate osservando la loro luminosità. Terminati i calcoli, i due risultati erano così differenti che il fisico si convinse che doveva mancare qualcosa. Una massa misteriosa, invisibile, che aiutava a tenere insieme l’ammasso galattico, e che ribattezzò in seguito, appunto, materia oscura. (Credit: Nasa)

 

Un secondo indizio arrivò invece, qualche anno più tardi, dallo studio delle galassie a spirale, il gruppo di galassie di cui fa parte (per intenderci) la Via Lattea. La fisica predice infatti che la velocità delle stelle dovrebbe diminuire allontanandosi dal centro galattico (il centro di rotazione di una galassia), ma nel 1966 i fisici Vera Rubin e Kent Ford, impegnati a studiare la galassia di Andromeda, scoprirono la velocità delle sue stelle rimane costante anche allontanandosi verso le zone più esterne. L’unica possibilità, ipotizzarono i due scienziati, è che la massa delle galassie non sia interamente definita dagli oggetti che possiamo vedere con i telescopi: ancora una volta, si tornò a parlare della misteriosa materia oscura. (Credit: Esa)

 

 

La radiazione cosmica di fondo, o Cmb, è una radiazione elettromagnetica residua prodotta dal Big Bang, ed è quindi la più antica testimonianza che abbiamo dei primi istanti dell’universo. Dai calcoli dei fisici, la presenza della materia oscura, che ha alcune caratteristiche che la differenziano dalla materia tradizionale, avrebbe dovuto lasciare un’impronta specifica nella radiazione cosmica. E le rilevazioni più precise mai ottenute della Cmb, raccolte dalla Wilkinson Microwave Anisotropy Probe lanciata dalla Nasa nel 2001, sono risultate compatibili proprio con l’ipotesi della sua esistenza. (Credit: ESA and the Planck Collaboration)

 

Ancora più recente è la prova che arriva dallo studio del cosiddetto Bullet Cluster, un oggetto celeste che consiste in realtà di due ammassi galattici entrati in collisione. Studiandolo con il telescopio spaziale Hubble, i fisici della Nasa hanno calcolato la posizione del cluster in due modi: analizzando l’emissione di raggi X, e gli effetti gravitazionali che l’ammasso produce sulla luce. Anche in questo caso, i due calcoli sono risultati differenti: le analisi ottiche (i raggi X) e quelle degli effetti della gravità mostrano un’inconsistenza, attribuibile (come sbagliarsi) alla presenza di materia oscura. (Credit: Nasa)

 

 

Foto 6

Quando l’Universo ha avuto inizio due forze in competizione, la gravità e la pressione esercitata dalle radiazioni elettromagnetiche, impedivano alla materia di condensarsi. Stando al modello cosmologico standard, solo con la comparsa della radiazione cosmica di fondo questo stallo primordiale avrebbe avuto termine, e avrebbero iniziato a formarsi le aggregazioni di materia che miliardi di anni più tardi sono diventati i cluster di galassie che possiamo osservare dalla Terra. Le più recenti mappature dell’Universo raccontano però una storia diversa, mostrando pattern di aggregazione delle galassie troppo avanzati nella loro evoluzione per essere spiegati con la sola materia tradizionale. Anche qui, ci viene incontro la materia oscura: essendo immune alla radiazione elettromagnetica, la materia oscura avrebbe infatti iniziato ad aggregarsi molto prima di quella tradizionale, dando origine alle macro strutture galattiche osservate oggi dai fisici. (Credit: Andrew Pontzen and Fabio Governato)

 

La sua esistenza è stata teorizzata all’inizio del secolo scorso, ma ancora oggi non è stata confermata definitivamente.Nell’ultimo secolo comunque gli scienziati hanno individuato diversi indizi della possibile presenza della materia oscura. Tra questi, il più recente (ma assolutamente ancora da confermare) è quello che arriva dalla Johns Hopkins University. Secondo i loro calcoli, la prova principe potrebbe nascondersi nelle rilevazioni del Ligo: le onde gravitazionali individuate per la prima volta lo scorso settembre potrebbero provenire infatti da due buchi neri primordiali, corpi celesti formatisi alla nascita del nostro universo, che potrebbero rappresentare proprio la tanto cercata materia oscura. Tornando indietro invece, ecco una lista delle cinque principali prove dell’esistenza della materia oscura, raccolte sul blog Medium dal fisico Ethan Siegel. (Credit: SXS project)

 

 

 

Per capire di cosa parlino i ricercatori però bisogna fare un passo indietro. Nell’ultimo secolo, la fisica ha fatto passi da gigante nello studio dell’universo, ma più le scoperte progredivano, più gli scienziati si rendevano conto di trovarsi di fronte ad un’imbarazzante verità: non riusciamo a trovare quasi il 90% della materia che dovrebbe circondarci secondo il modello cosmologico standard, quello del Big Bang per intenderci. L’unica soluzione, per non buttare alle ortiche tutto quello che sappiamo sull’origine del nostro Universo, è che esista un tipo di materia con una massa e un’attrazione gravitazionale (come quella tradizionale), ma impossibile da rilevare, perché non emette radiazioni elettromagnetiche (ed è quindi invisibile ai telescopi).

 

Gli scienziati hanno chiamato questa misteriosa sostanza materia oscura, e non potendola osservare direttamente, hanno iniziato a cercarla con altri metodi. Essendo dotata di una massa, deve poter influenzare l’orbita dei corpi celesti tradizionali, e la sua esistenza è quindi potenzialmente dimostrabile osservando il moto di pianeti, stelle e galassie. In effetti, diversi indizi raccolti in questo modo potrebbero confermare l’esistenza della materia oscura, ma nessuna delle prove raccolte fino ad oggi è sufficiente a dimostrarne l’esistenza una volta per tutte.

 

È qui che entra in gioco la scoperta del Ligo dello scorso settembre. Le onde gravitazionali osservate sarebbero infatti state prodotte dalla fusione di due buchi neri, di cui i ricercatori sono riusciti a stabilire la massa: rispettivamente 36 e 29 volte quella del nostro Sole. C’è un però: le loro dimensioni sono inferiori a quelle di un buco nero tradizionale, e troppo grandi per poter parlare di buchi neri super massivi, come quelli che si suppone si trovino al centro delle galassie. Di cosa si tratta dunque? Per gli scienziati del Ligo rimane un mistero intrigante, uno dei tanti che indagheremo nella nuova stagione di indagini astronomiche aperta dalle onde gravitazionali.

 

I ricercatori della Johns Hopkins University però ritengono di avere già una risposta. Stando ai loro calcoli, pubblicati sulla rivista Physical Review Letters, le dimensioni dei corpi celesti osservati dal Ligo sono infatti perfettamente compatibili con quelle di due buchi neri primordiali, e in particolare nel caso in cui questi corpi celesti rappresentino proprio la materia oscura mancante nell’universo.

 

I buchi neri primordiali in effetti sono candidati ottimali. Si tratta infatti di corpi celesti estremamente densi, formatisi alla nascita del nostro universo non dal collasso di una stella (come accade con i buchi neri tradizionali), ma dai gas presenti durante i primi momenti che hanno seguito il Big Bang. Avendo tutte le caratteristiche di un buco nero, non sarebbero rilevabili attraverso radiazioni elettromagnetiche (i buchi neri le catturano), ed essendo nati all’inizio della storia dell’Universo è difficile prevederne la presenza e la quantità. Proprio come accade per la materia oscura.

 

La scoperta del Ligo dunque potrebbe rivelarsi ancora più importante di quanto pensassimo, se l’ipotesi proposta nel nuovo lavoro sarà in futuro confermata. Sono gli stessi ricercatori della John Hopkins però a ricordare che la loro, per ora, rimane solamente un’ipotesi. “Non stiamo dicendo che questa è la materia oscura”, chiarisce infatti Marc Kamionkowski, uno degli autori della nuova ricerca. “E non scommetteremmo nemmeno che le cose stiano davvero così. La nostra per ora è solamente un’ipotesi intrigante”.

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