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Differenze Tra Piacere, Felicita', Gioia E Beatitudine …
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DIFFERENZE TRA PIACERE, FELICITA’, GIOIA E BEATITUDINE …

Il piacere è fisico, fisiologico.

Nella vita il piacere è l’aspetto più superficiale; è titillazione, semplice solleticamento.

Può essere sessuale, può appartenere ad altri sensi, può diventare un’ossessione per il cibo, ma è radicato nel corpo.

Il corpo è la tua periferia, la tua circonferenza, non è il tuo centro.

Vivere nella circonferenza significa vivere in balia di tutte le situazioni che si sviluppano attorno a te.

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L’uomo che cerca il piacere rimane in balia del casuale.

Come le onde nell’oceano, che sono in balia dei venti.

 

Ci sono quando arriva un forte vento, quando il vento scompare anche loro spariscono. Non hanno un’esistenza indipendente, sono dipendenti, e qualunque cosa dipenda da un’altra crea una schiavitù.

 

Una spada a doppio taglio Il piacere, dipende dall’altro.

Se ami una donna, se questo è il tuo piacere, quella donna diventa la tua padrona.

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Se ami un uomo, se quello è il tuo piacere e senza di lui sei scontenta, disperata, triste, allora hai creato un legame.

Hai creato una prigione, non sei più libera.

 

Se stai cercando denaro e potere, allora dipenderai dal denaro e dal potere.

L’essere umano che continua ad accumulare denaro, se il suo piacere è di avere più denaro, diventerà sempre più miserabile.

 

Più ne ha e più vorrà, e più ne ha e più avrà paura di perderlo – una spada a doppio taglio.

Volerne sempre di più, il primo taglio della lama; e perciò diventerà via via più miserabile.

 

Più chiedi, desideri, più senti che ti manca qualcosa, e più ti consideri vuoto, bisognoso.

 

Dall’altra parte – l’altro taglio della lama – c’è il fatto che più hai e più hai paura che ti possa venire tolto.

 

Può esserti rubato… la banca può fallire, la situazione politica nel paese può cambiare, il paese può diventare comunista. Ci sono mille cose dalle quali dipende il tuo denaro. Il tuo denaro non ti rende padrone, fa di te uno schiavo.

 

Il piacere è periferico e quindi è costretto a dipendere dalle circostanze esterne.

 

È pura titillazione. Se il piacere sta nel cibo… che cosa esattamente lo sta provocando? – semplicemente il sapore! Per un attimo, mentre il cibo passa sulle papille gustative nella tua lingua, avverti una sensazione che interpreti come piacere. È una tua interpretazione. Oggi ti sembrerà piacere, domani potrà non sembrarti più piacere. Se ogni giorno mangi lo stesso cibo, le papille gustative della tua lingua diverranno insensibili al suo sapore. Presto ti verrà a noia – è così che la gente si stanca delle cose. Un giorno lo passi a rincorrere un uomo o una donna, e il giorno dopo trovi qualunque pretesto per sbarazzartene. È la stessa persona, non è cambiato nulla! Cosa è successo nel frattempo? Ti sei annoiato dell’altro, perché tutto il piacere consisteva nella novità. Ora l’altra persona non è più una novità; il suo ‘territorio’ ti è familiare. Conosci bene il corpo di quest’altra persona… le curve del suo corpo, la sensazione del suo corpo. E ora la mente vuole trovare qualcosa di nuovo. La mente è sempre alla ricerca affannosa di qualcosa di nuovo. Questo è il suo modo di tenerti sempre legato al futuro, da qualche parte nel futuro. Continua a farti sperare, ma non ti dà mai dei frutti – non può farlo. Può solo creare nuove speranze, nuovi desideri.

 

Proprio come le foglie crescono sull’albero, nella mente crescono desideri e speranze. Volevi la casa nuova e ora la possiedi – e dove è andato il piacere?

È esistito solo per un momento, quando hai realizzato il tuo sogno. Una volta raggiunta la meta, la tua mente ha perso interesse; ha iniziato a tessere una nuova trama di desideri.

 

Ha già iniziato a pensare ad altre case, più grandi. Succede così per tutte le cose. Il piacere ti relega in uno stato nevrotico – irrequieto, sempre in agitazione: così tanti desideri e ogni desiderio insaziabile, che fa di tutto per attirare l’attenzione.

 

Rimani vittima di questa folla di desideri insani – insani perché non sono realizzabili – e continuano a trascinarti in direzioni opposte.

 

Diventi una contraddizione. Un desiderio ti porta a sinistra, l’altro a destra, e tu continui a nutrirli entrambi simultaneamente. E così ti senti diviso… ti sentirai lacerato, ti sentirai cadere a pezzi. Nessuno è responsabile. È la totale stupidità di desiderare il piacere che crea questa situazione.

 

È un fenomeno complesso. Non sei l’unico che cerca il piacere: milioni di persone, proprio come te, stanno cercando lo stesso tipo di piacere. Ecco perché c’è una grande lotta: competizione, violenza, guerra. Tutti sono diventati nemici: l’uno contro l’altro perché cercano tutti la stessa cosa, e non la possono avere; la lotta perciò dev’essere totale. Devi rischiare tutto, per niente: perché quando vinci, non guadagni nulla, e in questa lotta sprechi tutta la tua vita. Una vita che avrebbe potuto essere una celebrazione diventa una lunga, estenuante e inutile sofferenza. Quando sei così preso dal piacere, non puoi amare, la persona che cerca il piacere usa l’altro come mezzo per arrivare al piacere. Usare l’altro come un mezzo è uno degli atti più immorali possibili, perché ogni essere è un fine in se stesso, non puoi utilizzare l’altro come un mezzo. Ma se sei alla ricerca del piacere dovrai usare l’altro come mezzo. Diventerai astuto, perché è davvero una lotta: se non sei furbo sarai ingannato e, prima che gli altri ti imbroglino, dovrai tu imbrogliare loro. Machiavelli ha suggerito, a chi cerca il piacere, che la migliore difesa è l’attacco. Non aspettare mai che sia l’altro ad attaccarti: potrebbe essere troppo tardi. Prima che l’altro ti attacchi, attaccalo tu! Questo è il miglior metodo di difesa, ed è molto usato – che tu conosca Machiavelli o meno.

 

La seconda parola da capire è felicità.

La felicità è psicologica, il piacere è fisiologico.

La felicità è un pochino meglio, un po’ più raffinata, leggermente superiore, ma non così diversa dal piacere.

 

Si può dire che il piacere sia una specie minore di felicità e che la felicità sia una forma superiore di piacere – le due facce della stessa medaglia.

 

Il piacere è un po’ primitivo, animale; la felicità è un po’ più acculturata, un po’ più umana – ma è lo stesso gioco, ripetuto nel mondo della mente.

 

Non sei più così interessato a sensazioni fisiologiche, sei molto più interessato a sensazioni psicologiche.

Ma in fondo non sono cose molto diverse, ecco perché Buddha ha usato solo due di quelle quattro parole.

 

La terza parola è gioia; la gioia è spirituale.

È diversa, totalmente diversa dal piacere o dalla felicità.

Non ha nulla a che fare con ‘l’altro’, è qualcosa di interiore.

Non dipende dalle circostanze, è tua.

 

Non è una titillazione prodotta da qualcosa: è uno stato di pace, di silenzio, uno stato meditativo.

È spirituale.

 

Beatitudine: il trascendente

Ma Buddha non ha parlato neppure della gioia, perché c’è ancora un’altra cosa che va al di là della gioia. Lui la chiama beatitudine.

 

La beatitudine è totale. Non è né fisiologica né psicologica né spirituale.

Non conosce divisione, è indivisibile.

È totale, in un senso, e trascendentale nell’altro.

 

Buddha parla soltanto di due parole. La prima è il piacere, che include la felicità. La seconda è beatitudine, che include la gioia.

 

Beatitudine significa che hai raggiunto il punto più profondo del tuo essere.

 

Appartiene alla profondità del tuo essere, dove neppure l’ego esiste più, dove prevale solo il silenzio: tu sei scomparso.

 

Nella gioia tu esisti ancora un po’, ma nella beatitudine tu non ci sei più – l’ego si è dissolto, è uno stato di non essere.

 

Il piacere è momentaneo, esiste nel tempo – dura per un tempo limitato;  la beatitudine è non temporale, è fuori dal tempo.

 

Il piacere inizia e termina, la beatitudine continua per sempre.

 

Il piacere va e viene, la beatitudine non viene e non va – è già lì, nel punto più profondo del tuo essere. Il piacere deve essere carpito all’altro: tu diventi o un mendicante o un ladro.

La beatitudine ti rende padrone. La beatitudine non è qualcosa che inventi, ma che scopri. La beatitudine è la tua natura più profonda.

È lì dall’inizio: tu non l’hai mai notata, l’hai data per scontata – tu non ti guardi mai dentro. Questa è l’unica miseria dell’essere umano: continua a guardare all’esterno – cercando e indagando.

Non la puoi trovarla all’esterno perché non è lì. La beatitudine è il punto più profondo del tuo essere. Il piacere lo devi mendicare dagli altri, e naturalmente diventi dipendente. La beatitudine ti rende il padrone.

La beatitudine non è qualcosa che accade, è già presente.

 

Denaro, potere, prestigio – ti rendono astuto. Cerca il piacere e perderai la tua innocenza, e perdere la tua innocenza è perdere tutto. Gesù dice: “Sii come un bambino piccolo, soltanto allora potrai entrare nel regno di dio”. Ha ragione, ma chi è alla ricerca del piacere non può essere innocente come un bambino. Deve essere molto furbo, molto astuto, molto ‘politico’, solo così può aver successo in questa competizione da tagliagole che esiste dappertutto. Ognuno è pronto a colpire chiunque altro… non vivi tra amici. Il mondo non può essere amichevole fino a quando non lasciamo cadere questa idea di competitività.

 

Se sei felice a spese della felicità di qualcun altro, sei imprigionato per sempre. Naturalmente… se sei felice alle spese della felicità altrui, e questo è l’unico modo che hai per essere felice, non c’è un altro modo. Se trovi una donna bellissima e in qualche modo riesci ad averla, l’hai sottratta dalle braccia di qualcun altro. Noi facciamo il possibile per far sembrare più bella tutta questa faccenda, ma è solo apparenza. Ora l’altro, che in questa partita è stato sconfitto, è arrabbiato, pieno d’ira. Attenderà l’occasione adatta per vendicarsi, e prima o poi troverà l’opportunità. Qualsiasi cosa voi possediate al mondo lo possedete a spese di qualcun altro, a spese del piacere di qualcun altro. Non c’è altro modo. Se tu veramente vuoi non essere nemico di nessuno al mondo, devi lasciare cadere l’intera idea della possessività. Usa tutto ciò che è disponibile nel momento, ma non essere possessivo. Non provare a rivendicarlo come tuo.

 

Veniamo con le mani vuote e ce ne andremo a mani vuote, perciò che senso ha, nel frattempo, continuare a voler possedere tutte queste cose?

 

La felicità, il piacere, dipendono dallo sfruttamento: sono sempre a spese di qualcun altro. Ti sei laureato al primo posto nel tuo corso universitario – e tutte quelle migliaia di altri studenti che stavano lottando per arrivare primi? È a loro spese che sei arrivato primo. La mente può continuare a lungo in questo gioco, se tu non raggiungi una profonda comprensione, se non sei davvero intelligente. Una cosa da ricordare è: non tentare mai di essere felice a spese della felicità di qualcun altro. È orribile, inumano. Questa è violenza nel vero senso della parola. Se diventi un santo semplicemente condannando gli altri come peccatori, la tua santità sarà solo un gioco dell’ego. Se dipendi da qualcuno per la tua felicità diventerai uno schiavo. Stai diventando dipendente, stai creando una prigionia. Tu dipendi da così tante persone… che diventano, in maniera quasi impercettibile, i tuoi padroni e, a loro volta, ti sfruttano. Ricorda che è un mutuo accordo: lo sfruttamento non è mai a senso unico. Il marito crede di essere il padrone, e la moglie sorride, perché lei sa come stanno le cose. Ognuno a modo suo prova a essere il padrone dell’altro. È proprio una situazione strana: tutti quanti in un certo senso sono divenuti padroni degli altri, e contemporaneamente schiavi degli altri. È una situazione che ti lega mani e piedi. Siamo tutti interdipendenti; siamo sia carcerieri che prigionieri.”

OSHO

 

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