L’ingegneria del clima globale STA METTENDO IN GINOCCHIO L’UMANITA’!
-il clima costringerà oltre 200milioni di persone a spostarsi
-La grande sete di fine secolo: il clima malato presenta il conto
-Cibo, 50 milioni di persone in più soffriranno la fame a causa del cambiamento climatico
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L’ingegneria del clima globale non può più essere nascosta alla vista ancora per molto tempo, ed i media hanno dovuto cominciare ad affrontare questo problema su larga scala.
Negli ultimi due giorni sono stati pubblicati diverse decine di articoli sui media ufficiali, 22 di loro sono a disposizione per una vostra revisione (al link a fondo articolo – ndt). Viviamo in un mondo di fumo e di specchi. Un gran numero di personaggi del mondo accademico ha contribuito a creare le illusioni che finora hanno nascosto le realtà più terribili che ora abbiamo tutti di fronte. Le bugie per omissione sono una parte importante di quell’inganno a cui siamo stati sottoposti ed ognuno di quegli articoli sono un esempio lampante di tutto ciò.
In primo luogo, ognuna delle pubblicazioni perpetua la menzogna palese che l’ingegneria del clima è solo per ora una “proposta”. Inoltre (e questo è estremamente importante da considerare) nessun articolo di quelli citati (per colpa degli scienziati che hanno loro consegnato i dati sbagliati?) si preoccupa mai di menzionare il fatto più eclatante, terribile ed ovviamente importante di tutti per quanto riguarda “le cosiddette proposte di geoingegneria tramite aerosol”: ogni singola particella spruzzata nel cielo deve per forza di cose ricadere a terra! Ogni organismo vivente è soggetto a questa contaminazione ma questo fatto indiscutibile non è mai citato.
La struttura di potere non vuole prendere in considerazione le domande delle popolazioni sugli ovvi pericoli direttamente legati alle operazioni di geoingegneria.
Il geoingegnere internazionalmente riconosciuto David Keith è stato interrogato in una grande conferenza scientifica sulla sua “proposta” di spruzzare 20.000.000 di tonnellate di alluminio in atmosfera, la sua risposta dovrebbe scandalizzare qualsiasi persona normale.
Ora gli scienziati ed i media omettono sempre di menzionare il fatto che spruzzare particolato tossico nell’atmosfera deve giocoforza contaminare l’intera superficie del pianeta, non vi è altra possibilità.
La geoingegneria del clima sta alimentando la contaminazione della biosfera, ogni nostro respiro è ormai contaminato. Tutti sono necessari nella lotta in corso per informare, esporre e tentare di fermare la follia della geoingegneria, fate sentire la vostra voce.
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LINK (fonte)
NOTIZIE DAL GIORNALE LA REPUBBLICA:
Entro il 2050 il clima costringerà oltre 200milioni di persone a spostarsi
I cambiamenti metereologici degli ultimi anni rendono sempre più inospitali e povere alcune zone della Terra. Desertificazione o aumento del livello degli oceani mettono a rischio numerose popolazioni soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Una costante della storia dell’umanità che sta assumendo un’importanza crescente
Guerre e povertà costringono ogni anno oltre 43 milioni di persone a migrare. A questo si aggiungono i cambiamenti climatici che entro il 2050 creeranno un’ondata migratoria senza precedenti: 200 milioni di persone costrette a spostarsi. Non si tratta di disastri naturali improvvisi, che causano sporadicamente esodi di massa, ma di una graduale e inarrestabile emigrazione dovuta al progressivo deteriorarsi delle condizioni ambientali. Ad esempio fenomeni di desertificazione o aumento del livello degli oceani, che vede a rischio una gran parte delle popolazioni delle isole oceaniche.
In base alle cifre dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, il numero delle persone costrette ad abbandonare le proprie abitazioni a causa di conflitti e persecuzioni è il più alto dalla metà degli anni novanta: circa 15 milioni sono profughi veri e propri, ovvero costretti ad abbandonare il proprio territorio, mentre altri 27 milioni sono sfollati, l’80% è originario dei paesi in via di sviluppo. Peraltro, come avverte l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, l’emigrazione climatica è già una realtà da diversi anni: il numero di eventi meteorologici estremi e disastri naturali è triplicato negli ultimi tre decenni. Gli effetti più devastanti si sono verificati nelle comunità più vulnerabili come quelle dei paesi in via di sviluppo. Basti pensare che nel 2008 conflitti e violenze hanno provocato 4,6 milioni di sfollati contro i 20 milioni causati dagli eventi meteorologici estremi.
L’emigrazione ambientale può essere considerata come una strategia legittima di adattamento e sopravvivenza adottata nel corso di tutta la storia umana e che in futuro assumerà un’importanza sempre crescente. Per questo motivo è molto importante la capacità di adattamento dei paesi colpiti, aspetto che dipende non solo dal potenziale economico, ma anche da aspetti geografici: gli stati oceanici sono a questo proposito fra i più vulnerabili indipendentemente dal loro grado di sviluppo. Inoltre non tutta la popolazione mondiale è in grado di emigrare: dipende anche dalle risorse economiche delle singole famiglie ed individui.
La grande sete di fine secolo: il clima malato presenta il conto
Nel 2100 un miliardo di persone senza acqua sufficiente nelle città. In aumento alluvioni e carestie. Scenari catastrofici (e vie di fuga) nel rapporto del gruppo Onu premiato con il Nobel nel 2007
Sarà l’impatto, a fine secolo, del cambiamento climatico nell’ipotesi di un aumento di 5 gradi rispetto ai livelli pre industriali: uno scenario in linea con le scelte presenti, cioè con un’economia che non riesce a frenare l’uso di combustibili fossili e continua ad aumentare le emissioni serra. Lo hanno firmato gli scienziati dell’Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), il gruppo di lavoro Onu premiato con il Nobel per la pace.
Nella seconda parte del quinto rapporto, resa nota oggi, si spiega che il rischio di una catastrofe climatica non viene solo proiettato nello scenario della seconda metà del secolo, ma è già reale. Il cambiamento climatico è in atto: l’ondata di calore che ha prodotto 70 mila morti aggiuntive in Europa nel 2003, gli incendi che hanno devastato la Russia nel 2010, l’uragano che ha colpito New York nel 2012 sono il biglietto da visita di un possibile futuro.
Senza la mitigazione del trend, cioè senza un taglio delle emissioni di CO2 robusto e rapido, “l’adattamento sarà impossibile per alcuni ecosistemi” e il numero di affamati crescerà (25 milioni in più di bambini sotto i 5 anni malnutriti).
CON LA CONTINUAZIONE DI IRRORAZIONE DAI CIELI DI SOSTANZE METALLICHE E TOSSICHE NON SE NE PUO’ VENIRE FUORI!
Ma non è una condanna già scritta. Il conto che dovremo pagare per gli errori del passato non è ancora definito: molto dipenderà da quello che faremo nei prossimi anni. Un passaggio veloce a un sistema produttivo basato sull’efficienza, sulle fonti rinnovabili e sul riciclo dei materiali apre le porte dello scenario più favorevole, quello in cui i danni sono contenuti a livelli accettabili…..FINIRE LE IRRORAZIONI!
“È l’intreccio perverso tra crescita demografica, consumi sbagliati e cambiamento climatico che rischia di essere fatale”, commenta Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf. “Già oggi l’energia solare intrappolata su ogni metro quadrato ha superato il limite di guardia: senza interventi correttivi, a fine secolo si arriverà a un valore quattro volte superiore. Una prospettiva che trascina con sé l’aumento di fame, conflitti e guerre”.
Proprio perché varie possibilità restano aperte, il ventaglio degli scenari tracciati dall’Ipcc è ampio. Anche il più favorevole però non è indolore perché – avvertono i climatologi – i tempi di recupero dell’atmosfera sono lenti: più del 20 per cento dell’anidride carbonica immessa in atmosfera continua a bloccare la fuoriuscita del calore per oltre mille anni. E abbiamo già sparato in cielo una quantità enorme di carbonio: 545 miliardi di tonnellate, più della metà del tetto oltre il quale si supererebbero i 2 gradi di aumento della temperatura rischiando un global warming catastrofico.
I margini per un intervento efficace ci sono ancora, anche se si assottigliano anno dopo anno. Una rapida correzione di rotta riuscirebbe a ridurre da un miliardo a una cifra più vicina a quella attuale (150 milioni) il numero dei cittadini senza acqua sufficiente a disposizione; farebbe scendere da 5,2 miliardi a 1,7 le persone esposte al rischio di malaria nel 2050;
salverebbe l’Amazzonia che, sotto l’assalto di strade, fattorie e incendi, rischia di perdere la sua straordinaria ricchezza trasformandosi in zona semi arida.
L’analisi Ipcc mostra anche come il global warming stia colpendo in modo differenziato le varie aree del Pianeta. In Australia le siccità prolungate hanno già messo in difficoltà l’ornitorinco, il koala e alcune specie di canguro. In Africa il crollo della pesca, da cui dipende un terzo delle proteine necessarie alla sopravvivenza, arriverà
in alcune aree al 21 per cento.
In Asia le città costiere saranno a rischio inondazione e la pressione dei deserti interni crescerà. Alcuni Stati, le piccole isole a fior d’acqua, rischiano di sparire, cancellati dalla crescita dei mari. E il cambiamento toccherà anche l’Italia, rendendo più disastrose piogge ormai di intensità monsonica: in Europa le alluvioni potranno colpire fino a 5,5 milioni di persone, causando danni per 17 miliardi di euro l’anno.
Cibo, 50 milioni di persone in più soffriranno la fame nel 2050 a causa del cambiamento climatico
Un rapporto Oxfam: “Un clima che affama” sottolinea che le variazioni del clima potranno generare 25 milioni di bambini malnutriti in più e diminuire la produttività agricola. Sarebbe sufficiente il 5% del patrimonio delle 100 persone più ricche al mondo per l’adattamento atmosferico nei paesi poveri
ROMA – Il cambiamento climatico potrebbe far tornare indietro la lotta contro la fame di molti anni se non si adotteranno le misure necessarie. A dirlo è il rapporto Oxfam “Un clima che affama” che analizza la situazione a livello globale e dà i voti agli Stati in base all’impegno che stanno mettendo per attuare le dieci misure necessarie a evitare una catastrofe alimentare.
La metà dei nuovi affamati saranno bambini. Se le politiche degli Stati non cambiassero, i primi a rimetterci sarebbero i più piccoli. I bimbi sotto i 5 anni costituirebbero il 50% dei nuovi affamati per un totale di circa 25 milioni, un numero pari a tutti i coetanei di Stati Uniti e Canada. Il cambiamento climatico influirà anche sull’agricoltura: la produttività diminuirà del 2% a fronte di un aumento della richiesta del 14%. “A essere a rischio – ha detto Elisa Bacciotti, direttrice campagne di Oxfam Italia – è la disponibilità e la qualità del cibo di cui tutti abbiamo bisogno. Ma attualmente le istituzioni non sembrano in grado di cambiare le loro politiche.”
Un allarme globale. Oxfam ha denunciato il pericolo proprio mentre in Giappone i governi di tutto il mondo sono riuniti per discutere il nuovo rapporto dell’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici) da cui emerge che il riscaldamento globale avrà un impatto sulla disponibilità di cibo ben più grave del previsto. Secondo lo studio, che analizza gli Stati in base a dieci politiche necessarie a contrastare gli effetti del mutamento climatico, risulta che ad oggi tutti i Paesi sono impreparati ed esiste un grande divario tra ciò che stanno facendo e quello che dovrebbero fare per “mettere al sicuro” il sistema alimentare.
I dieci comandamenti anti-fame. La Ong ha dato un voto da uno a dieci per ogni punto che riguarda gli impegni portati avanti, più o meno, dagli Stati. Sono due gli step ritenuti sufficienti o appena sufficienti: investimenti in agricoltura e gli aiuti umanitari, sebbene ci sia ancora molto da fare. Appena sufficienti invece quelli riguardanti le riserve alimentari (che sono ai minimi storici) e la discriminazione di genere: le donne rappresentano infatti il 43% della forza lavoro ma raramente posseggono terre e possono adottare nuovi tipi di agricoltura.
Impegni e regole da rispettare. Previdenza sociale e previsioni meteo hanno ricevuto 3 punti su dieci. Nel mondo solo il 20% della popolazione ha accesso a programmi di welfare adeguati per sopravvivere in una situazione di carenza di cibo. Il meteo aiuta gli agricoltori a salvare il proprio raccolto, ma se in California esiste una stazione meteo ogni 2 mila chilometri, in Ciad ce n’è una ogni 80 mila. Prende due il settore che riguarda la Ricerca e sviluppo nell’agricoltura: la diversità dei semi è diminuita del 75% negli ultimi 100 anni, riducendo la varietà delle colture più resistenti ai cambiamenti climatici. I paesi poveri spendono un sesto dei ricchi nella ricerca e sviluppo di materie agricole.
Irrigazione e assicurazione sui raccolti sono il tasto dolente. A prendere la votazione più bassa sono tre settori: primo fra tutti il finanziamento dell’adattamento dei raccolti ai mutamenti climatici che i paesi ricchi avevano promesso: fino ad oggi solo il 2% della cifra necessaria è stato messo a disposizione. Ultimi posti anche per il sistema d’irrigazione nei paesi più deboli e l’assicurazione sui raccolti. Solo l’1% degli agricoltori degli Stati poveri (come per esempio il Malawi) ha assicurato il raccolto. Negli Stati Uniti il 91% ha un’assicurazione di questo tipo.
I paesi ricchi potrebbero risolvere il problema. “La fame – ha aggiunto Bacciotti – non è inevitabile. Se i governi agissero sui cambiamenti climatici, si potrebbe sradicare la fame nel prossimo decennio e garantire cibo ai nostri figli e nipoti per la seconda metà del secolo. Per finanziare l’adattamento climatico, per esempio, non servono grandissime risorse, ai paesi più poveri servono circa 100 miliardi di dollari all’anno”. Una cifra che equivale al 5 % del patrimonio delle cento persone più ricche del pianeta.
Clima, l’uomo è colpevole dei cambiamenti: scienziati d’accordo, popolazione scettica
Un gruppo di lavoro ha analizzato quasi 12 mila relazioni scientifiche sull’argomento pubblicate in 20 anni. Risultato: gli esperti sono d’accordo nell’attribuire alle attività umane la responsabilità del surriscaldamento globale. Ma le persone comuni pensano gli studiosi siano divisi
Lo leggo dopo
SYDNEY – Ghiacciai che si sciolgono, inondazioni e trombe d’aria: il clima sta cambiando. Il colpevole è l’uomo. C’era da aspettarselo, ma in pochi sono consapevoli degli effetti che industrie, smog cittadino, e rifiuti hanno sul clima. Se non gli scienziati. E’ il risultato di un esame di quasi 12 mila relazioni scientifiche e pubblicate fra il 1991 e il 2011: l’analisi comparativa più estesa finora condotta in materia.
La ricerca guidata da John Cook dell’Università del Queensland in Australia, fondatore del sito web skepticalscience.com, mostra che il 97,1 per cento degli scienziati sostiene che sono gli esseri umani i responsabili del riscaldamento globale. Solo l’1,9 per cento respinge tale posizione. Lo studio, pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters, è in contrasto con la credenza diffusa nel pubblico, secondo cui gli esperti sono divisi, il che “rende più difficile guadagnare sostegno a misure politiche per frenare il cambiamento climatico”, scrive Cook.
Infatti, i sondaggi di opinione in alcuni paesi evidenziano l’opinione comune secondo cui gli scienziati sono divisi fra chi crede che il cambiamento climatico sia causato da attività umane e chi lo spiega con altre cause come oscillazioni naturali o macchie solari. In un sondaggio del Pew Research Centre in Usa, alla domanda se gli scienziati siano d’accordo che la Terra sia più calda a causa dell’attività umana, il 45 per cento ha risposto affermativamente e il 43 per cento negativamente.
In Australia, una ricerca dello stesso Cook suggerisce che fra il pubblico prevalga l’impressione che i pareri degli scienziati siano divisi in parti uguali sulla questione.
“Ma qui ci sono in gioco grandi somme di denaro …per mettere tutto quello che accade a tacere…scenziati onestissimi e quelli corrotti…
Ma la verita’ verra’ a galla…e speriamo che non sia troppo tardi….”
http://www.repubblica.it/ambiente/2015/12/02/news/mosche_e_vespe_sostituiscono_le_api_per_impollinazione-128632779/?ref=search
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