I gatti di Tashirojima, custodi dell’armonia e i Basenji cani silenziosi dal cuore selvaggio
I Gatti di Tashirojima
C’era un’isola lontana, immersa nel blu dell’oceano giapponese, chiamata Tashirojima. Qui, i gatti non erano semplici animali, ma i veri protagonisti della vita quotidiana. L’isola era famosa in tutto il mondo per la sua popolazione felina, che superava di gran lunga quella umana.
Ogni mattina, i pescatori si svegliavano presto, preparavano le loro reti e lasciavano piccoli doni di pesce fresco ai gatti, credendo che portassero fortuna. I gatti, con il loro fiuto infallibile, li accompagnavano fino alle barche e spesso, osservando il cielo e le onde, suggerivano i momenti migliori per la pesca.
Tra i tanti gatti dell’isola, ce n’era uno speciale di nome Sora, un micio anziano dal manto grigio argentato, che tutti consideravano il saggio di Tashirojima. Conosceva ogni angolo dell’isola, ogni segreto del vento e del mare. Si diceva che fosse in grado di percepire tempeste in arrivo molto prima degli umani.
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Un giorno, un giovane gatto nero di nome Kuro, curioso e pieno di energie, si avvicinò a Sora mentre quest’ultimo riposava all’ombra di un ciliegio in fiore. “Maestro Sora,” chiese Kuro, “perché noi gatti siamo così importanti per quest’isola?”
Sora socchiuse gli occhi e a modo suo sorrise. “Perché non siamo solo gatti,” rispose. “Siamo i custodi dell’armonia. I pescatori si fidano di noi perché sappiamo ascoltare la natura e prevedere i suoi cambiamenti. Noi li guidiamo, ma in cambio loro ci rispettano e si prendono cura di noi. È uno scambio che dura da generazioni.
Kuro si sedette accanto a Sora, osservando il mare scintillante. “Ma cosa accadrebbe se un giorno gli umani se ne andassero?”
“L’equilibrio cambierebbe,” disse Sora con un tono più grave. “Ma finché esisteranno luoghi come Tashirojima, dove due specie diverse possono vivere in armonia, ci sarà sempre speranza per il mondo.”
Con il passare degli anni, l’isola dei gatti continuò a prosperare, attirando visitatori da ogni parte del mondo. Ognuno di loro tornava a casa con una nuova consapevolezza: l’importanza di vivere in equilibrio con la natura, rispettando ogni creatura vivente.
La lezione di Tashirojima non è soltanto una storia di gatti e pescatori. È una dimostrazione del fatto che, attraverso il rispetto e la comprensione reciproca, si possono costruire legami indissolubili.
E, anche se lontano, il richiamo dei gatti di Tashirojima continuerà a riecheggiare nei cuori di chi ha avuto la fortuna di conoscerli.
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Il Basenji: Il Cane Silenzioso dal Cuore Selvaggio
Nelle profondità delle foreste africane, accanto a villaggi nascosti tra la vegetazione, viveva un cane particolare che gli abitanti locali consideravano una guida, un compagno e persino uno spirito protettivo. Questo cane era il Basenji, una delle razze più antiche del mondo.
Molto prima che il Basenji diventasse conosciuto a livello internazionale, aiutava i cacciatori delle tribù africane a seguire le tracce della selvaggina. Con le sue orecchie appuntite, il corpo agile e la coda arrotolata su se stessa, il Basenji si muoveva nella foresta come un’ombra.
Ma ciò che davvero lo rendeva speciale era il suo silenzio: non abbaiava mai, emettendo solo un suono simile a un canto o a un “yodel” quando era particolarmente eccitato.
Gli anziani raccontavano che il Basenji aveva imparato a non abbaiare per non spaventare le prede. Alcuni credevano che fosse un dono degli spiriti della foresta, che gli avevano insegnato a comunicare con il cuore e non con la voce.
C’era una leggenda tramandata nelle tribù africane su un giovane cacciatore di nome Juma, che era rimasto intrappolato in una gola durante una battuta di caccia. Mentre la notte calava e i suoni della giungla si facevano sempre più minacciosi, un Basenji apparve tra i cespugli. Si avvicinò a Juma, poggiò il muso sulla sua gamba ferita e, senza emettere alcun suono, cominciò a leccare la ferita. Il cacciatore, colto da stupore, decise di seguire il cane.
Il Basenji lo guidò attraverso sentieri nascosti, lontano dai predatori, fino al villaggio. Da quel giorno, Juma portò sempre con sé il suo fedele Basenji, considerandolo non solo un cane, ma un protettore e un amico.
A differenza di molti cani domestici, il Basenji ha conservato un’indole indipendente e fiera. Non ama seguire ordini inutili, ma è incredibilmente leale a chi dimostra di rispettarlo. Ama esplorare, arrampicarsi (sì, hai letto bene, i Basenji possono salire sugli alberi!) e osservare il mondo con calma.
Anche nelle case moderne, il Basenji rimane un po’ “selvaggio”: pulisce il proprio pelo come farebbe un gatto, è estremamente attento ai dettagli e può stare ore ad osservare qualcosa in silenzio prima di agire.
Un giorno, un allevatore europeo portò un Basenji al suo villaggio per mostrarlo ai bambini. I piccoli si avvicinarono, aspettandosi di sentirlo abbaiare o giocare rumorosamente. Ma il Basenji li guardò con occhi gentili e si accoccolò accanto a loro, senza emettere un suono.
Fu solo quando il più piccolo dei bambini cominciò a piangere, spaventato da un rumore improvviso, che il Basenji fece sentire la sua voce: un “yodel” dolce e rassicurante, come se fosse una ninna nanna. Il bambino smise di piangere e si addormentò accanto al cane.
Da quel giorno, il villaggio capì che il Basenji non era un cane che taceva perché incapace di abbaiare, ma perché sapeva scegliere quando parlare.
Il Basenji ci insegna che a volte non servono molte parole per dimostrare affetto o protezione. Basta essere presenti al momento giusto, come quel suono raro che arriva solo quando conta davvero.
Cani e gatti ,lo dice anche la scienza, posso andare d’accordo tra loro; essi sono creature meravigliose che offrono tanto e vanno rispettate e amate
GRAZIE!
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