Krishnamurti……DICE…..
“Dove c’è conformismo, non può fiorire la bontà. Abbiamo assoluto
bisogno di libertà; ma la libertà può esserci solo quando capite fino in fondo e
nella sua interezza il problema dell’invidia, dell’avidità, dell’ambizione, del
desiderio di potere. È solo la libertà da tutto questo che farà sbocciare quella
Intermezzo promozionale ... continua la lettura dopo il box:
cosa straordinaria che chiamiamo carattere. Un uomo libero ha in se la
compassione e sa che cos’è l’amore, non l’uomo che parla di moralità, usando
ripetutamente parole vuote.”
…..“L’amore e l’elemento più pericoloso che esista; porta con sé una totale
incertezza e siccome noi non vogliamo vivere nell’incertezza, siccome non
vogliamo sentirci in pericolo, viviamo nella mente e non nel cuore. L’essere
umano che ama è pericoloso e noi non vogliamo vivere pericolosamente;
Intermezzo promozionale ... continua la lettura dopo il box:
vogliamo l’efficienza, vogliamo sentirci protetti
Ma nessuna organizzazione ha mai portato, né porterà mai, l’ordine e la pace
nel mondo. Alla fine, e quindi ora, chi può portare ordine e pace sono soltanto
l’amore, la buona volontà, la compassione”……
….”Noi non siamo integri. Siamo il prodotto di un’infinità di influenze, di
migliaia di condizionamenti, di deformazioni psicologiche; siamo il frutto della
propaganda e della cultura. Noi non siamo integri e quindi siamo esseri di
seconda mano. Quella solitudine che è assoluta integrità implica il non
appartenere ad una famiglia, per quanto si possa avere una famiglia, il non
appartenere ad una nazione, ad una cultura, il non dipendere da
un’occupazione particolare. Significa avere la sensazione di essere degli
estranei, estranei ad una nazione, ad una famiglia e ai loro modi di pensare e
di agire. In quella solitudine che è integrità c’è innocenza, un’innocenza che
libera la mente dal dolore….”
(krishnamurti)
Krishnamurti cominciò a parlare indipendentemente da qualsiasi
organizzazione nel 1929. I suoi discorsi rivelavano un’autorevole originalità,
come ebbe modo di sottolineare Aldous Huxley. La sua esplorazione della
natura della verità e della libertà, portata instancabilmente avanti nei suoi
discorsi e nei suoi dialoghi, avrebbe raggiunto milioni di persone. I suoi discorsi
sono stati tradotti in più di quaranta lingue diverse.
Krishnamurti, pur essendo timido e riservato, tenne migliaia di discorsi
senza mai aver bisogno di ricorrere ad appunti o a note di qualsiasi tipo.
Fondamentalmente, ha sempre sviluppato un unico tema: la verità può essere
scoperta da ognuno di noi, senza l’intermediazione di alcuna autorità. E questa
scoperta può essere fatta istantaneamente, perché la vita è in ogni istante.
I suoi discorsi hanno costantemente affrontato il conflitto, sia a livello
personale che a livello sociale. Osservando i nostri comportamenti conflittuali,
tanto nell’ambito personale che in quello sociale, si impone come necessaria
un’azione che sia in grado di trasformare noi stessi e la società in cui viviamo.
Durante uno dei suoi discorsi, gli fu chiesto perché egli parlasse e che
cosa si proponeva di ottenere.
Ed egli rispose: “Ho qualcosa da dirvi. Forse
posso indicarvi Il modo di scoprire la realtà. Ma non intendo proporvi un
metodo, un sistema. Se voi poteste scoprirla per conto vostro, non ci sarebbe
bisogno di qualcuno che venisse aparlarvi, ma tutti insieme ne discuteremmo
ed esprimeremmo la realtà nella vita che viviamo…
La verità non si può accumulare da qualche parte. Qualunque cosa si
accumuli, andrà inevitabilmente distrutta, dovrà scomparire. E la verità non
potrà mai andare distrutta; la si può scoprire, momento per momento, in ogni
pensiero, in ogni relazione, in ogni parola, in ogni gesto, nel sorriso o nel
pianto. Se voi ed io potessimo scoprirla e viverla – e la vera vita consiste
proprio nella scoperta della verità – non diventeremmo certo dei propagandisti,
ma saremmo degli esseri umani creativi; non esseri umani perfetti, ma esseri
umani creativi, che è una cosa completamente diversa.
Credo sia per questo che parlo e forse e per questo che voi siete qui ad
ascoltare. C’è un solo problema: non esiste alcuna risposta, perché un
problema può dissolversi solo quando siamo capaci di comprenderlo”.
Spesso Krishnamurti, quando gli veniva rivolta una domanda, non
rispondeva immediatamente, ma preferiva affrontare la questione ampliando e
approfondendo l’indagine. Nell’approfondire un problema egli trovava alimento
per la sua indagine, che smetteva di essere la semplice ricerca intellettuale di
una risposta, corretta da un punto di vista logico. I brani presentati in questo
libro invitano il lettore ad un’indagine approfondità e non alla ricerca di una
risposta immediata.
Un’infinità di volte Krishnamurti, nei suoi discorsi e nei suoi dialoghi, ha
sottolineato il fatto che a lui non interessavano speculazioni intellettuali.“Lo
scopo di questi discorsi – diceva – è di comunicare tra noi e non di imporvi
determinate idee. Le idee non cambieranno mai la mente; non sono
assolutamente in grado di trasformarla radicalmente. Ma se potessimo
comunicare tra noi, essendo nello stesso istante allo stesso livello, allora forse
potrebbe esserci una comprensione che non c’entra nulla con la propaganda…
Questi discorsi non hanno assolutamente lo scopo di convincervi di qualcosa,
né in maniera evidente, né in maniera sottile”.
Nei suoi discorsi in pubblico, capitava spesso che, riferendosi all’umanità
intera, Krishnamurti usasse termini generali come “il genere umano” oppure
“l’uomo”; nella seconda parte della sua vita, dopo aver usato uno di questi
termini, spesso si interrompeva e diceva al suo pubblico: “Vi prego, quando mi
riferisco all’uomo, includo naturalmente anche le donne, perciò non guardatemi
male”.
Egli parlava con straordinaria semplicità; non ricorreva a parole speciali,
né usava la terminologia dei guru o di quegli insegnanti religiosi legati ad una
setta o ad un’organizzazione particolare. Tra il 1930 e il 1986, anno della sua
morte, ha parlato a un pubblico sempre più numeroso, in Europa, nell’America
del Nord, nell’America del Sud, in Australia, in India.
SUOI PENSIERI
Lo scopo della vita
Sono molte le persone disposte a dirvi quale sia lo scopo della vita; vi
ripeteranno quello che dicono i libri sacri. Poi ci sono i furbi, che vi proporranno
lo scopo che loro stessi si sono inventati. I partiti politici hanno un loro scopo, i
vari gruppi religiosi ne hanno un altro e così via. Ma quale può essere lo scopo
della vita, quando voi stessi siete immersi nella confusione?
Se sono confuso, mi rivolgo a voi per chiedervi qual è lo scopo della vita,
perché spero di ottenere una risposta che mi faccia uscire dal mio stato di
confusione. Ma come posso avere la risposta giusta finché continuo ad essere
confuso? Capite? Se sono confuso, anche la risposta che riceverò sarà confusa.
Se la mia mente è confusa, turbata, se non è calma, se non è bella, qualsiasi
risposta mi venga data subirà gli effetti della mia confusione, della mia
angoscia, della mia paura, e quindi verrà deformata.
Allora quello che importa non è chiedere: “Qual è lo scopo della vita?
Qual è lo scopo dell’esistenza?”, ma dissipare la confusione che è in voi. È
come se un cieco chiedesse: “Che cos’è la luce?”. Qualunque cosa io gli dicessi,
la interpreterebbe ascoltando dalla sua cecità, dalla sua oscurità. Ma supponete
che all’improvviso possa vedere; non chiederebbe mai più che cos’è la luce. La
luce è lì. Analogamente, se poteste dissipare la confusione che è in voi,
scoprireste qual è lo scopo della vita; non dovreste più chiederlo a nessuno,
non dovreste andare a cercarlo da nessuna parte. Tutto quello che dovete fare
è liberarvi da ogni cosa che genera confusione.
Entrare in contatto con la morte
Abbiamo paura di morire. Per mettere fine alla paura della morte
dobbiamo entrare in contatto non con l’immagine della morte creata dal
pensiero, ma con quello stato che appartiene effettivamente alla morte.
Dobbiamo effettivamente provare a sentire questo stato, altrimenti la paura
della morte non finirà mai, perché la stessa parola “morte” genera paura e noi
preferiamo non pronunciarla nemmeno.
Ma è possibile entrare in contatto con
il fatto della morte pur essendo persone sane, normali, capaci di osservare e di
ragionare con chiarezza, di pensare con obiettività? Col passare del tempo
l’organismo si consuma, le malattie lo debilitano e alla fine muore.
Ma ora, se
siamo ancora persone sane, vogliamo scoprire che cosa significa morire. Non si
tratta di un desiderio morboso; forse, scoprendo che cos’è la morte capiremo
anche che cos’è la vita. La vita per noi ora è una tortura, una confusione senza
fine, una contraddizione continua; viviamo nel conflitto, nella sofferenza, nel
disordine. Andiamo in ufficio giorno dopo giorno provando sempre gli stessi
piaceri, gli stessi dolori, le stesse ansie, le stesse incertezze. Andiamo avanti a
tentoni: è questo che chiamiamo vivere. Ormai ci siamo abituati, lo accettiamo
e vivendo così invecchiamo e moriamo.
Per scoprire che cosa significa vivere e che cosa significa morire bisogna
entrare in contatto con la morte; questo significa che dobbiamo porre fine ogni
giorno a tutto quello che abbiamo conosciuto. Dobbiamo porre fine
all’immagine che abbiamo di noi stessi, della nostra famiglia, delle nostre
relazioni. È un’immagine costruita dai nostri piaceri e dalle relazioni che ci
legano alla società e a qualunque altra cosa. Questa immagine scompare
definitivamente nel momento in cui sopraggiunge la morte.
La paura della morte
Perché avete paura della morte? Forse perché non sapete vivere? Se
sapeste che cosa significa vivere in tutta la sua pienezza, avreste paura della
morte? Se amaste gli alberi, il tramonto, gli uccelli, la foglia che si e staccata
dal ramo; se vi rendeste conto della povera gente, delle lacrime versate da
tanti uomini e da tante donne, se veramente ci fosse amore nel vostro cuore,
avreste paura della morte?
Non lasciatevi convincere da me, pensiamoci insieme. Non c’è gioia nella
vostra vita, non siete felici, la vostra sensibilità non è viva a tutto quello che vi
circonda. Per questo voi venite a chiedere che cosa vi succederà quando
morirete. Vivere per voi significa soffrire ed e per questo che vi interessate alla
morte. Credete che forse troverete la felicità quando morirete. Questo e un
problema enorme e non so se volete veramente affrontarlo. Alla base di tutto
questo c’è la paura, la paura di morire, la paura di vivere, la paura di soffrire.
Se non capite che cosa genera la paura e se non siete capaci di liberarvene,
non ha molta importanza che viviate o che moriate.
Ho paura
Ora mi interessa indagare come si fa a liberarsi dalla paura del
conosciuto, cioè dalla paura di perdere la mia famiglia, la mia reputazione, le
mie qualità, il mio conto in banca, i miei desideri e così via. Potete dire che la
paura nasce nella coscienza, ma la vostra coscienza è costituita dai vostri
condizionamenti; quindi è un prodotto del conosciuto. Che cosa conosco?
Conoscenza significa farsi delle idee, avere delle opinioni su questa o
quella cosa, provare un senso di continuità nell’ambito di quello che
conosciamo…
C’è la paura del dolore. Il dolore fisico è una reazione nervosa, mentre la
sofferenza psicologica sorge quando mi attacco a qualcosa che mi soddisfa e
che ho paura di perdere; ho paura che venga qualcuno a portarmi via quello a
cui sono attaccato. Fin che accumulo acquisizioni psicologiche di vario tipo
senza particolari disturbi, sono al riparo dalla sofferenza psicologica. Questo
significa che io sono un cumulo di acquisizioni, di esperienze che fungono da
elementi protettivi tesi a impedire qualsiasi serio disturbo; io, infatti, non
intendo essere disturbato. Così ho paura di chiunque minacci queste protezioni.
Quindi la mia paura proviene dal conosciuto ed e connessa a tutte quelle
acquisizioni fisiche o psicologiche che mi servono per proteggermi dal dolore e
mi consentono di non soffrire.
Anche la conoscenza consente di evitare il dolore. Come la conoscenza
medica consente di evitare la sofferenza fisica, così le nostre fedi ci consentono
di evitare la sofferenza psicologica. È questo il motivo per cui ho paura di
perdere quello in cui credo, anche se non so bene che cosa sia quello in cui
credo, perché non ho alcuna prova concreta della sua realtà.
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Soltanto quello che muore può rinnovarsi
Quando parliamo di un’entità spirituale, intendiamo qualcosa che non
rientra nel campo della mente. Questo è ovvio. Ora, l’io è un’entità spirituale?
Se lo fosse, dovrebbe essere al di là del tempo, quindi non potrebbe né
rinascere né continuare. Il pensiero non può andare al di là della mente,
perché si svolge nel tempo e si basa sul passato. Il pensiero è un movimento
continuo, è la reazione del passato; quindi fondamentalmente è un prodotto
del tempo. L’io che il pensiero può prendere in considerazione fa parte del
tempo, non può essere libero e quindi non ha nulla di spirituale. Questo è
evidente. L’ “io” è solo un processo di pensiero e voi vorreste sapere se questo
processo di pensiero, continuando anche dopo la scomparsa del corpo fisico,
tornerà a nascere, si reincarnerà in una forma fisica.
Approfondiamo ancora un po’ la questione. Quello che ha una continuità
potrà mai scoprire la realtà, che è al di là del tempo e della misura? Quell’io,
che è un’entità legato ad un processo di pensiero, potrà mai rinnovarsi? Se non
può farlo, vuol dire che il pensiero deve necessariamente finire. Quello che
continua non è fondamentalmente distruttivo? Tutto quel che ha una continuità
non potrà mai rinnovarsi. Fin che il pensiero continuerà, alimentandosi di
ricordi, di desideri, di esperienze, non potrà mai rinnovarsi; quindi, proprio a
causa della sua continuità, non potrà conoscere la realtà. Potete anche
rinascere mille volte, ma non toccherete il male, non conoscerete la realtà,
perché solo quello che muore, solo quello che finisce può rinnovarsi.
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Morire senza discutere
Sapete che cosa significa venire in contatto con la morte? Morire senza
discutere? La morte, quando viene, non si mette certo a discutere con voi. Per
incontrarla dovete morire ogni giorno alla vostra angoscia, alla vostra
solitudine, alle vostre relazioni alle quali siete tanto attaccati; dovete morire ai
vostri pensieri, alle vostre abitudini, a vostra moglie, perché solo così potrete
vedere vostra moglie per la prima volta; dovete morire alla società, perché
solo così potrete sentirvi come esseri umani nuovi, freschi, giovani, capaci di
guardare tutto ciò che li encomia. Ma non potete incontrare la morte se non
morite ogni giorno. Solo quando morite c’è amore.
Una mente impaurita è incapace di amore; ha le sue abitudini, le sue
simpatie, si sforza di essere gentile; ma tutto questo rimane in superficie. La
paura genera dolore e il dolore è tempo e pensiero.
Per porre fine al dolore dovete entrare in contatto con la morte mentre
siete vivi; dovete morire al vostro nome, alla vostra casa, alle vostre proprietà,
alla vostra causa. Solo così troverete la freschezza, la giovinezza, la chiarezza
che vi consentono di vedere le cose come sono, senza la minima distorsione. È
questo che accadrà quando morirete.
Ma noi abbiamo circoscritto la morte ad un fatto fisico. Sappiamo molto
bene che l’organismo prima o poi smetterà di funzionare e arriverà la sua fine.
È una cosa logica. Quindi ci inventiamo una vita che vada oltre le angosce
quotidiane, la nostra insensibilità, la montagna di problemi che ci siamo creati,
la stupidità dell’esistenza che abbiamo accettato. Quello che vorremmo
continuasse a vivere lo chiamiamo “anima” e diciamo che è la cosa piu sacra
che esiste, che è parte del divino; ma tutto questo fa ancora parte del vostro
pensiero e quindi non ha nulla a che fare con la divinità. È questa la vostra
vita!
Così bisogna vivere ogni giorno rimanendo accanto alla morte, perché
solo così siete in contatto con la vita.
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Nella morte c’è l’’immortalità
Nella fine c’e rinnovamento. Solo la morte può consentire di esistere a
qualcosa di nuovo. Non è mia intenzione cercare di consolarvi, non vi sto
dicendo qualcosa a cui dobbiate credere o che dobbiate accettare
intellettualmente, perché ve ne servireste per trovare consolazione, come fate
con la vostra fede nella reincarnazione o nella continuità della vita dopo la
morte. Il fatto è che quel che continua non può rinascere, non può rinnovarsi.
Solo morendo ogni giorno è possibile rinnovarsi e rinascere. È questa
l’immortalità. Nella morte c’è l’immortalità, non nella morte che voi temete
tanto, ma nella morte di tutte le conclusioni a cui siete arrivati, dei ricordi,
delle esperienze con cui vi siete identificati. Il vostro ego è frutto di queste
identificazioni. Nella morte dell’ego, minuto per minuto, c’è l’eternità
c’è
l’immortalità, c’è qualcosa che bisogna sperimentare. Non serve a nulla
parlarne, discuterne, proprio come fate a proposito della reincarnazione e di
cose del genere.
Quando smettete di avere paura perché ogni minuto porta con sé la sua
fine e quindi un rinnovamento, allora vi aprite all’ignoto. La realtà non è
qualcosa che si possa conoscere e anche la morte è qualcosa che non si può
conoscere. Dire che la morte è bella, che è meravigliosa perché continueremo
ad esistere nell’aldilà, non ha alcun fondamento. Realtà significa vedere la
morte per quello che è, una fine, una fine nella quale c’è rinnovamento,
rinascita e non una continuità. Tutto ciò che continua decade, mentre solo
quello che ha il potere di rinnovarsi è eterno.
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La reincarnazione e’ fondamentalmente egoistica
Voi vorreste che io vi dessi per certo che tornerete a vivere un’altra vita.
Ma una cosa del genere non ha nulla a che fare né con la felicità, né con la
saggezza. Considerare la reincarnazione come un mezzo per raggiungere
l’immortalità è un processo fondamentalmente egoistico e quindi falso. La
vostra ricerca dell’immortalità e solo un altro aspetto del desiderio di dare
continuità alle vostre reazioni di autodifesa che vanno contro la vita, contro
l’intelligenza. Questo vostro desiderio vi può solo condurre a vivere
nell’illusione.
Allora quello che importa non è credere se la reincarnazione esista o
meno, ma trovare la propria completa realizzazione nel presente. E potrete
farlo solo quando la vostra mente e il vostro cuore avranno smesso di
proteggersi nei confronti della vita. La mente e astuta e sottile nel trovare
modi per difendersi e deve rendersi direttamente conto della natura illusoria
delle protezioni dietro cui vorrebbe trincerarsi. Questo significa che il vostro
pensiero e le vostre azioni devono costantemente rinnovarsi. Dovete liberarvi
dalla rete dei falsi valori che l’ambiente vi impone. Deve esserci una nudità
completa, assoluta. Allora c’è l’immortalità, c’è la realtà.
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Che cos’è la reincarnazione?
Vediamo di scoprire che cosa si intende per reincarnazione, vediamone la
verità; lasciate perdere quello che vi piace leggere, quello che avete sentito
dire o quello che il vostro maestro vi ha insegnato. Di certo è la verità che
libera, non le vostre conclusioni, le vostre opinioni…
Quando dite: “Io rinascerò”, dovete sapere che cos’è questo “io”. È
un’entità spirituale? È qualcosa che possiede una sua continuità? È qualcosa
che non dipende dai ricordi, dall’esperienza, dalla conoscenza? O l’io è
un’entità spirituale oppure è semplicemente un processo di pensiero. O è
qualcosa che non ha nulla a che fare col tempo, che possiamo definire
spirituale e che non può essere misurato in termini di tempo, oppure è qualcosa
che rimane circoscritto nel campo della memoria, del pensiero, del tempo. Non
ci sono altre possibilità.
Ora, vediamo di scoprire se questo “io” è al di là del tempo, se è
qualcosa di incommensurabile. Spero che stiate seguendo quanto stiamo
dicendo. Vediamo di scoprire se l’io, nella sua essenza, è qualcosa di spirituale.
Col termine “spirituale” intendiamo qualcosa che non possa essere
condizionato da nulla, qualcosa che non sia una proiezione della mente umana
– e quindi non rientra nel campo del pensiero – qualcosa che non muore.
Un’entità spirituale è al di là della mente, che non fa parte del campo in cui
opera il pensiero. Ora, l’anima e un’entità spirituale? Se lo fosse, dovrebbe
essere al di là del tempo e quindi non potrebbe essere qualcosa che rinasce o
che continua. Tutto ciò che continua non potrà mai rinnovarsi. Finché il
pensiero continuerà, alimentato dai ricordi, dal desiderio, dall’esperienza, non
conoscerà alcun rinnovamento. ciò che continua non può conoscere la realtà.
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Esiste l’anima?
Per comprendere il problema della morte dobbiamo essere liberi dalla
paura, che si inventa ogni genere di teorie sull’al di là, sull’immortalità, sulla
reincarnazione. In Oriente affermano che la reincarnazione esiste, che
torneremo a rinascere e che in questo processo si produce un costante
rinnovamento di quel qualcosa che viene chiamato “anima”. Ora, vi prego,
ascoltate attentamente.
Esiste qualcosa che possiamo chiamare “anima”? Crediamo che esista, ci
fa piacere crederlo: l’anima è qualcosa che consideriamo al di là del pensiero,
al di là delle parole, al di là di tutto; è qualcosa di eterno, di spirituale, che non
morirà mai. Il pensiero si aggrappa ad un’idea del genere, ma esiste davvero
una cosa simile? Esiste davvero un’anima che sia al di là del tempo, al di là del
pensiero, che non sia un concetto inventato dall’uomo?
Esiste un’anima che
trascenda la natura umana, che non sia l’invenzione di una mente astuta?
La mente vede in quale enorme incertezza, in quale confusione viviamo;
non c’è nulla che permanga nella vita, proprio nulla. Le vostre relazioni, vostra
moglie, vostro marito, il vostro lavoro, niente di tutto questo è permanente.
Così la mente si inventa qualcosa di eterno, che chiama “anima”. Ma proprio
perché la mente può pensare a una cosa del genere, proprio perché il pensiero
può immaginarsi una cosa simile, questa fa ancora parte del tempo. È
evidente. Quello a cui io posso pensare fa parte del mio pensiero. E il mio
pensiero e un prodotto del tempo, dell’esperienza, della conoscenza. Quindi
l’anima rimane circoscritta nei limiti del tempo.
L’idea della continuità di un’anima, che continua a rinascere
indefinitamente, non ha senso; è l’invenzione di una mente impaurita, di una
mente che cerca di continuare ad esistere e che pretende una certezza alla
quale affidare la sua speranza.
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Karma
Karma implica la causa e l’effetto. Un’azione determinata da una causa
produce un effetto. L’azione che scaturisce dal condizionamento produce certi
risultati. Ma causa ed effetto non sono qualcosa di fisso, di statico. L’effetto a
sua volta diventa una causa. Quindi né la causa né l’effetto sono qualcosa di
fisso. L’oggi è il risultato di ieri, è il frutto di ieri sia dal punto di vista
cronologico che da quello psicologico. E l’oggi diventa la causa di domani.
Quindi la causa è l’effetto e l’effetto a sua volta diventa la causa: è un unico
movimento, senza interruzioni.
Né la causa, né l’effetto sono qualcosa di fisso.
Quando causa ed effetto diventano cose fisse, si produce una specializzazione
e la specializzazione implica la morte. Qualsiasi specie, una volta che ha
raggiunto una precisa specializzazione, inevitabilmente scompare.
La grandezza dell’essere umano consiste nel fatto che non può
specializzarsi. può farlo nel campo tecnologico, ma non nella sua intima
struttura. Una ghianda è specializzata: può essere solo quello che è. Ma
l’essere umano non è completamente delimitato. Esiste in lui la possibilità di un
costante rinnovamento. Non è circoscritto nei limiti di una specializzazione.
Se noi consideriamo la causa, lo sfondo, che determina il
condizionamento, scollegati dagli effetti che provocano, il pensiero entrerà
inevitabilmente in conflitto con lo sfondo, con la causa. Il problema è
estremamente complesso e non si risolve col credere o non credere nella
reincarnazione. Il problema riguarda il vostro modo di agire e non ha molta
importanza che crediate o meno nella rein carnazione o nel karma. È del tutto
irrilevante in che cosa crediate.
L’azione basata su un’idea
Un’azione che è un susseguirsi di cause e di effetti, che cosa ha a che
fare con la libertà? Ho fatto qualcosa in passato, ho avuto delle esperienze:
queste, evidentemente, condizionano le mie reazioni odierne e le mie reazioni
di oggi condizionano il mio domani. Questo è il processo del karma, la catena
delle cause e degli effetti. E sebbene questo processo possa avere a che fare
temporaneamente col piacere, alla fine porta inevitabilmente con sé il dolore.
Il punto cruciale della questione è: il pensiero può essere libero? Un
pensiero, un’azione che siano liberi non producono sofferenza, non generano
altro condizionamento. Questo è il punto fondamentale dell’intera questione.
Allora, esiste un’azione che non sia collegata al passato? Può esistere
un’azione che non si basi su un’idea? Un’idea rappresenta la continuità; è la
continuazione di ieri, che si modifica assumendo la forma di oggi e condiziona
inevitabilmente il domani. Questo significa che un’azione basata su un’idea non
sarà mai libera; un’azione basata su un’idea non farà altro che estendere il
conflitto. È un fatto inevitabile.
Ma esiste un’azione che non abbia nulla a che fare col passato? Esiste
un’azione che non sia oppressa dal peso dell’esperienza e della conoscenza di
ieri? L’azione legata al passato non sarà mai libera, mentre e soltanto nella
libertà che potete scoprire la verità.
Il fatto è che se la mente non è libera, non
può agire; può solo reagire. Le nostre azioni, in realtà, non sono altro che
reazioni. Le nostre azioni non sono affatto azioni, sono semplicemente un
insieme di reazioni che provengono dal ricordo e dall’esperienza di ieri. Allora
la domanda che ci si deve porre è: la mente può essere libera dal suo
condizionamento?
L’amore non è il piacere
Senza capire il piacere, non potrete comprendere l’amore. L’amore non è
piacere, è qualcosa di completamente diverso e, se volete capire il piacere,
dovete imparare a conoscerlo. Per la maggior parte di noi, come per ogni
essere umano, il sesso e un problema. Perché? Ascoltate attentamente. È un
problema che non siete capaci di risolvere, e quindi cercate di sfuggirlo.
I
sanyasi tentano di sottrarsi ad esso facendo voto di castità. Cercano di
reprimerlo. Ma guardate che cosa accade ad una mente che reprime qualcosa
che è parte integrante della vostra struttura ed ha a che fare con l’intero
sistema ghiandolare: diventate aridi e alimentate un conflitto costante dentro
di voi.
Come stavamo dicendo, a quanto sembra noi abbiamo solo due modi per
affrontare un problema: o cerchiamo di reprimerlo oppure tentiamo di
sfuggirlo. Ma in realtà tra il reprimere e il fuggire non c’è alcuna differenza,
sono la stessa cosa. Ci siamo inventati un’infinità di vie di fuga, estremamente
intricate, a livello concettuale o emozionale.
E anche tutte le nostre ordinarie attività quotidiane costituiscono una
fuga. Ci sono infiniti modi per fuggire. Ora non li prenderemo in
considerazione; tuttavia il problema resta. Il sanyasi, che fugge il problema a
modo suo, non lo risolve. può reprimere il sesso, può fare voto di castità, ma
quel problema ribolle dentro di lui. Esteriormente può indossare la veste della
semplicità, ma questo complica ulteriormente le cose e il problema continua ad
esistere, così come esiste nella vita quotidiana dell’uomo comune. Come
risolverete questo problema?
Non si può coltivare l’amore
Non si può coltivare l’amore. Non si può dividere l’amore in amor sacro e
amor profano. C’è soltanto amore che non fa differenza tra l’uno e i molti. Non
ha senso chiedere a qualcuno se ama tutto. Sapete, ad un fiore che emana il
suo profumo non importa se qualcuno lo odora oppure gli volta le spalle. Anche
per l’amore è così. L’amore non è un ricordo, non è un’invenzione della mente,
dell’intelletto. È la compassione che affiora quando viene capito e risolto con
naturalezza l’intero problema dell’esistenza, con tutto quello che esso
comporta: la paura, l’avidità, l’invidia, la speranza, la disperazione. Un uomo
ambizioso non può amare. Un uomo attaccato alla sua famiglia è incapace di
amare. La gelosia non ha nulla a che fare con l’amore. Quando dite: “Amo mia
moglie”, in realtà non sapete che cosa significa, perché un attimo dopo vi
lasciate assalire dalla gelosia.
L’amore implica grande libertà. Libertà non significa fare quello che ci
pare e piace. L’amore affiora quando la mente è molto calma, del tutto
disinteressata, priva diqualsiasi egoismo.
Non vi sto proponendo degli ideali. Se in voi non c’è amore, fate quello
che volete – inseguite tutti gli dei della terra, dedicatevi ad ogni genere di
assistenza sociale, cercate di attuare delle riforme politiche che eliminino la
povertà, scrivete libri o poesie, ma sarete degli esseri umani morti. Senza
amore i vostri problemi aumenteranno, si moltiplicheranno all’infinito. Mentre,
se c’è amore, qualunque cosa facciate non correrete rischi, non vivrete nel
conflitto.
L’amore è l’essenza della virtù. Una mente che non sia in quello stato che
è amore, non è una mente religiosa. Solo la mente religiosa è libera dai
problemi e conosce la bellezza dell’amore, della verità.
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Esiste un amore che non ha motivi?
Che cos’è l’amore che non ha motivi? Esiste un amore che non richiede
stimoli, che non pretende nulla per sé? Esiste un amore che non si senta ferito
se non viene ricambiato? Se io ti offro la mia amicizia e tu mi volti le spalle,
non mi sento ferito? E il mio sentirmi offeso che cos’ha ha a che fare con
l’amicizia, la generosità, la simpatia? Certamente, finché mi ritengo offeso,
finché provo paura, finché cerco di aiutarti nella speranza che anche tu mi
aiuterài, mi servirài, non potrà esserci amore.
Se lo capite, avrete anche la risposta.
L’amore è pericoloso
Come fa l’uomo a vivere senza amore? Certo, si può esistere senza
amore, ma e un’esistenza piena di confusione e di sofferenza, un’esistenza
nella quale il controllo prende il sopravvento.
Ed è proprio un’esistenza del
genere che la maggior parte di noi sta creando. Per esistere ci organizziamo
accettando il conflitto come inevitabile, perché siamo ininterrottamente alla
ricerca del potere. Quando amiamo, l’organizzazione e messa al posto giusto e
svolge Il proprio ruolo; ma senza amore qualsiasi organizzazione diventa un
incubo, una struttura meccanica che mira esclusivamente all’efficienza, come
l’esercito. E siccome la società moderna si basa esclusivamente sull’efficienza,
non possiamo fare a meno di avere degli eserciti, il cui scopo è quello di fare la
guerra. Anche nel cosiddetto tempo di pace, quanto più siamo efficienti, tanto
più diventiamo spietati, brutali, ipocriti.
È questo il motivo per cui c’è tanta confusione nel mondo, dove la
burocrazia diventa sempre più potente e i governi tendono ad essere sempre
più dittatoriali. Noi accettiamo questa situazione come inevitabile perché per
vivere usiamo il cervello e non il cuore, così per noi l’amore non esiste.
L’amore e l’elemento più pericoloso che esista; porta con sé una totale
incertezza e siccome noi non vogliamo vivere nell’incertezza, siccome non
vogliamo sentirci in pericolo, viviamo nella mente e non nel cuore. L’essere
umano che ama è pericoloso e noi non vogliamo vivere pericolosamente;
vogliamo l’efficienza, vogliamo sentirci protetti da un’organizzazione, perché
crediamo che le organizzazioni servano a portare l’ordine e la pace nel mondo.
Ma nessuna organizzazione ha mai portato, né porterà mai, l’ordine e la pace
nel mondo. Alla fine, e quindi ora, chi può portare ordine e pace sono soltanto
l’amore, la buona volontà, la compassione.
La compassione non è una parola
Il pensiero non ha la minima possibilità di coltivare la compassione. Con
la parola compassione io non intendo qualcosa che sia l’opposto, l’antitesi
dell’odio, della violenza. Se in noi non c’è una compassione profonda,
diventeremo sempre più spietati e disumani nelle nostre relazioni reciproche.
Avremo delle menti meccaniche che funzionano come computer, addestrate ad
essere psicologica, e perderemo con tatto col senso della vita, con la sua
straordinaria profondità e bellezza.
Quando parlo di compassione, non intendo qualcosa che si possa
acquisire. La compassione non è una parola, non è qualcosa che appartiene al
passato, ma e’ qualcosa che agisce nel presente; è il verbo e non la parola, il
nome, Il sostantivo. C’è differenza tra il verbo e la parola. Il verbo e’ azione nel
presente, mentre la parola proviene sempre dal passato e quindi e’ qualcosa di
statico. Potete conferire del movimento, della vitalità a una parola, a un nome,
ma il verbo e un’altra cosa. Il verbo e’ il presente…
La compassione non è un sentimento, non è vaga simpatia o
compartecipazione. Non è qualcosa che il pensiero possa coltivare; non potete
imporle una disciplina, un controllo; non potete reprimerla, né per accostarvi
ad essa vi basta la gentilezza, l’educazione, la dolcezza e così via. La
compassione affiora solo quando il pensiero è stato definitivamente sradicato.
Trasmettere la compassione
Se mi stanno a cuore la compassione, l’amore, il sentimento del sacro,
esiste un modo che consenta la trasmissione di questo sentire? Vi prego, fate
attenzione. Se io trasmetto qualcosa attraverso un microfono o se ricorro ai
sistemi della propaganda per convincere gli altri, i loro cuori continuerànno a
rimanere vuoti. Entrerà in funzione la fiamma dell’ideologia e le persone che si
lasceranno convincere cominceranno a ripetere formule vuote, proprio come
fate voi. A che serve ripetere che dobbiamo essere buoni, gentili, liberi? A che
serve ripetere le assurdità che i politici
Che cosa deve fare un essere umano, quando si rende
conto che qualsiasi imposizione, più o meno sottile, non porta con sé la
bellezza e non consente il fiorire della bontà, della compassione? Che relazione
c’è tra l’essere umano che ha in se la compassione e l’uomo che è aggrappato
alla tradizione e che si rifugia nella collettività? Come facciamo a scoprire, non
in maniera teorica ma effettivamente, che relazione esiste tra questi due esseri
umani?
Dove c’è conformismo, non può fiorire la bontà. Abbiamo assoluto
bisogno di libertà; ma la libertà può esserci solo quando capite fino in fondo e
nella sua interezza il problema dell’invidia, dell’avidità, dell’ambizione, del
desiderio di potere. È solo la libertà da tutto questo che farà sbocciare quella
cosa straordinaria che chiamiamocarat ter e. Un uomo libero ha in se la
compassione e sa che cos’è l’amore, non l’uomo che parla di moralità, usando
ripetutamente parole vuote.
La bontà non può fiorire nell’ambito della società, perché la società e
inevitabilmente corrotta in se stessa. L’essere umano, che si libera
completamente dalla struttura della società perché ha capito su quale processo
essa si basa, ha carattere, e solo un uomo simile può fiorire nella bontà.
La solitudine ha la sua bellezza
Non so se vi siete mai sentiti soli: all’improvviso vi rendete conto di non
essere in relazione con nessuno. Ve ne rendete conto non intellettualmente,
ma effettivamente… Vi sentite completamente isolati; pensiero ed emozione si
bloccano; non sapete da che parte voltarvi. Non c’è nessuno a cui possiate
rivolgervi, né dei, né angeli. È come se se ne fossero andati tutti quanti oltre le
nubi; e quando le nubi scompaiono vi accorgete che anche loro sono scomparsi
e voi rimanete totalmente soli.
Ma c’è una solitudine completamente diversa, una solitudine ricolma di
bellezza. Questa solitudine vi è necessaria.
Quando l’essere umano non ha più
nulla a che fare con la struttura sociale, fatta di avidità, ambizione, invidia,
arroganza, quando smette di desiderare una posizione e il successo e si libera
da tutto questo, allora si ritrova in quella solitudine, completamente diversa
dalla solitudine che ben conosciamo. Allora c’è una grande bellezza e il senso di
una straordinaria energia.
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Una solitudine che non è isolamento
Sebbene siamo tutti esseri umani, abbiamo costruito delle barriere che ci
separano gli uni dagli altri, le barriere del nazionalismo, della razza, della
casta, della classe sociale, che ci condannano a vivere nell’isolamento, nella
solitudine.
Una mente rinchiusa nel suo isolamento, nella sua solitudine, non ha la
minima possibilità di capire che cos’è la religione. può credere in qualcosa, può
aggrapparsi a teorie, formule, concetti, può tentare di identificarsi con quello
che essa chiama Dio, ma io ho l’impressione che la religione non abbia in realtà
nulla a che fare con le fedi, i preti, le chiese e i cosiddetti libri sacri.
Si può capire quale sia lo stato di una mente religiosa solo quando
cominciamo a comprendere la bellezza. E ci si deve accostare alla
comprensione della bellezza con quello stato della mente che è solo perché non
ha confronti. Quando la mente vive in uno stato nel quale non ha bisogno di
nulla, può conoscere la bellezza; nessun altro stato può consentirle di
avvicinarla.
La solitudine di cui stiamo parlando non è isolamento e non è nemmeno
legato, ad una capacità eccezionale in qualche campo; essa semplicemente
implica il sostegno della sensibilità, dell’intelligenza, della comprensione.
Questa solitudine richiede che la mente sia libera da qualsiasi influenza e
capace di non farsi contaminare dalla società. Questa solitudine è necessaria
per capire che cos’è la religione: religione significa scoprire per conto proprio
se esiste qualcosa che è immortale, che è al di là del tempo.
Vivere nell’isolamento
L’isolamento deve essere completamente superato, se vogliamo scoprire
una solitudine che non ha nulla a che fare con l’isolamento. La solitudine di cui
stiamo parlando richiede una mente integra, in cui ci sia armonia fra tutte le
sue funzioni. La nostra mente non è così; divide e separa tutto quello che
tocca. È questo il suo modo di funzionare e quindi e condannata a vivere
nell’isolamento.
La solitudine di cui parliamo non separa, non è influenzata dalla
frammentarietà, non è Il prodotto della frammentarietà. La nostra mente è a
pezzi, e piena di frammenti, e stata costruita e ridotta così attraverso i secoli e
quindi non può conoscere quell’interezza che è completezza. Solo quando la
mente si rende conto dell’isolamento in cui vive, quando scopre la sua
frammentarietà, può consentire che l’interezza affiori. Allora può esserci
qualcosa che è incommensurabile.
Sfortunatamente la maggior parte di noi si accontenta di dipendere,
vuole dipendere. Vogliamo compagnia, vogliamo degli amici e continuiamo a
vivere mantenendo uno stato di separazione che inevitabilmente genera
conflitto. Quella solitudine che è interezza non conoscerà mai il conflitto. La
mente che vive nell’isolamento non potrà mai conoscere né capire quello stato
che è senza conflitto.
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La solitudine che porta con sé l’innocenza
La maggior parte di noi non conosce quella solitudine che è interezza.
Potete andare a fare gli eremiti su una montagna, ma inevitabilmente
porterete con voi le vostre idee, le vostre esperienze, le vostre tradizioni, la
conoscenza che avete accumulato.
Il monaco cristiano, chiuso in un
monastero, non conosce quella solitudine che è interezza. Vive con i suoi
concetti teologici, con le sue immagini di Genii, con tutto quello in cui crede,
con i dogmi legati al suo particolare condizionamento. E si può dire la stessa
cosa per il sanyàasi, in India, che si ritira dal mondo e vive in isolamento. La
sua solitudine non è interezza, perché anch’egli vive legato ai suoi ricordi.
Sto parlando di una solitudine nella quale la mente e del tutto libera dal
passato; in questa libertà c’è innocenza, che è virtù. Forse voi direte:“È
troppo chiedere una cosa simile; non si può vivere così in un mondo tanto
caotico, dove bisogna andare in ufficio tutti i giorni per guadagnarsi da vivere,
per mantenere i propri figli e dove bisogna sopportare le lamentele del marito
o della moglie”.
Eppure io credo che quanto stiamo dicendo sia direttamente e
strettamente connesso alla vita quotidiana, al nostro agire quotidiano;
altrimenti non avrebbe alcun valore. Da quella solitudine, che è interezza
interiore, proviene una virtù che è forza è che porta con sé una straordinaria
purezza e gentilezza. Non ha molta importanza se si commettono degli errori;
non è questo che conta. Quello che è importante avere la sensazione di essere
assolutamente soli, intatti, al di là di qualsiasi contaminazione. Solo allora la
mente può conoscere, può cogliere quello che è al di là della parola, al di là del
nome, al di là di ogni immaginazione.
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innocenza e solitudine
Uno dei fattori che alimentano la sofferenza degli esseri umani è il loro
isolamento. Fatevi pure tutte le amicizie che volete, venerate i vostri dei,
accumulate una conoscenza straordinaria, datevi incredibilmente da fare nel
campo dell’assistenza sociale, discutete all’infinito di politica – cosa che i
politici fanno normalmente – ma non potrete minimamente scalfire
quell’isolamento. Nel suo isolamento l’essere umano cerca di dare un
significato alla vita o se ne inventa uno, ma la sua solitudine rimane. Ora,
potete osservare questo isolamento per quello che è, senza fare confronti,
senza tentare di sfuggirlo, senza tentare di nasconderlo, senza cercare di
allontanarvene? Allora vedrete che questa solitudine diventa qualcosa di
completamente diverso.
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Noi non siamo integri. Siamo il prodotto di un’infinità di influenze, di
migliaia di condizionamenti, di deformazioni psicologiche; siamo il frutto della
propaganda e della cultura. Noi non siamo integri e quindi siamo esseri di
seconda mano. Quella solitudine che è assoluta integrità implica il non
appartenere ad una famiglia, per quanto si possa avere una famiglia, il non
appartenere ad una nazione, ad una cultura, il non dipendere da
un’occupazione particolare. Significa avere la sensazione di essere degli
estranei, estranei ad una nazione, ad una famiglia e ai loro modi di pensare e
di agire. In quella solitudine che è integrità c’è innocenza, un’innocenza che
libera la mente dal dolore.
Cominciate da qui
Un uomo religioso non cerca Dio. Per l’uomo religioso quello che importa
è la trasformazione della società, perché la società è lui stesso. Religioso non è
colui che celebra una quantità infinita di rituali, non è colui che segue le
tradizioni o che vive immerso in una cultura ormai morta, continuando a
cantare litanie, a fare il sanyàasi, a spiegare senza sosta laGita o laBibbia. Un
uomo simile non è affatto religioso, è semplicemente una persona che si rifiuta
di affrontare i fatti. Quello che veramente interessa all’uomo religioso e capire
fino in fondo la società, in ogni suo aspetto, perché la società è lui stesso; egli
non è separato dalla società.
Il fatto di aver prodotto dentro di sé una trasformazione radicale, che
implica la totale scomparsa dell’avidità, dell’invidia, dell’ambizione, fa sì che
egli non dipenda dalle circostanze, sebbene ne sia il prodotto, a causa del cibo
che mangia, dei libri che Legge, dei film che va a vedere, dei dogmi, delle
credenze, delle cerimonie religiose che sono alla base della cultura in cui è
stato educato. Egli è un essere responsabile e quindi deve capire se stesso:
deve capire che è lui il prodotto della società che egli stesso ha creato. E allora,
se vuole scoprire la realtà deve cominciare da qui; non gli servirà andare al
tempio o venerare un’immagine, costruita dalla mente o dalla mano dell’uomo.
Altrimenti, come potrà scoprire qualcosa di nuovo, uno stato assolutamente
nuovo?
Il vostro Dio non è Dio
Colui che crede in Dio non lo troverà mai. Se siete aperti alla realtà, non
avete alcun bisogno di credere. Se siete aperti all’inconoscibile, non avete
alcun bisogno di crederci. La mente che si aggrappa ad un a fede lo fa solo per
autoproteggersi e solo una mente meschina può credere in Dio. Gli aviatori,
che durante la guerra andavano a bombardare le città nemiche, dicevano che
Dio era con loro mentre sganciavano tutte quelle bombe! Voi credete in Dio
anche quando uccidete, anche quando sfruttate il vostro prossimo! Venerate
Dio e poi continuate a estorcere spietatamente denaro, a finanziare eserciti…
Eppure dite di credere nella misericordia, nella compassione, nella gentilezza.
Finché vi aggrapperete alle vostre fedi non potrete pensare all’inconoscibile,
all’incommensurabile.
La mente è frutto del passato, è il prodotto di quello che è accaduto ieri.
Come può una mente simile aprirsi all’inconoscibile? Può solo proiettare
immagini che però non sono la realtà: così il vostro Dio non è Dio; è
un’immagine che vi siete creati perché possa darvi soddisfazione. La realtà
affiora solo quando la mente comprende la totalità dei processi che la
costituiscono e si dissolve in modo definitivo. Solo la mente che è del tutto
vuota possiede la capacità di ricevere l’inconoscibile. La mente non può
purificarsi finché non capisce il significato della sua relazione con la proprietà,
con la gente e non scopre il modo giusto di essere in relazione con qualsiasi
cosa.
La mente non potrà mai essere libera, finché non capite come nasce il
conflitto nelle sue relazioni.
Quando nella mente c’è un silenzio assoluto, una
calma assoluta, quando la mente non proietta più nulla, quando non cerca più
nulla, in quell’assoluto silenzio affiora l’eterno, cioè quello che è al di là del
tempo.
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