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La Soia Ha Un Effetto Negativo Su Liquido Seminale
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LA SOIA HA UN EFFETTO NEGATIVO SU LIQUIDO SEMINALE

Non esagerare con la soia e perche’ le sue piantagioni hanno distrutto una grande parte della foresta amazzonica e perche’ se si sta cercando di diventare papà diventa piu’ problematico.

Sostanze come la daidzeina e la genisteina (fitoestrogeni), presenti in prodotti a base di questo legume come latte, yogurt, tofu o miso, influiscono negativamente sulla qualità del liquido seminale e, di conseguenza, sulla capacità riproduttiva.

Lo stesso effetto ha il metil-parabene, ‘ingrediente’ di molti prodotti cosmetici.

Lo rivela uno studio presentato dal ricercatore della Fondazione Ivi, Francisco Dominguez, e dal suo team al meeting dell’American Society for Reproductive Medicine (Asrm).

 

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Questo studio pilota, che ha coinvolto 25 volontari, ha cercato di analizzare l’influenza di inquinanti ambientali – i cosiddetti ‘interferenti endocrini’ – e altre sostanze che come i fitoestrogeni che incidono con la variazione nel numero dei cromosomi (aneuploidia) o con aberrazioni cromosomiche nel liquido seminale, modificandone la qualità.

“Gli interferenti endocrini sono agenti esterni con cui si entra in contatto ogni giorno, e che influenzano il nostro equilibrio ormonale.

Questo tipo di ricerca – afferma Dominguez – ci aiuta a chiarire ciò che influisce sulla capacità riproduttiva degli uomini e quindi permette loro di adottare misure per contribuire ad aumentare le possibilità di successo quando sottoposti a trattamenti di riproduzione assistita”.

L’indagine ha innanzitutto determinato, attraverso un questionario, a quali contaminanti sono stati regolarmente esposti i donatori di seme.

Sono stati poi effettuati test per stabilire se queste sostanze erano presenti nel sangue, nell’urina e nel liquido seminale e se sì, a che livello.

Il gruppo di ricerca ha riscontrato alte concentrazioni di questi interferenti endocrini nel seme dei donatori, che possono dare origine a spermatozoi con un numero inadeguato di cromosomi.

 

Per esempio, queste anomalie sono le causa di una scarsa motilità degli spermatozoi che, tra gli altri difetti, influenza negativamente la capacità riproduttiva dei donatori in questione.

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L’equipe ha intenzione di replicare, in futuro, lo studio con le donne e valutare se questi agenti influenzano anche il numero di ovociti e la loro capacità di riproduzione.

 

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Salute: dormire poco fa ingrassare, 385 calorie in più con notti bianche
Milano, 2 nov. (AdnKronos Salute) 16:18
Notti bianche, giorni affamati.

Dormire poco fa ingrassare, confermano gli scienziati che stavolta si spingono oltre, a calcolare con precisione le calorie in più lasciate quotidianamente in eredità dalla carenza di sonno: sarebbero più o meno 385, le stesse di un piattino di tiramisù o di 4 fette e mezzo di pane, un regalo extra sulla bilancia ma senza neanche il piacere per il palato.

E così restare svegli diventa un ‘peso’ in tutti i sensi.

 

 

Alimenti: esperto, da portapranzo a caffè come evitare plastica a tavola
Roma, 31 ott. (AdnKronos Salute) 16:51
Si comincia con un caffè, preparato con le capsule in plastica.

E si continua con un pranzo, anche sanissimo, portato in ufficio con un portapranzo di plastica e una bottiglietta d’acqua, magari poi riciclata per trasportare del tè verde o una tisana.

Nulla di apparentemente ‘pericoloso’ ma l’onnipresenza delle plastiche non va sottovalutata.

“I contenitori e gli imballaggi sono sicuri, se usati correttamente.

Ma micro quantità di plastificanti comunque migrano nei cibi.

La questione dell’accumulo, se i prodotti a contatto con la plastica sono tanti, va considerata”, spiega Giacomo Dugo, docente di chimica degli alimenti dell’università di Messina, che da 25 anni studia questi argomenti insieme alla sua équipe di cui fanno parte Giusy Di Bella e Marcello Saitta. Una ‘linea di ricerca’ nata quasi per caso, quando, dopo la decisione della Coca-Cola di non importare più dalla Sicilia gli oli essenziali di agrumi (presenti nella loro ricetta) perché risultati contaminati, è cominciata l’indagine degli scienziati.

Il gruppo di studio di Dugo riuscì ad individuare di cosa si trattava, ovvero plastificanti.

E a scoprire come c’erano finiti, considerando che gli oli erano contenuti in contenitori d’acciaio.

“Abbiamo scoperto che il passaggio attraverso i tubi da travaso, in plastica, faceva migrare negli oli queste sostanze: una vera minaccia anche per il produttore, visto che costano circa 100 euro a litro.

Oggi sappiamo che nella produzione tutti i materiali degli strumenti che l’alimento incontra devono essere considerati”, racconta Dugo all’Adnkronos Salute.

Da allora molte sono state le ricerche come quelle sulla moka classica, che al cambio di guarnizioni può rilasciare plastificanti nei primi passaggi, o sulle capsule in plastica del caffè.

“In Italia il problema è stato affrontato, a livello normativo, dal 1973, con limiti previsti per i contenitori che non pongono nessun problema per la salute.

E anche la normativa comunitaria, arrivata nel 2011, tutela i consumatori”.

Bottiglie, vaschette e altro vengono prodotte, a seconda di ciò che dovranno contenere, in modo che la ‘migrazione’ dei plastificanti resti nei limiti (o al di sotto) dei livelli, già prudenziali, previsti dalla legge.

Ma è necessario usare la plastica correttamente e assicurarsi che sia prodotta in Europa.

“Ci sono prodotti un po’ più a rischio, quelli acidi o grassi, che vanno conservati nei contenitori realizzati appositamente”, spiega l’esperto.

La plastica delle bottigliette d’acqua, ad esempio, non è uguale a quella delle bibite gasate e acide.

“Bisogna considerare poi – continua l’esperto – che questi contenitori sono monouso, non vanno riutilizzati all’infinito né per prodotti di diverso tipo”.

Riempire diverse volte con acqua di rubinetto le bottiglie di acqua minerale non è una buona idea.

Come non lo è esporle alla luce o al caldo eccessivo. Un grave errore, poi, usare la plastica destinata all’acqua per contenere olio, aceto, te’ al limone.

Mentre, in generale, limitare l’uso di questi materiali a tavola è una buona pratica.

“Non ci sono problemi se i consumi sono limitati.

Una bottiglietta di tè da 200 ml e tre caffè con cialde di plastica in una giornata non pongono problemi.

Ma un po’ di attenzione è utile, anche per una questione di riduzione dell’inquinamento”, aggiunge Dugo che offre alcuni suggerimenti per limitare la presenza delle plastiche a tavola.

I piatti di plastica, per esempio, andrebbero limitati o sostituiti con quelli, oggi disponibili, di carta.

E comunque sono da utilizzare solo per alimenti freddi e non grassi.

“La lasagna bollente – spiega – è una pessima idea”.

Se si preferisce l’acqua del rubinetto “meglio portare in borsa una borraccia di vetro, ce ne sono rivestite di plastica, per evitare che si rompano.

Il vetro è il materiale migliore per tutti i tipi d’alimento”. Una ‘buona pratica’ è quella di non usare la plastica nelle mense scolastiche e negli ospedali.

Mentre per chi mangia in ufficio il vecchio portapranzo di metallo è una buona scelta, insieme al vasetto di vetro.

Ai party, poi, no al finger food.

“I mini contenitori usa e getta spesso sono realizzati con plastica di bassa qualità e importati dall’estero, per limitare i costi.

Meglio le stoviglie classiche o gli spiedini di legno, anche per evitare l’inquinamento”.

Attenzione infine alle stoviglie per i bambini, per i quali si preferisce frequentemente la plastica, perché infrangibile, con l’aggravante dei decori colorati: “anche i coloranti migrano nel cibo”, ricorda Dugo.

“Sarebbe meglio tornare ad antiche abitudini.

Un tempo, per lo svezzamento, si regalava al bambino un cucchiaio d’argento, che veniva usato fino ai 10 anni.

Un metodo sano e assai poco inquinante.

Ovviamente non c’è bisogno dell’argento.

Semplici posate di metallo e stoviglie di vetro infrangibile restano la scelta più sana”, conclude

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