La storia di Julia e una sequoia
Nel dicembre 1997,a 23 anni, Julia “Butterfly” Hill si è arrampicata in cima a una sequoia,
battezzata Luna, per protestare contro l’abbattimento di una foresta di alberi millenari nel nord della
California da parte della Pacific Lumber, una società nel settore della raccolta del legname.
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Solo dopo 2 anni ne è discesa, avendo raggiunto con la Pacific Lumber un accordo di grande
valenza simbolica, per la conservazione di Luna e degli alberi circostanti. Durante tutto questo periodo ha vissuto su una piccola e traballante piattaforma a circa sessanta metri di altezza, in balia delle tempeste, degli elicotteri della Pacific Lumber e dei suoi agenti di sicurezza che impedivano il passaggio dei
rifornimenti. Ha raccontato la sua storia nel libro ‘Una ragazza sull’albero’.
GRAZIE JULIA PER ESSERE UN COSI’ LUMINOSO ESEMPIO!
A molti il nome di Julia Butterfly Hill non dirà nulla, ma basta sapere che la sua storia rappresenta un caso senza precedenti di resistenza civile ambientale e che senza la sua eroica impresa molti alberi millenari degli Stati Uniti sarebbero stati abbattuti. Il suo merito però, consiste soprattutto nell’aver permesso che l’opinione pubblica americana e mondiale prendesse coscienza del problema del disboscamento massiccio in corso durante gli anni ’90.
Giovane californiana senza apparenti meriti, Julia divenne in breve tempo un’icona del movimento ambientalista per la salvaguardia delle foreste e degli alberi. Andando indietro a quegli anni, il suo è un caso unico: la sua voce si è scagliata potentissima contro il sistema di sfruttamento ambientale della Pacific Lumber, azienda locale di abbattimento di alberi e lavorazione del legno, colpevole di aver commesso numerose infrazioni ai danni dell’ecosistema di estese zone boschive.
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Julia è riuscita a mettere in subbuglio il sistema attraverso un “semplice” atto di resistenza pacifica, ovvero, rimanendo per 738 giorni su una sequoia millenaria, dal dicembre 1997 a quello del 1999.
Stafford è una piccola città del nord-California situata ai piedi di una collina, non particolarmente degna di nota se non per il fatto che in quegli anni stava subendo un disboscamento di massa, al punto da creare una situazione molto pericolosa per chi viveva in quei luoghi: tagliando tronchi degli alberi, le cui radici permettevano all’ecosistema di rimanere stabile, le frequenti piogge tipiche della zona crearono delle frane di fango che investirono e di conseguenza distrussero un gran numero di case, risparmiando le vite al suo interno solo per miracolo. Il responsabile del disboscamento era, neanche a dirlo, la Pacific Lumber.
Coscienti di questi fenomeni, rimasti impuniti a causa di sottili giochi di potere, si organizzarono diversi gruppi di resistenza pacifica tra cui Earth First! con delle occupazioni sugli alberi, il cosiddetto tree sitting, per impedirne l’abbattimento. Gli alberi diventano “casa” degli attivisti per un periodo di tempo sufficiente a ritardare le operazioni e a creare scompiglio. La verità è che difficilmente le occupazioni, nonostante la durata, andavano a buon fine. Lo strapotere delle aziende come la Pacific Lumber era tale da averla vinta sempre, e, una volta ricacciati gli occupanti, tutto poteva proseguire come deciso.
Ciò che rende la testimonianza di Julia Hill, che per l’occasione adotta il nome di battaglia “Butterfly”, è che la sua è una storia non solo di un’occupazione che non ha pari fino a quel momento, ma il bello è che si conclude positivamente. Nelle sue memorie, raccolte nel libro pubblicato in Italia come La ragazza sull’albero (Corbaccio, 2000), racconta di come a 21 anni sia stata vittima di un grave incidente automobilistico e poi, rimasta paralizzata, abbia dovuto sottoporsi alla riabilitazione per almeno due anni. Figlia di un predicatore e essa stessa dotata di una forte spiritualità, nonché di uno sconfinato amore per la natura, ha poi deciso di intraprendere un’azione in grado di dare un senso alla propria vita, votandola alla difesa di una causa. Venendo a contatto con la realtà di Earth First!, percepisce il profondo richiamo che ha su di sé la causa ambientale e agisce come già qualcuno prima di lei: dà in vendita tutti i suoi averi e parte alla volta della foresta minacciata di Stafford, dove si trova la sequoia secolare chiamata Luna.
Con determinazione riesce a integrarsi alla spedizione di Earth First!, dove impara a scalare un albero di quasi sessanta metri con solo una corda sottilissima e del nastro isolante, e viene in contatto con il mondo di questi ambientalisti, sperimentando un’occupazione di quasi due settimane, dopo la quale si ritroverà fisicamente prostrata. Ma l’imprinting è stato dato e Luna rischia davvero grosso: Julia sa che il suo scopo è di difenderla ad ogni costo. Risale sull’albero dopo qualche tempo, dando il cambio a dei colleghi, e non scenderà da lì per i successivi due anni.
Affronta tempeste e vento polare, uno degli inverni più freddi mai conosciuti, il compagno la abbandona e rimane da sola ad affrontare le provocazioni della Guardia Forestale e della polizia per farla scendere. Subisce l’attacco ravvicinato di elicotteri, notti insonni e razionamento del cibo. Dopo i primi tre mesi, anche i poliziotti abbandonano la posizione, ma il percorso che condurrà alla stipula di un accordo per salvare Luna e tutto l’ecosistema circostante è lunghissimo e al limite del martirio. Si concluderà solo dopo aver trascorso due inverni e minacce da ogni fronte, non solo umane ma anche dalla natura stessa. Un’impresa che a pensarci ha dell’incredibile.
Julia prese poi le distanze dal resto del gruppo, finendo per diventare da sola rappresentante della battaglia in cui si era buttata. Diventata un’icona agli occhi dei media e comunicando con l’esterno attraverso cercapersone e cellulare, prende parte a programmi radiofonici e si scontra direttamente con chi rappresenta il potere nemico: il direttore generale della Pacific Lumber.
Mostrandosi per quello che è, una ragazza qualsiasi, e stravolgendo il luogo comune dell’ambientalista estremista, dimostra al suo paese un esempio meraviglioso di disubbidienza civile e pacifica. Un caso davvero senza precedenti.
L’avventura di Julie è degna di essere letta e apprezzata non solo per la curiosità intrinseca di conoscere la sua vita quotidiana senza poter mettere piede a terra (come fa ad andare in bagno? dove dorme? com’è sopravvissuta alle intemperie?) ma anche per il valore umano nascosto tra le righe del suo racconto.
Ne emerge un personaggio al limite del fanatismo e della totale incoscienza, che affida sé stessa alla natura tramite preghiere, ma nel complesso una storia di coraggio e di devozione come mai saremmo capaci di sperimentare, ora.
Il paragone con personaggi come Christopher McCandless di Into the wild è pressoché immediato, ma nei libri che narrano le due vicende trapelano due personaggi, ma soprattutto due visioni della natura differenti, se non agli antipodi.
Se Chris era un esploratore, un Alexander Supertramp, devoto alla contemplazione estetica nella natura, un solitario per scelta che scopre infine il valore della condivisione, alla partenza Julia sembra voler annullare la propria essenza in nome di quella dell’albero che la ospita, come si sentisse chiamata per una missione in cui la parvenza della divinità è poco importante, lo scopo del viaggio è di portare a termine una specifica missione di salvezza. Julia si fonde totalmente con la natura e parla con Luna, impara a conoscerla e la interroga per sapere come agire per non ferirla.
Tra i due, coraggiosissimi, viene da pensare che non serva tanto girare in lungo e in largo per riuscire a vedere lontano, quanto l’ostinazione a tenere la propria posizione e arrivarne in fondo. O in cima. Lei ha sperimentato entrambi.
Da Una ragazza sull’albero: cosi’ scrive Julia….
“Dopo circa mezzo miglio, la bellezza dell’ambiente circostante cominciò a
colpirmi. Più mi inoltravo, più le felci erano grandi sino al punto che tre persone
con le braccia allargate non sarebbero state sufficienti per circondarle. Ovunque
spuntavano licheni e muschi. Ad ogni curva del sentiero c’erano funghi di ogni
forma e dimensione, nelle vivide sfumature dell’arcobaleno. Anche gli alberi
diventavano sempre più grandi. All’inizio sembravano normali, ma ogni volta che
piegavo all’indietro la testa il più possibile, guardavo su verso il cielo e non riuscivo
a vedere le cime. Alti decine di metri, erano più grandi di edifici di quindici,
diciotto, persino venti piani.
I tronchi erano talmente larghi che dieci persone,
tenendosi per mano, li avrebbero abbracciati a stento. Alcuni erano cavi, bruciati
dai fulmini, ma ancora in piedi. Questi antenati degli alberi sono stati testimoni
dei giorni dei dinosauri. Avvolti nella nebbia e nell’umidità che serve loro per
crescere, quegli antichi giganti si ergevano primordiali ed eterni.
Ad ogni passo i miei piedi affondavano nella terra umida. Sapevo di camminare
sopra secoli di storia.
Mentre mi inoltravo nella foresta non sentivo più né rumore di auto né odore di
scarichi. Respiravo l’aria pura e meravigliosa. Era dolce. Ovunque mi girassi c’era
vita, che la potessi o meno avvertire con la vista, l’odorato, l’udito, il gusto o il
tatto. Per la prima volta capii cosa significa essere vivi, avvertire la connessione
della vita con la sua verità intrinseca – non quella che ci insegnano i cosiddetti
scienziati o politici o altri esseri umani, ma la verità che esiste dentro il Creato.
L’energia mi colpì come un’onda.
Afferrata dallo spirito della foresta, caddi in
ginocchio e cominciai a singhiozzare. Affondai le dita nello strato di terra che
aveva un profumo dolce e ricco e pieno di strati di vita, poi chinai la faccia ed
annusai. Circondata da questi antichi ed enormi giganti, sentii dissolversi il filtro
che salvaguardava i miei sensi dallo squilibrio dalla nostra società affrettata e
tecnologicamente dipendente. In questa maestosa cattedrale, potevo sentire il
mio essere intero trasformarsi in nuova vita. A lungo rimasi seduta a piangere.
Alla fine, le lacrime si trasformarono in gioia e la gioia in ilarità, e rimasi seduta a
ridere per la bellezza che mi circondava.
Due settimane dopo mi resi conto che, se mi fossi inoltrata un po’ di più, sarei
finita in una zona boscata dalla Pacific/Lumber/Maxxam Corporation dove questi
alberi, che per crescere avevano impiegato migliaia di anni, erano stati abbattuti
con le motoseghe in pochi istanti. Al mondo è stato lasciato meno del tre per
cento di queste meraviglie uniche, il resto è stato trasformato in legname per le
case e per i mobili da giardino.
In questo paese il no profit esiste per conservare
le chiese vecchie di centinaia d’anni, ma questi alberi non hanno alcun gruppo
organizzato che salvi le loro vite dall’avidità della Maxxam. Conoscere il diboscamento
mi fece sentire come se una parte di me stessa fosse stata strappata
e violata, proprio come succede alle foreste.
Quei maestosi luoghi antichi, i più
sacri tra i templi e che ospitano più spiritualità di qualsiasi chiesa, stavano per
essere trasformati in radure e valanghe di fango. Dovevo fare qualcosa. Non
sapevo cosa, ma era chiaro che non avrei potuto girare le spalle e andarmene.
Tratto da: J. Butterfly-Hill “La ragazza sull’albero” – Corbaccio, 2000 – pp. 17-20
Una considerazione finale di Julia che vale per tutti noi:
“La capacità di cambiare il mondo sta nelle nostre mani, nelle nostre menti,
nei cuori, nei corpi e negli spiriti, rivolti all’azione. Non solo possiamo fare la
differenza, la verità è che la facciamo veramente e a noi spetta stabilire quale
tipo di cambiamento operare. Ognuno di noi ha il potere di guarire o ferire, di
essere l’eroe o il distruttore, in ogni momento, a ogni respiro.”
Se ami gli alberi visita la pagina sulla DENDROTERAPIA ENERGETICA :
https://www.spaziosacro.it/dendroterapia-energetica-cura-con-gli-alberi/
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