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LE 11 PIÙ SORPRENDENTI SCOPERTE SCIENTIFICHE DEGLI ULTIMI 2 ANNI

Le 11 più sorprendenti scoperte scientifiche degli ultimi 2 anni

Progressi nello spazio-tempo. Nascite vergini. Un promettente candidato per la vita aliena. La scienza non è stata con le mani in mano durante la nostra ultima rivoluzione intorno al Sole.

DI DINA FINE MARON

Nei primi mesi di quest’anno gli scienziati hanno rilevato per la prima volta onde gravitazionali a bassa frequenza, ovvero il sottoprodotto cosmico dei buchi neri che si scontrano e si fondono dopo aver violentemente vorticato l’uno intorno all’altro, come mostrato in questa illustrazione.

In questo anno che sta per concludersi, gli astronomi hanno fatto nuove scoperte sul cosmo, i biologi hanno aggiunto nuove informazioni alla mappa delle creature del nostro pianeta e i paleontologi hanno scoperto ulteriori caratteristiche dei dinosauri che si aggiravano sulla Terra milioni di anni fa. Con queste ultime rivelazioni, la ricerca scientifica dell’umanità continua a incuriosire e a rivelare nuovi misteri da risolvere.

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Ecco una selezione di National Geographic delle scoperte più affascinanti

  1. Gli astronomi hanno rilevato gigantesche increspature nel tessuto dello spazio-tempo

Per la prima volta gli scienziati hanno rilevato onde gravitazionali a bassa frequenza che si muovono attraverso la galassia. Queste “increspature” cosmiche sono probabilmente l’eco lontana di buchi neri supermassicci che interagiscono e si fondono, a molti miliardi di anni luce di distanza. Un team internazionale di ricercatori ha scoperto queste onde cosmiche misurando lievi variazioni temporali nei segnali radio delle stelle pulsar. La scoperta suggerisce che nell’universo primordiale ci fossero molti più buchi neri giganti di quanto si pensasse, e l’ulteriore studio di questo nuovo tipo di onde gravitazionali potrebbe contribuire a svelare ulteriori dettagli sulle origini del nostro universo e a spiegare meglio le sostanze e le forze invisibili che caratterizzano il cosmo.

  1. Un decodificatore cerebrale che “traduce” i pensieri umani offre nuove speranze

Anche se tecnicamente non si tratta di un dispositivo di “lettura del pensiero”, il lavoro rivoluzionario pubblicato dai ricercatori dell’Università del Texas di Austin riguarda un nuovo sistema di laboratorio basato sull’intelligenza artificiale che traduce l’attività cerebrale di una persona in un flusso continuo di testo. Questo cosiddetto “decodificatore semantico” non richiede l’impianto chirurgico di alcun dispositivo, bensì si basa su scansioni di risonanza magnetica funzionale per rilevare l’attività cerebrale attivata da input quali podcast o immagini. Il sistema di decodifica cerebrale non fornisce una trascrizione parola per parola, ma crea essenzialmente un dizionario di modelli di attività cerebrale sulla base del modo in cui un individuo risponde a determinate parole o immagini, e poi utilizza tale dizionario per creare riferimenti incrociati tra l’attività cerebrale e altre cose a cui la persona sta pensando. Questa tecnologia, che si basa su algoritmi di generazione del linguaggio dell’intelligenza artificiale, è ancora agli albori, ma ha già sollevato questioni spinose sulla privacy mentale e sull’etica in situazioni non volontarie. Per le famiglie delle persone con difficoltà di comunicazione, tuttavia, questo tipo di lavoro offre nuove speranze.

  1. Un’antica balena potrebbe essere stata il più grande animale di tutti i tempi

Una nuova analisi dei fossili di Perucetus colossus provenienti dal Perù meridionale indica che questo antico animale probabilmente era lungo circa 18 metri e pesava più di 300 tonnellate.

Spodestata la balenottera azzurra, un antico cetaceo, appropriatamente denominato Perucetus colossus, potrebbe essere stato l’animale più grande mai esistito. Una nuova analisi delle ossa fossili di questa antica balena che più di 37 milioni di anni fa nuotava nelle acque lungo la costa del Perù indica che l’animale potrebbe aver avuto un peso di oltre 300 tonnellate e una lunghezza di circa 18 metri. Se questi dati venissero confermati, il Percetus sarebbe stato il più grande animale mai esistito. Con i suoi 30 metri, la balenottera azzurra è più lunga, ma pesa “solo” 200 tonnellate circa.

  1. Il T. rex aveva le labbra: cambia l’immagine di questo iconico grande dinosauro 

Un team di paleontologi di diversi istituti afferma che il Tyrannosaurus rex e altri dinosauri carnivori probabilmente avevano le labbra a coprire i propri denti affilati, come si vede in questa illustrazione.

Il muso del Tyrannosaurus rex e di altri dinosauri carnivori probabilmente era un po’ diverso da come lo abbiamo sempre immaginato: è possibile infatti che avessero le labbra a copertura delle loro formidabili fauci. Un team di paleontologi è giunto a questa sorprendente conclusione a seguito dello studio di moderni analoghi degli animali preistorici, tra cui uccelli e rettili, insieme ai dettagli noti sull’anatomia dei dinosauri. Gli studiosi hanno scritto che il T. rex e altri carnivori simili avevano probabilmente un tessuto molle che copriva i loro denti affilati, che proteggeva la bocca dell’animale e manteneva i denti in condizioni ottimali per l’attacco.

  1. Alcuni utensili di pietra di 3 milioni di anni fa rivelano l’ingegnosità dei nostri lontani parenti non umani

Strumenti come questi, rinvenuti nel sito di Nyayanga in Kenya, pare venissero usati da antichi ominini non appartenenti al genere Homo. La pietra più grande (a sinistra) è il materiale di partenza dal quale venivano ricavate delle schegge affilate.

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Nel sud-ovest del Kenya alcuni archeologi hanno riportato alla luce un reperto sorprendente: utensili in pietra sepolti accanto a fossili di ominidi del genere Paranthropus, un antico parente non umano della nostra specie. La scoperta degli utensili – che potrebbero risalire a tre milioni di anni fa – rappresenta la prova che gli ominini non umani svilupparono tecniche litiche. Inoltre, suggerisce che lo sviluppo degli utensili è avvenuto prima di quanto si pensasse. Il Paranthropus aveva denti e mascelle di grandi dimensioni, quindi l’ipotesi sul loro possibile utilizzo di strumenti in pietra era stata scartata, perché questi oggetti non gli erano necessari per la lavorazione del cibo, ha dichiarato a National Geographic Emma Finestone, paleoantropologa del Museo di Storia Naturale di Cleveland. Ma le ultime scoperte sembrano mettere in discussione questa supposizione.

  1. Un “mondo perduto” potrebbe spostare le origini delle forme di vita complessa

Tracce chimiche estratte da antiche rocce in Australia (e non solo) suggeriscono che livelli sofisticati di struttura cellulare erano comuni già nel periodo compreso tra circa 1,6 miliardi di anni fa e 800 milioni di anni fa, a supporto delle teorie che ipotizzano una tempistica sorprendentemente precoce per le origini della vita complessa. L’evoluzione degli eucarioti – organismi che possiedono un nucleo cellulare chiaramente definito – si è rivelata in gran parte oscura, quindi un team di ricerca internazionale ha tentato un approccio diverso: ricercare i sottoprodotti delle molecole necessarie agli eucarioti per formare le loro membrane cellulari. Se tracce di questo tipo venissero trovate in antichi campioni di roccia, potrebbero servire come prova della presenza degli eucarioti. Il campione più antico di queste molecole, prelevato dalla formazione di Barney Creek in Australia, risale a 1,6 miliardi di anni fa, e ha spinto indietro nel tempo l’evidenza chimica che testimonia la presenza di eucarioti, avvicinandola maggiormente alle evidenze di tipo genetico e a quelle rilevate nei microfossili.

  1. Il numero di pianeti scoperti supera 5.500

Ad agosto, circa tre decenni dopo la scoperta da parte degli astronomi dei primi pianeti esterni al nostro sistema solare, gli scienziati hanno annunciato di aver scoperto sei nuovi esopianeti, che portano il numero totale di pianeti conosciuti oltre le 5.500 unità. Grazie a telescopi come il Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS) la ricerca degli esopianeti continua a rivelare una notevole varietà di nuovi mondi che popolano la galassia. Inoltre, il James Webb Space Telescope e altri potenti osservatori stanno fornendo ulteriori dettagli su questi mondi, come ad esempio K2-18 b, un pianeta di dimensioni comprese tra quelle della Terra e quelle di Nettuno, che sotto una spessa atmosfera potrebbe nascondere un oceano globale.

  1. Anche gli scimpanzé vanno in menopausa

Le femmine di scimpanzé appartengono al ristretto gruppo di specie il cui ciclo vitale non termina con la fine dell’età riproduttiva.

Per lungo tempo i biologi si sono chiesti quali vantaggi evolutivi portasse ad alcuni animali il fatto di vivere oltre la propria età riproduttiva. Alla scienza è noto che solo le orche, i globicefali di Gray, i narvali, i beluga, le pseudorche e gli esseri umani sperimentano la menopausa; ma un nuovo lavoro, basato su un’analisi approfondita e a lungo termine degli ormoni presenti nell’urina di scimpanzé, conferma che anche in questi animali (quanto meno quelli del Kibale National Park in Uganda) il ciclo vitale prosegue oltre il momento della menopausa. Gli studi eseguiti su campioni di urina, riconducibili a esemplari femmina di età compresa tra i 14 e i 67 anni, indicano che questi esemplari di scimpanzé sono andati in menopausa intorno ai 50 anni, un’età che curiosamente riflette quella degli esseri umani. Le evidenze suggeriscono che in alcune specie di balene e delfini le femmine più anziane contribuiscono ad allevare le generazioni successive, ma questo non sembra essere il caso degli scimpanzé, poiché questi animali non allevano la prole degli esemplari imparentati. Secondo una teoria, tuttavia, si ipotizza che la menopausa contribuisca a diminuire la competizione per la riproduzione tra i primati, un aspetto che gli scienziati si prefiggono di continuare a studiare negli anni a venire.

  1. La prima “nascita vergine” osservata nei coccodrilli americani

Un coccodrillo americano (Crocodiles acutus) nuota tra le fitte mangrovie del Parco nazionale marino Gardens of the Queen di Cuba. Secondo quanto scoperto quest’anno in Costa Rica, le femmine di questa specie sono in grado di riprodursi senza un partner.

L’ultimo esempio di una tecnica di riproduzione asessuata chiamata partenogenesi riguarda una femmina di coccodrillo americano in un parco del Costa Rica che ha prodotto una prole senza il contributo di un maschio. Questo fenomeno – che si verifica tipicamente nei casi in cui una popolazione di animali arriva a un numero molto basso di esemplari: era già stato segnalato in precedenza in altri animali, tra cui i condor della California (specie in pericolo di estinzione), diverse specie di squali, i draghi di Komodo e alcuni serpenti, ma non era mai stato segnalato in nessuna specie di coccodrillo.

La mamma coccodrillo in questione non aveva avuto contatti con altri animali della propria specie per circa 16 anni, e le analisi genetiche hanno confermato che il feto era effettivamente un clone parziale della madre. L’esemplare oggetto di studio vive in cattività, ma la scoperta ha implicazioni per i suoi simili selvatici, dato che l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura classifica il coccodrillo americano come specie vulnerabile all’estinzione.

  1. Gli scienziati sviluppano un nuovo genoma, più rappresentativo

Gli Istituti nazionali di sanità statunitensi (U.S. National Institutes of HealthNIH) hanno presentato quest’anno un nuovo pan-genoma, un atteso aggiornamento del genoma umano di riferimento, risalente a 20 anni fa. Il nuovo modello include una fetta più rappresentativa dell’umanità, con una maggiore varietà etnica e razziale: un passo necessario per migliorare la medicina personalizzata. Il nuovo pan-genoma comprende attualmente le sequenze genomiche di 47 persone, anche se il modello è destinato a includere circa 700 persone. Il campione di riferimento precedente attingeva in gran parte dal genoma di un singolo individuo, più altri dati provenienti da persone di origine prevalentemente europea. Sebbene i genomi di due persone siano in genere identici per oltre il 99%, l’individuazione delle differenze individuali può rivelare informazioni fondamentali in merito alla vulnerabilità alle malattie e per guidare le decisioni sui trattamenti medici, secondo i NIH.

  1. Scoperto il fosforo su Encelado di Saturno: un segno determinante sulla possibile presenza di vita

Encelado, la sesta luna più grande di Saturno, è grande quanto lo Stato dell’Arizona (in questa illustrazione lo vediamo sprigionare pennacchi di vapore). Recenti analisi di granelli di ghiaccio su quel lontano satellite indicano la presenza di fosforo, un elemento essenziale per la vita.

Nuove evidenze chimiche indicano che una luna di Saturno potrebbe essere in grado di ospitare la vita. Quest’anno gli scienziati hanno annunciato di aver trovato il fosforo nell’oceano della sesta luna più grande di Saturno: Encelado.

Insieme a carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno e zolfo, anche questo sesto elemento è essenziale per sostenere la vita. Gli astronomi avevano già trovato tracce degli altri cinque elementi su Encelado, quindi quest’ultima scoperta – rilevata in granelli di ghiaccio raccolti dal Cosmic Dust Analyzer della sonda Cassini – fa di questa roccia ghiacciata un promettente candidato per la vita extraterrestre.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su

 nationalgeographic.com

 

 

 

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