ll muscolo Psoas è il centro gravitazionale delle emozioni non vissute, ma funge anche da ponte tra il nostro campo energetico e la nostra anima incarnata
C’è un muscolo nascosto nel profondo del nostro corpo che custodisce storie mai raccontate, emozioni mai espresse e traumi mai elaborati. È lo psoas: il cuore invisibile del nostro equilibrio interiore, il custode silenzioso del nostro vissuto energetico
Mentre leggi queste parole, forse è contratto. Magari lo è da anni, senza che tu te ne sia mai accorto Eppure influenza tutto: il modo in cui cammini, dormi, respiri, ami, reagisci al mondo. Non è solo un muscolo, ma un ponte sottile tra il corpo fisico, il campo energetico e l’anima incarnata
Non è un’iperbole: lo sapeva già Helena Blavatsky, oltre un secolo fa, quando scriveva che “il corpo è il libro in cui è incisa la storia invisibile dello spirito.” E tra le sue pagine più criptiche, c’è proprio lo Psoas
Cos’è davvero lo psoas?
Nelle mappe anatomiche lo definiscono semplicemente come un muscolo profondo dell’anca, coinvolto nella flessione della gamba e nel sostegno della postura. Ma questa è solo la superficie
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Lo psoas è il centro gravitazionale delle emozioni non vissute. Ogni volta che hai provato paura e non hai potuto scappare, ogni volta che il dolore ti ha stretto ma non hai potuto piangere, ogni volta che avresti voluto urlare e hai ingoiato tutto… lui era lì, a trattenere, a congelare, a registrare
Col tempo, diventa un archivio silenzioso di tensioni, di memorie traumatiche, di sensazioni che la mente ha scelto di dimenticare ma che il corpo ha custodito fedelmente
Il corpo parla quando l’anima tace
Hai mai sentito quella tensione costante nel basso ventre, un fastidio difficile da localizzare, una sensazione che non passa con il riposo, né con l’antinfiammatorio, né con un bagno caldo? A volte lo chiamiamo stress, stanchezza, postura sbagliata. Ma spesso è molto di più
Blavatsky affermava che “il dolore è il linguaggio dello spirito quando l’anima incarnata non ascolta.” E lo psoas è uno dei primi traduttori di quel linguaggio. È connesso al sistema nervoso autonomo: reagisce alle minacce, anche a quelle che non sono più presenti. E resta in allerta. Sempre.
Da bambini lo impariamo in fretta: ci rannicchiamo, tratteniamo il respiro, irrigidiamo lo stomaco. Il corpo reagisce al pericolo molto prima che impariamo a parlare. Poi cresciamo, ma quello schema resta. Anche se sorridiamo, anche se razionalmente ci sentiamo al sicuro, il corpo continua a difendersi.
Quando l’anima vuole fluire, ma il corpo trattiene
È qui che nasce il conflitto: la tua essenza vuole espandersi, ma il tuo corpo è ancora sulla difensiva. Lo spirito spinge verso l’alto, ma la struttura è in ritirata. E finché questa contraddizione non viene risolta, nulla fluirà in armonia
Non bastano esercizi, affermazioni o tecniche spirituali se il corpo è chiuso. Blavatsky ci ricordava che “non si può ascendere senza prima ordinare ciò che è in basso.” E lo psoas è uno delle fondamenta da riorientare
La liberazione parte da un gesto semplice: mettere una mano sul basso ventre e chiedere, senza giudizio, cosa c’è lì dentro. Non servono risposte immediate. Serve presenza. Serve ascolto.
Perché proprio lo psoas?
Perché è il centro. Collega colonna e gambe, cielo e terra. Sostiene la nostra postura e trasmette equilibrio. Quando si irrigidisce, l’energia vitale non sale, l’intuizione si spegne, la realtà diventa ciclica, ripetitiva, stagnante.
Quante scelte abbiamo fatto con il corpo contratto? Quante conversazioni importanti abbiamo affrontato trattenendo il respiro? Quante volte abbiamo detto “sì” mentre il corpo urlava “no”?
Tutte queste incoerenze si imprimono nello psoas, che diventa il guardiano delle omissioni dell’anima. E finché non vengono riconosciute, nessuna tecnica potrà liberarle.
La via è la vibrazione. Non la mente, ma il respiro
La libertà non è solo mentale: è vibrazionale, cellulare, viscerale. Lo psoas si rilassa solo se percepisce sicurezza, non attraverso concetti, ma attraverso sensazioni. E il primo codice che comprende è il respiro.
Respira come un bambino. A fondo. Nell’addome. Rallenta. Ascolta. Quando respiri superficialmente, il corpo pensa: “siamo in pericolo.” Ma quando respiri nel ventre, stai dicendo: “è sicuro stare qui.” E lo psoas si ammorbidisce.
Blavatsky affermava che “la coscienza entra solo dove c’è spazio.” E il respiro crea quello spazio.
Il movimento come portale di guarigione
Non serve un ritiro, né un maestro. Puoi iniziare ora. Sdraiati. Piega le ginocchia. Oscilla le gambe come un pendolo. Lascia che il bacino si muova. Non giudicare. Lascia che il corpo parli. È questo il linguaggio che lo psoas comprende.
Quando ti muovi con presenza, il tuo corpo inizia a fidarsi. Non vive più nel passato, ma entra nel presente. È lì che inizia la vera trasformazione.
Nel 2022, uno studio della Harvard Medical School ha rivelato che oltre il 65% dei pazienti con lombalgia cronica presentava disfunzioni legate allo psoas. Ma solo una piccola parte era stata guidata verso un movimento consapevole.
Il potere del suono: lo psoas è un tamburo
Nel 2019, l’Istituto Europeo di Neuroscienze Sensoriali ha confermato che i suoni a bassa frequenza influiscono sui muscoli profondi, creando contrazioni sottili ma continue.
Il rumore costante irrigidisce. Ma anche il suono può guarire. I tamburi lenti, le campane tibetane, il canto dell’acqua o del vento sono medicine vibrazionali. E la tua stessa voce è uno strumento sacro
Emetti un suono profondo, come un MMMMM proveniente dalla pancia. Lascialo vibrare fino ai piedi. Il corpo non capisce le parole, ma riconosce la vibrazione. E lo psoas risponde.
Il suono come codice di allineamento
Blavatsky diceva: “La parola è il ponte tra spirito e materia.” E quando usi la tua voce per vibrare consapevolmente, stai costruendo quel ponte. Non servono tecniche complesse. Serve solo la verità, l’intenzione, la ripetizione.
Ascolta. Nota come ti parli. Ogni giudizio, ogni fretta, ogni auto-svalutazione irrigidisce lo psoas. Ogni parola gentile, ogni respiro consapevole, ogni piccolo gesto di presenza, invece, lo scioglie.
Il cambiamento richiede continuità
Liberare lo psoas è possibile. Ma serve costanza. Non basta un momento di connessione. Serve una scelta quotidiana: respirare ogni mattina, muoversi ogni sera, ascoltarsi ogni giorno.
Anche nei momenti difficili. Soprattutto in quelli. Un piccolo movimento. Un suono interiore. Un respiro profondo. Ogni gesto è un messaggio: “Sono qui. Ancora con te!!!”
E questo è tutto ciò che lo psoas ha bisogno di sapere per rilassarsi
GRAZIE!
CARMEN, COLEI CHE INSISTE A CERCARE LUCE ANCHE IN UNA PIETRA
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