Camminare consapevolmente e’ un atto rivoluzionario e chi partecipa al viaggio, riuscirà a diventare “umano dalle suole di vento”
Mindful Walking: Il Potere della Camminata Consapevole
Quante volte ci ritroviamo a camminare senza nemmeno rendercene conto, persi nei pensieri, nelle preoccupazioni, nel rincorrere il tempo? Di solito, camminiamo per arrivare da qualche parte, con la mente già proiettata verso la meta, dimenticando completamente il percorso.
Eppure, camminare potrebbe essere molto di più. Potrebbe diventare un momento di riconnessione con noi stessi, un’occasione per rallentare e vivere davvero il presente. È qui che entra in gioco la Mindful Walking, la camminata consapevole. Non si tratta di una nuova moda, ma di un modo diverso di approcciarsi a qualcosa di così naturale e semplice come il camminare.
L’idea è questa: camminare senza fretta, senza obiettivi, portando attenzione a ogni passo. Sentire il piede che si solleva, l’aria che ci accarezza il viso, il contatto con il terreno. Ogni sensazione diventa un’opportunità per restare nel momento presente. La meta, per una volta, non è importante.
Intermezzo promozionale ... continua la lettura dopo il box:
Un’antica pratica con radici profonde
Forse non tutti sanno che la camminata consapevole non nasce oggi, ma ha origini antichissime. Nelle tradizioni orientali, specialmente nel buddismo zen e theravada, la camminata consapevole (chiamata Kinhin) è parte integrante della pratica meditativa. I monaci, durante i ritiri, alternano periodi di meditazione seduta a momenti di meditazione camminata. È un modo per estendere la consapevolezza al movimento e ritrovare equilibrio tra corpo e mente.
Anche nel taoismo si parla della camminata come forma di armonizzazione con il flusso naturale della vita. Camminare consapevolmente significa tornare in sintonia con i ritmi del corpo e della natura, riscoprendo un’unità profonda tra l’essere umano e l’ambiente circostante.
Cosa succede nel cervello durante la Mindful Walking?
Un aspetto affascinante riguarda ciò che accade a livello neurologico durante la camminata consapevole. Quando ci concentriamo sui movimenti lenti e deliberati, si attiva la corteccia prefrontale, l’area del cervello associata alla regolazione emotiva e alla concentrazione.
Allo stesso tempo, il sistema limbico (la parte più antica del cervello legata alle emozioni e alle reazioni impulsive) tende a calmarsi. Questo significa che, praticando la camminata consapevole, riduciamo l’attivazione delle aree legate a stress e ansia. Non è solo una sensazione soggettiva di rilassamento, ma un effetto reale, misurabile.
I benefici?
Sono tanti e si fanno sentire subito. Lo stress si abbassa, l’ansia rallenta il suo ritmo e c’è una sensazione di leggerezza che ci accompagna anche dopo la passeggiata. È come se, per un attimo, fossimo riusciti a mettere in pausa il mondo e a respirare davvero piu’ liberamente.
Camminare con consapevolezza nella natura amplifica tutto questo. I colori, i suoni, i profumi… ogni cosa sembra più viva e intensa. È un po’ come riscoprire quello che di solito diamo per scontato.
Un piccolo segreto: coinvolgere i cinque sensi
C’è un dettaglio che spesso viene trascurato: la camminata consapevole non è solo una questione di passi, ma di coinvolgimento totale dei sensi.
Un trucco interessante è fare una passeggiata provando a:
Ascoltare: i suoni intorno, i passi, il vento tra gli alberi.
Guardare: i dettagli che normalmente sfuggono, come la luce che filtra tra le foglie.
Annusare: i profumi della natura o dell’aria che cambia con le stagioni.
Toccare: i materiali intorno, il contatto con il suolo, magari sfiorare l’erba o la corteccia di un albero.
Gustare: se si è in un luogo con piante commestibili o frutta, il gusto diventa parte dell’esperienza.
Più sensi coinvolgiamo, più intensa diventa la pratica.
Da dove iniziare?
Non serve molto. Può bastare una passeggiata di una decina di minuti, magari vicino casa o lungo un percorso che conosci bene. L’importante è lasciare andare i pensieri e concentrarsi su quello che senti mentre cammini. Il piede che tocca terra, l’aria che entra ed esce dai polmoni, il suono dei passi. Tutto qui.
Se la mente vaga – e lo farà – basta riportarla con dolcezza alla camminata. Senza rimproverarsi, senza giudicarsi. Fa parte del gioco.
Con il tempo, questo modo di camminare diventa quasi naturale. Si inizia a notare di più il mondo intorno, si vive con più presenza e, lentamente, la mente si calma.
Camminare diventa una forma di meditazione in movimento, un rifugio quotidiano che ci accompagna ovunque andiamo.
Un gesto semplice, una porta verso la serenità
Il bello della Mindful Walking è che non richiede nulla di speciale. Non serve un equipaggiamento particolare o un luogo remoto. Basta fermarsi mentalmente e decidere di vivere il cammino in ogni suo dettaglio.
Forse è proprio questo il segreto: non serve andare lontano per trovare pace. Basta un passo, fatto con attenzione e con piacere.
***
L’ESTASI DEL CAMMINO
Ringrazio Annalisa Nicolucci che ha scritto queste esperienze meravigliose ; sono trascorsi molti anni da quando ho letto questo articolo e me lo sono oggi “miracolosamente trovato tra le mani” . Non so dove cercarla ma qui le lascio un grazie e voglio dirle che mi sento come lei: cammino tanto, amo camminare mi fa bene e anche io mi sento “la donna dalle suole di vento” grazie!
Camminare insieme:
Chi cammina con consapevolezza e attenzione porta in ogni suo passo la vita, la vita di un corpo che si muove, che sente e si esprime.
“Sana non è la persona che non si ammala mai, ma colui che si mette sul processo di guarigione.” Camminare ogni giorno con passi di consapevolezza è una risorsa per ascoltarsi nel qui ed ora e trasformarsi.
Cammino da sempre per trovare me stesso e risolvermi.
E cammino consapevolmente con altri. Camminare insieme è dialogo, un dialogo che ti mette di fronte a una verità anche quando non vuoi. In relazione con te e con l’altro.
Se ci fai caso, il tuo modo di camminare insieme a qualcuno dice tutto sulla relazione che hai con l’altro.
Un proverbio persiano dice «Per conoscere realmente qualcuno ci devi mangiare, dormire e viaggiare insieme». Un altro detto indiano dice: “per conoscere davvero una persona prima devi camminare nei suoi mocassini !”
“Gesù misura questa terra incolta, che è sfuggita alla tirannia dell’utile, con il passo lento del vagabondo che non ha altro da fare se non contemplare la vita dalle mille sfumature.
Quando egli si distende sull’erba per un breve riposo, delle farfalle gli si avvicinano al viso, muovendo l’aria che respira con il battito senza rumore delle loro ali colorate”.
Questa immagine di uno dei miei scrittori preferiti, Christian Bobin, sintetizza in un lampo la mia visione del mondo riguardo la meravigliosa e policroma arte del camminare.
Vita, agnizione, sfumatura, vagabondaggio, poesia, natura, fatica, riposo, lasciarsi attraversare da quel sorriso che si fa rivelazione di una stanchezza felice quando uno sfarfallio di gioia ti schiaffeggia per riportarti in vita.
Tutto questo per me è camminare. Cammino da sempre per trovare me stesso e risolvermi.
Per essere “l’uomo dalle suole di vento”, come Verlaine definiva Rimbaud. Fermi tutti. Lo so, lo sento. Balugina all’orizzonte un catartico e liberatorio e chi se ne importa?
E’ il cammino che è liberatorio, catartico, libertario e vivificante. Gesù è l’uomo che cammina, dal titolo di un altro dei volumetti più intensi dello scrittore francese Bobin. E ancora di più, in questa apologia del camminare che altro non è che la mia trasognata e fenomenologica “weltanshauung”, mi piace quando scrive: “Se ne va a capo scoperto. La morte, il vento, l’ingiuria: tutto riceve in faccia, senza mai rallentare il passo.
Si direbbe che ciò che lo tormenta è nulla rispetto a ciò che egli spera. Che la morte è nulla più di un vento di sabbia. Che vivere è come il suo cammino: senza fine”.
Ecco, nel camminare vedo l’infinito, la forza dei passi che si trastullano con l’eternità, la speranza dell’illimitatezza nella disciplina, della capacità di ardere senza consumarsi. Che il cammino abbia una valenza terapeutica, di guizzante benessere fisico e profonda salute spirituale e metafisica, è cosa nota. Per non dire delle sue “emanazioni” mistiche ed “erotiche” come contempla ogni esperienza mistica che si rispetti. Io, personalmente, ad ogni passo, possibilmente in solitudine, risorgo sempre. Come l’Uomo che cammina, che ci ha lasciato il ricordo e la certezza.
“Alzati e cammina” e la speranza giace nuda nel cuore della terra, per tre giorni e per tre notti. Poi si alza e se ne va.
E a noi non rimane che camminare, per cercare e avere ancora speranza. Imprimere la terra con i piedi, insomma, come scrive Adriano Labbucci, è un atto “rivoluzionario”: “Non c’è nulla di più sovversivo, di più alternativo al modo di pensare oggi dominante. Camminare è una modalità del pensiero. E’ un pensiero pratico. E’ un triplo movimento: non farci mettere fretta, accogliere il mondo e non dimenticarci di noi strada facendo”.
Secondo questa prospettiva, trovo i viaggi a piedi straordinari e autenticamente “sovversivi”.
Contro il mito fagocitante della velocità e un futurismo di massa che rischia di farci diventare come le folle che Nicolas Gòmez Dàvila definiva “moltitudini transumanti che profanano ogni luogo sacro”, la vacanza “in movimento” non è solo vacanza. E’ esperienza profonda di sé e della traccia viva che c’è in ogni relazione.
Gli aspetti spirituali, terapeutici, psicologici del camminare:
Perché “mettersi in moto”?
Camminare è una pratica salutare. Ogni passo è un massaggio tonificante e benefico per tutto il corpo, ma anche una meditazione. Meditare è un atto di profonda conoscenza.
Cosa succede quando si cammina?:
C’è un’attivazione di tutto il corpo, mente compresa. Il nostro passo rivela il tipo di curiosità che abbiamo per il mondo, ai nostri piedi non possiamo mentire. La struttura ossea occupa la parte superiore del piede. Sotto c’è la polpa, un’ampia massa densamente vascolarizzata. Quando camminiamo, questa massa vascolarizzata viene, alternativamente nei due piedi, compressa e rilassata. Il sangue venoso viene spinto in alto, quello arterioso aspirato in basso. I piedi in cammino sono due potenti pompe che affiancano e aiutano il lavoro del cuore. Nella camminata i movimenti muscolari ripetuti sono connessi con l’attivazione dei gangli della base, i quali a loro volta hanno un’influenza sul talamo, il quale ha una proiezione sulla corteccia orbitofrontale: i movimenti stimolano le funzioni cognitive e di pianificazione personali.
Gli ormoni dello stress (corticosteroidi) aumentano nel nostro sangue lungo la giornata e producono pensieri frammentari e superficiali. Camminando abbassiamo questi ormoni e ci riconnettiamo con i nostri pensieri. Aumenta la creatività, l’elaborazione di nuove, appropriate idee (grazie al ritmo dato dai movimenti ripetuti).
L’effetto si estende anche al lasso di tempo subito successivo alla camminata: ” Tutti i pensieri veramente grandi sono concepiti camminando” diceva Nietzsche.
Se aggiungiamo anche e aggiungiamo lo stare all’aperto, tutto questo contribuisce a rendere le persone più loquaci e la maggior parte degli scambi verbali include idee creative. Migliora l’umore potenziando il pensiero divergente e la creatività. Ha una forte influenza positiva sulla memoria associativa. Insomma, come vedi, diversi benefici psicofisici.
Ma c’è di più, camminare è un atto ripetitivo, una meditazione.
Camminare insieme è un dialogo con se stessi e con gli altri. All’interno di questo sta, a mio parere, l’effetto spirituale, terapeutico benefico del camminare in sé. Se aggiungiamo che camminare per più giorni significa uscire dalla propria zona di comfort, significa cambiare ambiente familiare, casa, letto, beh, allora camminare è anche un atto di profondo cambiamento, un’azione che ci aiuta a vivere i cambiamenti.
Camminare è, dunque, un atto veramente rivoluzionario?
Migliaia di anni fa vivevamo in mezzo alla natura, a stretto contatto con la natura. Oggi, tendenzialmente, la tagliamo fuori dalla nostra quotidianità, a parte alcuni di noi, più fortunati. La natura cattura in modo discreto la memoria volontaria, non ci costringe a stimoli continui ed eccessivi come la città, donandoci la possibilità di rigenerarci.
Camminare a contatto con la natura, più che in città, inibisce la formazione di pensieri negativi che possono sfociare in gravi patologie come la depressione. La natura ha insito in sé un potere “naturale” di grande benessere per l’essere umano. Camminare in mezzo alla natura favorisce i cambiamenti dell’umore, alza il livello di energia e migliora il funzionamento dell’attività cognitiva per effetto di una maggior vascolarizzazione e ossigenazione.
Come stimolare un cambio di mentalità?
Possiamo stimolare ad un cambio di mentalità offrendo spazi di esperienza, dove poter assaporare ed esperire con il proprio corpo gli effetti di uno stile di vita che tenga maggiormente conto della nostra neurofisiologia, dei nostri bisogni, dei nostri ritmi, della possibilità di creare una coerenza sistemica di benessere tra la nostra parte più attiva e la componente recettiva. L’apprendimento passa attraverso l’esperienza.
L’esperienza crea uno spazio al piacere e come diceva Platone “l’apprendimento passa per via erotica”.
Chi partecipa al viaggio, riuscirà a diventare “uomo dalle suole di vento”?
Io credo che l’anima viandante o ce l’hai o non ce l’hai. C’è qualcosa che nasce da dentro che porta a scoprire il mondo. Quanto esperiamo nella crescita e nelle relazioni di attaccamento con le figure di accudimento non possono far altro che assecondare o meno quella spinta. La vita è nel corpo.
La vera sfida è sentirsi a casa “viandando”, passami la licenza lessicale.
Camminando percorriamo la via dei sensi, ascoltiamo e onoriamo il corpo e quello che porta con sè in ogni momento. In un mondo di volatilità, la vera sfida è rimanere fedeli a se stessi. Per farlo bisogna conoscersi, cosa di meglio di un viaggio, soprattutto un viaggio camminato!
Chi cammina fa esperienza di radici e ali per volare. Radici e ali per volare permettono all’uomo di viaggiare, allontanarsi senza portare con sé la paura di farlo e di non sentirsi a casa.
Come “vivificarci”, nutrendo anima e corpo? La storia dell’umanità inizia con i piedi, scrisse André Leroi-Gourhan, antropologo francese. Credo che il camminare sia un gesto profondo, più di quanto oggi noi sentiamo.
A me piace pensarli più come walkers che camminatori. Chi cammina con consapevolezza e attenzione porta in ogni suo passo la vita, la vita di un corpo che si muove, che sente e si esprime.
Il cammino risveglia consapevolezza e migliora dunque anche la relazionalità?
Il cammino risveglia. Questa è la magia. A prescindere, accade qualcosa nel nostro corpo. E’ prima di tutto relazionalità con le diverse parti che sono in noi: pensiero, sentire e movimento, ectoderma, endoderma e mesoderma se vogliamo prendere in prestito termini dall’embriologia. Una comunicazione da cui non possiamo esimerci che a volte scorre fluida, altre volte si blocca nel suo fluire in qualche punto del corpo.
Camminare ci rimette in connessione con questi tre livelli e già di per se è strumento di benessere. Se fatto con consapevolezza e intenzionalità diventa anche strumento terapeutico.
Nel nostro essere umani abbiamo bisogno di stare in relazione, di sentirci connessi e in movimento. Il cammino, il cammino in gruppo è anche questo.
Una delle Fonti: Annalisa Nicolucci, psicoterapeuta biosistemica e psicologa del lavoro, è l’ideatrice del progetto Walkinglife. Organizza “esperienze” in cui riesce a fondere, in un incandescente viluppo di”piacere”, in poche parole consapevolezza e benessere psicofisico attraverso il cammino.