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Non Sempre Naturale Non E' Sinonimo Di Innocuo
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Non sempre Naturale non e’ sinonimo di innocuo

“Primum non nocere”, era quanto raccomandava Ippocrate (460-375 a.C., circa) e “Phàrmakon” veniva definita, nei primi poemi omerici, qualunque sostanza che, se introdotta nell’organismo, poteva divenire, in base al suo dosaggio, un rimedio, un medicamento oppure un veleno. E’ da questa ambivalenza, da un equilibrio tra “morte” e “vita”, tra superstizione e scienza che l’umanità seppe costruire farmaci per contrastare i morbi che la affliggevano.

“L’ingegnosità dell’uomo l’ha portato sempre ad appassionarsi nel cercare di variare forme e combinazioni di medicamenti”, affermava William Withering nel 1875, ma già molti secoli prima Crateva, medico e farmacologo di Mitridate, re del Ponto (132-66 a.C.), aveva elaborato un medicamento che si basava sull’equilibrio tra veleni e  contravveleni. Tale medicamento, composto essenzialmente da piante medicinali e da carne di vipera, veniva chiamato “Teriaca” ed è stato utilizzato per circa diciotto secoli ( sì, avete letto bene!), fino quasi alla fine dell’Ottocento.

Si deve proprio a Withering, medico inglese, la prima valutazione clinica con i relativi dosaggi, dellaDigitale, pianta notevolmente tossica ma contenente importanti sostanze che la rendono utilizzabile, ancora oggi, nella terapia della insufficienza cardiaca.

Importante è sapere che non tutte le piante sono innocue, e che non esistono piante buone o cattive, ma che dipende sempre dall’utilizzo che l’uomo ne fa.

La corretta preparazione dei rimedi vegetali è importante per ottenere la massima efficacia e per evitare fenomeni tossici. Fondamentale è anche stabilire il giusto dosaggio di ogni pianta, nelle varie forme farmaceutiche, utilizzato in terapia. Va poi fatto presente che tra le cause di tossicità va considerata la contaminazione ambientale delle zone di raccolta, l’interazione tra diverse piante, lesofistificazioni, ecc… Come si può facilmente intuire, l’utilizzo delle piante medicinali non è poi così semplice come sembra.

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Un aiuto notevole ci viene dalle conoscenze e dalle informazioni scientifiche, che consentono di individuare le piante più adatte per una cura medica. Tale somma di conoscenze non solo garantirà l’efficacia del trattamento, ma ridurrà al minimo il rischio di effetti collaterali. Ecco perché bisognarivolgersi a dei professionisti, come i fitoterapeuti, i farmacisti, gli erboristi e non azzardare cure “fai da te” o consigliate dalla vicina di casa, dalla zia, o dai canali di vendita on line o di vendita diretta effettuati da persone che di giorno fan gli impiegati o gli idraulici e poi la sera si travestono da consulenti della salute, con pappe e pappine “naturali” .

Nel nostro Paese c’è una ricchissima tradizione di cultura erboristica e di medicina popolare. Ognuno di noi conosce certamente, almeno per sentito dire, erbe, fiori o semi con azioni benefiche sul nostro organismo: l’infuso di foglie di Malva come emolliente, il decotto di Gramigna per la cistite, l’infuso di foglie di Alloro come digestivo, gli estratti di Ginseng contro la stanchezza e così via. Va tuttavia detto che le proprietà di certe erbe possono essere anche frutto della sola fantasia popolare, diventata tradizione e tramandata di generazione in generazione: basti pensare alla cosiddetta “erba della paura”, che in Toscana viene ancora utilizzata per fare dei bagni, in quanto allontanerebbe dalla mente dell’individuo qualsiasi pensiero di paura.

In molti centri universitari ed ospedalieri italiani si fa seria ricerca in questo settore, studiando la composizione chimica delle piante, ricercando i migliori metodi estrattivi, cercando di capire ilmeccanismo d’azione sull’organismo biologico, gli effetti farmacologici e i possibili impieghi terapeuticicorretti. E di questa realtà possiamo davvero andare fieri ed esserne contenti.

Con tutta tranquillità possiamo oggi affermare che la fitoterapia, intesa appunto come cura delle malattie con le piante medicinali e loro derivati, può rappresentare realmente un aspetto anche importante della moderna terapia medica, e non tanto una medicina alternativa, termine ormai troppo carico di significati negativi.

Vi sono piante che pur essendo pericolose, se ingerite, possono fornire alcuni principi di validissimo aiuto per molte e anche gravi patologie. E’ il caso, ad esempio, del Tasso (Taxus baccata), conosciuto anche come “albero della morte”, che contiene una importante sostanza, il tassolo, sulla quale sono in atto studi antitumorali. L’avvelenamento che si ha ingerendo i semi di questo albero può avere esiti letali. Ovviamente il tasso non va prescritto nelle comuni preparazioni fitoterapiche, ma questo non toglie che ha proprietà terapeutiche molto interessanti.

Altra pianta pericolosa è l’Aconito ( Aconitum napellus), molto tossico: evitate di raccogliere i suoi splendidi fiori azzurro-violacei a forma di elmo, il veleno di questa pianta può penetrare attraverso la pelle. Pericolosa è anche l’Edera ( Hedera helix), un rampicante sempre verde che si attacca a tronchi, muri, fessure di rocce e assai comune… è velenosa tutta la pianta e in particolar modo i frutti, l’uso per via interna è sconsigliato, mentre viene adoperata per uso esterno con ottimi risultati.  Un’altra pianta dotata di notevole tossicità è il Bosso (Buxus sempervirens) che per gli antichi Greci era sacro a Plutone, dio protettore degli alberi sempreverdi. Il Bosso è un arbusto sempreverde proprio del territorio mediterraneo, generalmente coltivato come siepe per il suo aspetto ornamentale. Le sue foglie sono molto tossiche sia per gli uomini che per gli animali, e anche il solo contatto può provocare dermatiti.

Anche il Fico (Ficus carica), pur avendo interessanti virtù terapeutiche, contiene nelle sue foglie alcune importanti sostanze dette furocumarine che hanno una azione fotosensibilizzante. Il decotto abbronzante, adoperato sconsideratamente da alcune persone, può risultare estremamente pericoloso e comportare ustioni gravi. Né tanto meno va dimenticata l’altrettanta pericolosità del lattice, che è stato utilizzato per la cura di verruche, spesso con esiti da pronto soccorso.

Ricordate poi che il Bergamotto ( Citrus bergamia risso) contiene furocumarine e i prodotti solari contenenti olio essenziale di bergamotto possono provocare dermatiti bollose. Idem per il sedano, il limone e il pompelmo.

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La più magica e misteriosa delle erbe, conosciuta nell’antichità come afrodisiaca, è la Mandragora, che godeva  fama di straordinarie virtù terapeutiche, come ad esempio la cura della sterilità femminile. Entrò a far parte anche della Teriaca di cui abbiam parlato, e venne usata come antidolorifico. Attualmente però si è stabilito che la pianta è assai tossica e ha scarsa importanza farmacologica.

Altra pianta magica è lo Stramonio (Datura stramonium) che era utilizzata già  dagli antichi Greci e dagli Arabi come inebriante nei riti magici e sacri. La pianta è molto tossica ed è meglio starne alla larga.

Usata nel XVI secolo dalle donne veneziane per ravvivare la luminosità dello sguardo e dilatare le pupille è la Belladonna (Atropa belladonna). Anticamente serviva per preparare la “pomata della strega”, uno dei primi anestetici locali. La pianta è molto tossica e le sue bacche nere, se ingerite, possono essere mortali. La Belladonna però contiene atropina, utilizzata in medicina per la sua azione antispasmodica, antiasmatica e midriatica (provoca dilatazione della pupilla).

Altra pianta molto conosciuta è l’Agrifoglio (Ilex aquifolium) arbusto o piccolo albero sempreverde molto longevo, diffusissimo in Italia e simbolo della tradizione natalizia. Le sue bacche rosse sono in grado, se ingerite, di provocare uno stato infiammatorio di notevole gravità all’apparato gastrointestinale oltre a fenomeni convulsivi.

Sempre famosa nel periodo natalizio c’è anche la pianta del Vischio (Viscum album), dai frutti bianchi, perlacei e con polpa gelatinosa. E’ una pianta tossica che va usata con molta cautela; la sua principale indicazione terapeutica è come ipotensivo e diuretico. L’intossicazione si manifesta con diarrea sanguinolenta, vomito ed estrema sete che porta ad un quadro di rallentamento del battito cardiaco e a shock.

E non possiamo non citare la “Stella di Natale” ( Euphorbia pulcherrima) che non ha alcuna indicazione terapeutica ma è una pianta notevolmente tossica.Le foglie, se ingerite, possono essere mortali.Anche il lattice del frutto al contatto con la pelle o con le mucose provoca fenomeni infiammatori.

Veniamo ora alla Canfora (Cinnamomum camphora), albero della Cina e del Giappone, diffuso anche in India e coltivato anche nelle zone miti dell’Europa. Distillando il legno dell’albero si ottiene la canfora, che viene impiegata come antitarme in tavolette allo stato solido o in soluzione oleosa o alcolica al 10% per frizioni e massaggi muscolari. La canfora, però, è anche notevolmente tossica e l’ingestione di circa un grammo può dare avvelenamento mortale in  un bambino.

Altra pianta particolare è l’Assenzio (Artemisia absinthium), pianta molto aromatica dal sapore amarissimo che presenta foglie dotate di una peluria biancastra che le dona un caratteristico colore argenteo. Dioscoride tramanda che l’assenzio era usato contro le tarme, le cimici, le pulci e i topi, mentre nel 1900 lo si riteneva utile contro le febbri intermittenti e come antielmintico. Caratteristica dell’assenzio è quella di contenere una sostanza molto tossica, il thujone (presente anche in altre piante) e intossicazioni molto gravi si sono avute in seguito all’ingestione di decotti molto concentrati di questa pianta, utilizzata a scopo abortivo.

Dr. Angelo Carli

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