Non più solo «mobbing», ma «sindrome da amarezza cronica». Si tratta di un disturbo nuovo (in inglese: embitterment disorder) amplificato dalla diffusione di forme di lavoro precario e che si manifesta «quando un individuo rimugina in continuazione su ingiustizie (reali e/o percepite) subite sul posto di lavoro», tra cui «la mancanza di prospettive lavorative». A parlarne è Giovanni Fava, professore di Psicologia Clinica dell’Università di Bologna, esperto di psicosomatica, la scienza che si occupa di studiare il rapporto tra le variabili biologiche, psicologiche e sociali nelle patologie. «Tutte le malattie hanno una componente psicologica il cui peso relativo può variare da una malattia all’altra, da un individuo all’altro e anche da un episodio all’altro della stessa patologia nello stesso individuo», spiega Fava. Che sottolinea come, tra le maggiori cause odierne di stress, un ruolo importante sia giocato dalla tensione accumulata sul posto di lavoro: «Lo stress lavorativo, in particolare se associato a mobbing, appare un elemento sempre più importante perché costituisce un carico costante sull’individuo», spiega l’esperto.
Psicosomatica e stress lavorativo – Tra le principali fonti di stress un ruolo centrale è ricoperto dalle tensioni lavorative, afferma l’esperto, e il precariato crescente di questi ultimi anni certamente non aiuta. Un ambito sempre più studiato dagli esperti di psicosomatica: «Anche la mancanza di prospettive lavorative è una fonte di stress – continua Fava -. È stata infatti descritta la sindrome dell”amarezza cronica’ (embitterment disorder), in cui un individuo rimugina in continuazione su ingiustizie (reali e/o percepite) subite sul posto di lavoro».
Coliti e gastriti: la somatizzazione – E quando le cose non vanno proprio per il verso giusto capita di incappare in coliti e gastriti che possono manifestarsi come risultato della «somatizzazione» di problemi di altra natura. Un disturbo che «può colpire chiunque», perché «non esiste una tipologia di persona maggiormente predisposta», afferma l’esperto, anche se l’ansia gioca un ruolo predisponente molto importante: «La somatizzazione è l’espressione fisica di un disagio psicologico. Il termine si riferisce in particolare ai disturbi funzionali, quelli in cui non si riesce a trovare una causa organica. I problemi fisici possono spostarsi da un organo all’altro, ma permangono se non si affronta la componente psicologica», spiega Fava. E la pancia, a volte, non basta per dare «sfogo» alla somatizzazione: «Problemi psicologici possono produrre anche cefalee da tensione. Ma queste sono solo una parte, anche se la più frequente, delle cefalee», puntualizza lo studioso.
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I rimedi – Contro la somatizzazione «uno stile di vita sano aiuta – conclude Fava -. Ma, soprattutto, a fare la differenza è la capacità di ridurre l’esposizione allo stress, in una sorta di auto-protezione rispetto alle situazioni stressanti».
di Miriam Cesta
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