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TI PERDONO PER-DONO: TI LIBERO E MI LIBERO !

TI PERDONO PER-DONO: TI LIBERO E MI LIBERO

PER-DONO: LA STRADA CHE NON SEMPRE SI RIESCE A PERCORRERE

Il perdono è una delle sfide più grandi dell’essere umano. È facile parlarne, ma difficile praticarlo quando il dolore è vivo, quando l’offesa brucia, quando il cuore è chiuso nella gabbia della rabbia o della sofferenza. E allora, cosa succede quando non si riesce a perdonare?

Chi non riesce a perdonare non è “sbagliato”. È un’anima che porta il peso dell’offesa e delle ferite non ancora guarite. La psicologia ci insegna che l’incapacità di perdonare spesso nasce da una paura profonda: quella di essere vulnerabili di nuovo. Come spezzare queste catene?

Quando siamo feriti, il perdono può sembrare un tradimento verso noi stessi. È come se il dolore meritasse di essere “onorato” attraverso la giustizia o la vendetta. Ma il vero problema è che l’odio e il risentimento ci tengono legati all’energia dell’offesa.

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Come diceva Nelson Mandela: “Trattenere il risentimento è come bere veleno aspettandosi che uccida l’altro.”

E qui entra in gioco la pratica dell’Ho’oponopono, l’antica arte hawaiana del perdono e della riconciliazione. Questa pratica ci insegna che il perdono non è solo un dono verso gli altri, ma prima di tutto verso noi stessi.

Attraverso quattro semplici frasi – “Mi dispiace. Perdonami. Grazie. Ti amo.” – si avvia un processo di guarigione interiore. Non si tratta di cancellare ciò che è accaduto, ma di trasformare il modo in cui lo viviamo. TI LIBERO E MI LIBERO !

Yogi HarBhajan ha detto: “Non perdonare è come camminare con una ferita aperta: ogni passo fa male, e continui a sanguinare.

Il perdono non significa negare il dolore, ma permettere alla ferita di cicatrizzarsi. È un percorso che parte dall’accettazione del proprio dolore, per poi arrivare al lasciarlo andare.

Ecco alcune delle parole di Gesù sul perdono, prese direttamente dai Vangeli, che mostrano la sua visione profonda e rivoluzionaria su questo tema:

“Perdonate, e sarete perdonati.”  Gesù ci invita a perdonare non come un obbligo, ma come un atto che ci libera, aprendo le porte al perdono divino.

“Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.”
Rispondendo a Pietro, Gesù sottolinea che il perdono non ha limiti. È un atto continuo, un cammino di amore e compassione. “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno.”
Anche nel momento del suo massimo dolore sulla croce, Gesù offre perdono ai suoi carnefici, mostrando che il perdono è il culmine dell’amore incondizionato.

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“Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.”
Gesù spinge il perdono oltre l’umanamente comprensibile, invitandoci a rispondere all’odio con amore. Gesù ci invita a perdonare non solo per gli altri, ma per la nostra stessa liberazione: “Perdonate, e sarete perdonati.” Il perdono è una scelta che ci connette al divino, un atto che spezza le catene invisibili del risentimento.

PER-DONO: IL DONO CHE RICREA IL MONDO

Il perdono è un tema universale, un ponte tra l’umano e il divino, tra la sofferenza e la guarigione. Non è solo un atto, ma un cammino evolutivo, come ci ricorda Rafael Payeur nel suo studio sul chakra frontale. Egli vede il perdono come un processo che richiede maturazione, sacrificio e apertura totale alle forze superiori.

il perdono come trasformazione spirituale
Nel suo studio del chakra frontale, Payeur sottolinea che il perdono non è un semplice gesto, ma un cambiamento di coscienza. Attraverso l’armonizzazione dei primi tre chakra e il risveglio del cuore e della gola, si arriva alla trasmutazione dell’essere che permette di accedere al perdono.

Il perdono, dice Payeur, richiede una terribile rinuncia: rinunciare al diritto di essere risarciti, al proprio onore, e persino a ciò che si tiene di più caro. Questa rinuncia rappresenta una sofferenza profonda per l’ego, ma al tempo stesso è un atto alchemico che trasforma l’ego stesso, elevandolo.

Il perdono non è dimenticanza né giustificazione dell’offesa. Payeur scrive che perdonare significa riconoscere l’offesa e, al tempo stesso, rinunciare a qualunque compensazione. È un atto di amore che rompe il cerchio chiuso della colpa e della vendetta, creando un futuro nuovo basato sull’alleanza e sulla dinamica dell’amore.

Payeur ci ricorda che il perdono non è una scelta morale, ma una necessità ontologica: è parte della nostra essenza profonda. Rifiutare di perdonare è ripiegarsi su se stessi, inacidire, separarsi dall’altro e dalla propria vocazione spirituale. E’ un atto contro l’umanita’ perche’ SIAMO UN TUTT’UNO!

COME POSSIAMO AIUTARCI?

con la meditazione e la consapevolezza: Molte tradizioni, dal Buddhismo allo Yoga, insegnano che il perdono nasce dal riconoscere la natura impermanente della sofferenza.

Osho ci invita a osservare l’offesa come un evento passeggero: “Non sei le tue ferite, sei qualcosa di più grande.”

P. Deunov suggerisce l’uso della natura come strumento di perdono. Scrivi il tuo dolore su un foglio e brucialo, oppure lascialo andare nell’acqua di un fiume. È un modo per dire all’universo: “Lascio andare, non voglio più portare questo peso.”

Non sempre si è pronti a perdonare. Il perdono non si forza, si coltiva. Come un seme che ha bisogno di tempo per germogliare, anche il perdono richiede il suo momento. È possibile iniziare accettando la propria difficoltà, senza giudizio. Questo è già un atto di amore verso se stessi.

Possiamo farci aiutare da uno psicologo o un counselor

Possiamo provare con la tecnica hawaiana Ho’oponopono.  A me piace tanto l’ho utilizzata e la utilizzo e insegno sempre perche’ e’ fonte di cura e di liberazione.

Ho’oponopono: guarire e perdonare attraverso la responsabilità
L’Ho’oponopono, pratica hawaiana di riconciliazione, ci insegna che il perdono non riguarda solo l’altro, ma anche noi stessi. SIAMO un tutt’uno!

La storia del dottor Ihaleakala Hew Len e dell’Ho’oponopono è stata resa nota principalmente attraverso l’intervista condotta da Joe Vitale, che ha approfondito il lavoro del dottor Hew Len presso l’Hawaii State Hospital, ospedale di 300 malati psichiatrici.   Durante quattro anni di lavoro, il dottor Hew Len utilizzò l’Ho’oponopono lavorando esclusivamente su se stesso mentre guardava le cartelle cliniche dei pazienti. Non incontrò mai personalmente i pazienti, ma applicò la pratica del perdono e della guarigione interiore. Attraverso questa pratica, si narra che non solo i pazienti iniziarono a migliorare, ma che alla fine il reparto venne chiuso, poiché non era più necessario.

Questo risultato, descritto come incredibile, sottolinea il principio fondamentale dell’Ho’oponopono: migliorare noi stessi per influenzare il mondo intorno a noi.

Il dottor Hew Len ripeteva continuamente le quattro frasi

 Mi dispiace.

Ti chiedo scusa.

Grazie.

Ti amo

 con l’intento di purificare le memorie e le energie negative dentro di sé. Più lavorava sul proprio stato interiore, più i pazienti miglioravano e alla fine sono guariti tutti !

ci prendiamo la responsabilità di ciò che accade, riconoscendo che tutto è interconnesso.
L’Ho’oponopono ci invita a migliorare noi stessi per migliorare il mondo. Questo approccio rivoluziona il nostro modo di vedere il perdono, non più come un gesto di superiorità, ma come una guarigione che parte dal cuore e si estende alla Terra intera.

Questo ci ricorda che il perdono non è una scelta morale, ma una necessità ontologica: è parte della nostra essenza profonda.  Perché è solo attraverso il perdono che possiamo guarire, ri-creare alleanze e far risorgere l’amore che tiene insieme il mondo.
Perdonarsi e perdonare per-dono !

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