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Un Albero Per Amico
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UN ALBERO PER AMICO

UN ALBERO PER AMICO

 

Questa è la storia di un albero di ulivo, tanto vecchio da aver dimenticato il giorno in cui era spuntato dalla terra, forse 200 anni prima. Ricordava a malapena la fatica che aveva fatto per bucare la terra. Ricordava che si sentiva pieno di vigore ma non sarebbe riuscito a far capolino tra le zolle se improvvisamente non fosse scoppiato quel temporale. Era successo che il Sole, che da lassù riesce a vedere anche ciò che avviene sotto terra, mosso a pietà e ammirato per tanta tenacia, aveva ordinato alle nuvole di avvicinarsi a quel pezzo di terra e innaffiarlo per bene.

 

Così era nato Olivo, e si era dato subito un gran da fare per tirar fuori dai suoi rametti delle belle foglie lucide, e per affondare le sue piccole radici nel terreno laddove trovassero più cibo per il suo fusto. Di anno in anno, sopportando il caldo dell’estate e il freddo d’inverno era cresciuto sano e forte, aveva prodotto migliaia di piccoli fiori, che poi si erano trasformati in piccoli frutti prima verdi e poi con il sole sempre più neri, fino a quando non erano venuti una donna con i suoi bambini a raccoglierli.

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Fu felice di donare i suoi frutti, anche se quei bambini gli tiravano un po’ i rami, e gli strappavano le foglie, e si arrampicavano sul suo tronco. Sapeva (non si sa come visto che non si era mosso mai di là) quale prezioso liquido sarebbe venuto fuori dalle piccole olive, e per questo era disposto a sopportare un po’ di strapazzo.

 

La casa dei bambini non era distante, e loro lo venivano trovare anche quando non era stagione di raccolta, perché il suo tronco era bello e forte, i suoi rami grandi e ben distesi. Era facile arrampicarsi e a loro piaceva molto sedere tra le sue fronde ben sistemati nell’incrocio delle sue braccia robuste, come su piccole sedie sospese.

 

I bimbi erano tre, due femmine e un maschio. Si chiamavano Isotta, Alessia e Lorenzo. Avevano anche un cane vivacissimo e un po’

pazzerello: Yuri.

Essi avevano deciso che Olivo era il loro rifugio segreto. Ognuno di loro si era scelto un ramo e là andava a mettersi quando voleva sfuggire agli adulti, per starsene un po’ in pace a parlare o a pensare quando erano da soli.

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Olivo li accoglieva sempre con grande gioia e anche se non poteva parlare cercava di far capire loro che li accoglieva, disponendo al meglio i suoi rami perché fossero più comodi, spostando le foglie per fare ombra quando il sole picchiava forte, agitandole per fare vento quando c’era molta afa.

 

Quando li vedeva stanchi chiedeva al vento di “suonare” una canzone lieve usando le fronde come strumento, in modo da accompagnarli nei loro sogni.

 

Yuri se ne stava tra le radici, col muso appoggiato a quella più grossa che sporgeva dal terreno, e tutto il resto quasi infilato nel cavo del tronco, che lo riparava dal caldo e dal freddo.

 

Lui sì che parlava con Olivo, perché riusciva a sentirlo appoggiando le sue orecchie alle radici.

Parlavano dei bambini, e di quello che loro desideravano: Isotta voleva diventare una grande ballerina, danzare nei teatri di tutto il mondo, essere applaudita e acclamata ad ogni spettacolo.

I suoi sogni erano pieni di scene scintillanti, fiori che piovevano sul palco, luci che illuminavano solo lei, applausi a non finire. Per questo si allenava spesso facendo la ruota, la spaccata, volteggi e capriole, richiedendo sempre l’attenzione degli altri.

 

Lorenzo voleva fare il musicista, e per questo ogni cosa diventava uno strumento musicale: due bastoncini battuti tra di loro, una vecchia scatola di latta diventava un tamburo, il tronco cavo di Olivo veniva percosso per emettere suoni ritmici, persino Yuri non sfuggiva dall’essere preso a mo’ di tamburo!

 

Alessia non aveva desideri particolari, era felice di guardare gli altri che si “allenavano” per seguire i loro sogni, procurava bacchette resistenti a Lorenzo, assisteva Isotta nelle capriole, la sosteneva nella verticale.

Olivo sapeva che lei voleva solo essere d’aiuto agli altri, e non pensava mai a sé, senza che questo fosse un gran sacrificio, era fatta così, ed è giusto che ognuno segua ciò che ha nel cuore.

 

Olivo era il loro amico fedele, e quando loro si sentivano tristi andavano da lui, aprivano il cuore, e senza bisogno di parole lui capiva, ascoltava tutto e poi assorbiva le loro pene nella sua corteccia legnosa, li inglobava dentro la sua linfa e li buttava fuori attraverso i nodi dei suoi rami.

 

I bimbi non sapevano perché andare da Olivo li rinfrancava sempre, non si accorgevano della sua opera di “mangia-tristezza”. Sapevano che andare lì li faceva stare meglio e basta.

 

Isotta, Alessia e Lorenzo diventarono grandi, andarono via dalla grande casa, ma quando tornavano a trovare i genitori andavano sempre da Olivo, come si va a trovare un amico. Non so se hanno realizzato i loro sogni ma so che a volte ritornano solo per stare un po’ con lui, quando hanno bisogno di una pausa per riflettere o quando devono prendere una decisione importante.

 

Olivo oramai è vecchio, il suo tronco è pieno di nodi, eppure non è ancor stanco di ascoltare.

 

Ogni albero fa quello che fa Olivo, ti ascolta se tu gli sai parlare. Avvicinati, tocca il suo tronco, abbraccialo, porgi l’orecchio a sentire la sua linfa, accarezza le sue foglie.

Quando ti senti triste siediti sotto un albero o in mezzo ai suoi rami, chiudi gli occhi e ascolta in silenzio, sentirai crescere i suoi nodi e sciogliersi la tua tristezza.

 

INVIATO DA ELENA MARRAS

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