Omeopatia, fitoterapia, trattamenti manuali, agopuntura, sono queste le tre maggiori «cure» alternative a cui ricorre l’8,2 per cento degli italiani (dati Istat). Una bella fetta di popolazione, dunque, anche se il fenomeno è in calo (dal 2000 al 2005 la media si aggirava intorno al 13 per cento) secondo le ultime rilevazioni disponibili. Per l’omeopatia in particolare il 2016 è stato un «anno nero», con perdite per oltre 15 milioni di euro. Il mercato italiano, che è il terzo in Ue dopo Francia e Germania, nel 2016 ha registrato per la prima volta dopo anni di crescita un calo del 7,4% dei prodotti venduti e del 4,8% del fatturato, quest’ultimo passato dai 300 milioni annui del 2015 ai 285 del 2016.
Quasi cinque milioni le persone che hanno scelto di ricorrere ad almeno un rimedio o terapia di tipo non tradizionale. La più diffusa è l’omeopatia (4,1%), seguita dai trattamenti manuali (3,6%), dalla fitoterapia (1,9 per cento) e dall’agopuntura (1% della popolazione). E sono le donne giovanissime le maggiori utilizzatrici, tra loro 9,6% ne ha utilizzato almeno una nei tre anni. Tra i 25 anni e i 54 anni la percentuale scende al 6,9 %. La scelta medica omeopatica è fatta in modo esclusivo dal 17% degli utilizzatori di rimedi omeopatici, mentre il 73,5% la associa ai farmaci convenzionali.
Anche per quanto riguarda i bambini numeri in calo. Se nel 2005 circa l’8,2% della popolazione fino a 14 anni era curato con rimedi omeopatici, nel 2013 la quota è scesa al 6,1%. Affascinato dall’omeopatia è il nord del paese e in particolare la provincia di Bolzano, dove vi ricorre il 17% della popolazione, mentre al sud troviamo la metà della media nazionale. E sono le persone di status socio-economico più elevato a preferire le terapie non convenzionali.
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Le cure alternative hanno testimonial eccellenti, come Josefa Idem che si cura con l’omeopatia e che ha raccontato di avere iniziato a curarsi con l’arnica per una brutta bronchite dopo che i cicli di antibiotici avevano fallito. «Funzionò. L’anno dopo ho vinto le Olimpiadi».
Circa 20 mila medici italiani prescrivono almeno una volta all’anno medicinali omeopatici. E sono circa 4 mila i medici che la esercitano con regolarità. E al nord il loro numero è in crescita, soprattutto in Lombardia dove negli ultimi sette anni, il numero di medici iscritti nei registri delle medicine non convenzionali dell’Ordine è cresciuto del 180%.
Il metodo omeopatico si basa sulla capacità di ottenere una preparazione alchemica che da veleno si trasformi in farmaco. Con un complicato meccanismo di diluizione e dinamizzazione (scuotimento). Una diluizione tale che spesso fa sì che nella «pillola» non si trovi nemmeno una molecola della sostanza attiva. In pratica si assumono, dicono i critici, «zuccherini».
Le terapie «non convenzionali» che fanno concorrenza o integrano l’omeopatia sono la fitoterapia e l’agopuntura, ma anche la medicina antroposofica (basata sullo studio del paziente dal punto di vista fisico, spirituale e psichico) e ayurvedica (quella tradizionale indiana), l’omotossicologia e la medicina osteopatica. L’omotossicologia è invece una corrente dell’omeopatia, da cui si differenzia perchè rifiuta l’integralismo terapeutico utilizzando anche la medicina convenzionale.
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In Toscana nel 2011 è nato anche un ospedale, a Pitigliano, che prevede l’utilizzo della medicina ufficiale in maniera integrata con le medicine complementari normate dalla Regione Toscana (agopuntura, omeopatia). Vengono trattate patologie respiratorie, gastrointestinali, dermatologiche, allergie, asma, malattie reumatiche, gli esiti di traumi e di ictus, il dolore cronico. E vengono utilizzate per contenere gli effetti collaterali della chemioterapia in oncologia e nelle cure palliative.
http://www.lastampa.it/2017/05/28/italia/cronache/quei-milioni-di-amanti-delle-cure-alternative-mt9Kqh7IBnKkOUyZUDl8PJ/pagina.html
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