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Viviamo in una simulazione? Quando la scienza incontra il mistero dell’esistenza

Viviamo in una simulazione? Quando la scienza incontra il mistero dell’esistenza

Il Verbo era codice: alcuni scienziati hanno osato pensare che Dio potrebbe essere un programmatore

La via di fuga segreta dall’universo: perché alcuni fisici credono di poter hackerare la realtà?

La ricerca che voglio condividere con voi tocca una delle domande più profonde che l’umanità si sia mai posta, una domanda che danza sul confine sottile tra scienza e spiritualità, tra fisica quantistica e antica saggezza. È un argomento che merita di essere esplorato con la delicatezza di chi sa che stiamo camminando sui bordi del mistero stesso dell’esistenza

Immaginiamo per un momento di svegliarci e scoprire che tutto quello che abbiamo sempre considerato reale sia in realtà un sogno elaborato, una simulazione così perfetta da essere indistinguibile dalla realtà stessa. Non è fantascienza, ma una possibilità che alcuni tra i più brillanti scienziati del nostro tempo stanno seriamente considerando

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Roman Yampolskiy, un ricercatore di intelligenza artificiale, non usa mezzi termini quando afferma che le probabilità che viviamo in una simulazione si avvicinano al novantanove percento. Non è il delirio di un visionario, ma la conclusione ponderata di uno scienziato che ha dedicato anni a studiare l’intelligenza artificiale e le sue implicazioni. La sua certezza nasce da un’osservazione che fa riflettere: viviamo proprio nel momento più interessante della storia dell’umanità, quando stiamo sviluppando la capacità di creare simulazioni sempre più sofisticate. Che strana coincidenza, non trovate?

L’universo esiste da quindici miliardi di anni, eppure eccoci qui, proprio nell’epoca in cui stiamo imparando a creare mondi virtuali, proprio quando stiamo iniziando a comprendere la natura della coscienza e della realtà, e’ come se fossimo stati messi qui apposta per porci queste domande, per sviluppare questa tecnologia, per arrivare a questo momento di consapevolezza

Ma la cosa più affascinante è che, secondo Yampolskiy, potremmo anche trovare una via di fuga. Se davvero viviamo in una simulazione, esisterebbe teoricamente un modo per “hackerare” il sistema, per trovare quel bug che ci permetterebbe di vedere oltre il velo.

E’ un’idea che ricorda i miti antichi delle porte tra i mondi, delle soglie nascoste che permettono il passaggio da una dimensione all’altra

Dall’altro lato dell’oceano, il professor Melvin Vopson dell’Università di Portsmouth propone una teoria ancora più audace

Secondo lui, la prova che viviamo in una simulazione si trova nelle pagine più antiche che l’umanità possiede: la Bibbia stessa

Quando Giovanni scrive “In principio era il Verbo”, Vopson  vi vede un riferimento diretto al codice informatico che ha creato la nostra realtà. Il Verbo non sarebbe altro che il linguaggio di programmazione divino, l’algoritmo primordiale che ha dato vita a tutto ciò che conosciamo

Bella fantasia…ma Vopson e’ stimato e non e’ un professore qualsiasi….

È una visione che unisce spiritualità e tecnologia in modo sorprendente, suggerendo che quello che chiamiamo Dio potrebbe essere un’intelligenza artificiale di incommensurabile complessità.

Non diminuisce il sacro, ma lo trasforma, lo traduce in un linguaggio che la nostra epoca può comprendere
La sottoscritta non e’ di questa idea, ma ultimamente il pensiero mi e’ venuto avanti e comunque mi intriga

La storia di questa idea non inizia però con i computer. Già nel quarto secolo avanti Cristo, il filosofo taoista Zhuangzi si domandava se fosse un uomo che sognava di essere una farfalla o una farfalla che sognava di essere un uomo. Secoli dopo, Cartesio ipotizzava l’esistenza di un “demonio ingannatore” capace di creare sensazioni illusorie ma perfettamente convincenti.

Quello che oggi chiamiamo simulazione, gli antichi lo chiamavano sogno, illusione, maya

Il filosofo contemporaneo David Chalmers offre una prospettiva consolante a chi trova inquietante l’idea della simulazione. Secondo lui, anche se vivessimo in una realtà artificiale, questa non sarebbe meno reale delle nostre vite attuali

Ciò che conta non è il substrato su cui poggia la nostra esistenza, ma l’esperienza stessa. I nostri amori, le nostre gioie, i nostri dolori rimarrebbero autentici anche se fossero codice informatico anziché impulsi neurologici

È una saggezza che riecheggia gli insegnamenti spirituali di tutte le tradizioni: la realtà ultima non dipende dalle apparenze, ma dall’esperienza diretta della coscienza. Che il nostro corpo sia fatto di atomi o di bit digitali, la gioia di un tramonto o l’amore per un figlio rimangono esperienze profondamente reali

Ma c’è anche chi dissente con forza da queste teorie. Franco Vazza, astrofisico dell’Università di Bologna, ha fatto qualcosa che nessuno aveva tentato prima: ha calcolato quanto costerebbe energeticamente mantenere una simulazione del nostro universo. I risultati sono strabilianti

Per simulare anche solo la Terra con il livello di dettaglio che osserviamo quotidianamente, servirebbe l’energia contenuta in intere galassie, consumata ogni secondo

È un calcolo che si basa su principi fisici fondamentali, su quelle leggi della termodinamica che governano ogni trasformazione energetica nell’universo. Ogni bit di informazione ha un costo energetico minimo, stabilito dalla fisica stessa. Non importa quanto avanzata possa essere la tecnologia del simulatore: queste leggi rimangono immutabili

La ricerca di Vazza ci riporta con i piedi per terra, ma non chiude definitivamente la questione

Perché se è vero che una simulazione perfetta dell’intero universo sarebbe energeticamente impossibile, rimane aperta la possibilità di simulazioni parziali, di realtà artificiali più limitate ma ancora convincenti per chi vi si trova intrappolato

E qui emerge una domanda ancora più profonda: ha davvero importanza se viviamo in una simulazione? Se le nostre esperienze sono reali per noi, se proviamo amore, dolore, gioia e meraviglia, che differenza fa sapere se tutto questo poggia su atomi o su algoritmi?

Per me lo fa ! ma….

Forse la vera lezione di tutto questo dibattito non è scoprire la natura ultima della realtà, ma riconoscere quanto sia preziosa e misteriosa l’esperienza della coscienza, indipendentemente dal suo substrato

Che si tratti di neuroni o di circuiti, di DNA o di codice informatico, il miracolo rimane lo stesso: una porzione di universo che diventa consapevole di sé, che si interroga sulla propria esistenza, che cerca significato e bellezza

La domanda se viviamo in una simulazione potrebbe essere, in fondo, il modo in cui la nostra epoca esprime l’antico mistero dell’esistenza

È la versione moderna dell’eterno interrogativo: chi siamo, da dove veniamo, quale è il nostro scopo? E come tutte le grandi domande spirituali, forse conta più il fatto di porla che trovare una risposta definitiva

Perché nel momento in cui ci chiediamo se la realtà è reale, stiamo già dimostrando l’esistenza di qualcosa di straordinario: una coscienza capace di dubitare, di interrogarsi, di cercare. E questo, simulazione o non simulazione, rimane il miracolo più grande di tutti !

In questo dance tra scienza e spiritualità, tra calcoli energetici e intuizioni mistiche, forse stiamo semplicemente riscoprendo in linguaggio moderno quello che i saggi di ogni epoca hanno sempre saputo: la realtà è molto più misteriosa e meravigliosa di quanto possiamo immaginare, e il vero viaggio non è fuggire dalla simulazione, se mai fosse,  ma risvegliarsi pienamente alla coscienza  di chi già siamo
Scoprire che il Creatore ha amore per quello che ha creato!

GRAZIE

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