Siamo entrati nell’era post-antibiotica e senza nuovi alleati si prospetta un futuro apocalittico.
I farmaci che ci hanno permesso di sopravvivere a malattie infettive in passato devastanti, come la tubercolosi o la setticemia, non funzionano più. Gli antibiotici che hanno salvato la vita di milioni di persone sono così diffusi che i batteri hanno trovato un modo per resistere al loro attacco. Sono ormai dappertutto: vengono spruzzati sui raccolti, scaricati nei fiumi e persino, come è emerso al meeting dei ministri della scienza del G8 lo scorso anno, inseriti nelle vernici delle barche per tenere lontani i crostacei. Per non parlare dell’assunzione inappropriata di questi farmaci senza prescrizione medica.
Si stima, in particolare, che nel mondo la maggioranza delle 100-200mila tonnellate di antibiotici prodotte vengano usate in modo disinvolto sia in agricoltura sia nel settore veterinario per mantenere sani gli animali negli allevamenti industriali. «La situazione sta peggiorando», ha ammonito sul «Daily Telegraph» Zac Goldsmith, tesoriere del gruppo bipartisan nato in Gran Bretagna sul tema. «Quando si concentra un gran numero di animali, soprattutto maiali, in situazioni di stress si crea ogni genere di problema. La storia – continua – ci insegna che non si possono tenere gli animali in questo modo senza usare quotidianamente gli antibiotici, ma si tratta di un modello che non può più funzionare». Il risultato, infatti, è la creazione di un esercito di batteri resistenti che ogni anno reclama la vita di 25mila persone in Europa, più o meno quante sono le vittime della strada.
Intermezzo promozionale ... continua la lettura dopo il box:
Abbiamo usato, o stiamo usando, tutti i farmaci «di ultima speranza» e, oltre a non esserci più nulla nell’arsenale medico, non ci sono molti nuovi prodotti in via di sviluppo. E intanto il 70% dei batteri ha sviluppato resistenze specifiche, comprese contro i farmaci considerati più potenti. Così il pericolo si allarga: da locale sta raggiungendo proporzioni globali. I «superbatteri», per esempio quelli che nascono in un ospedale cinese o in un fiume inquinato in Pakistan, possono attraversare i continenti più velocemente di quanto si riesca a scoprirli. Uno studio condotto su 100 svedesi che hanno viaggiato in Paesi al di fuori dell’Europa del Nord ha rivelato che uno su quattro aveva qualche batterio resistente presente nello stomaco. D’altra parte, solo nel 2011, ci sono stati almeno 35mila casi di infezioni da batteri resistenti in tutta Europa: è un aumento di sei volte in pochi anni.
I dati sottolineano l’aumento della resistenza in due specie di batteri: Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae. Queste due specie – responsabili di infezioni urinarie, sepsi ed altre infezioni nosocomiali – mostrano un significativo aumento nelle percentuali di resistenza ad antibiotici come le cefalosporine di terza generazione, i fluorochinoloni e gli aminoglicosidi. Resistenze, queste, che sono spesso combinate tra loro, generando di conseguenza batteri multi-resistenti, causa di infezioni sempre più difficilmente trattabili. Negli ultimi anni, poi, tra le resistenze si è aggiunta quella ai carbapenemi, antibiotici considerati di «ultima risorsa», rendendo le infezioni praticamente intrattabili.
La situazione è ancora più grave in Italia, uno dei Paesi europei con i più alti livelli di allarme. «A fronte di una sorveglianza al fenomeno che descrive puntualmente, ogni anno, una situazione problematica – spiega l’Istituto Superiore di Sanità – gli interventi che sono stati messi in atto sono scarsi e parcellizzati».
La crisi che incombe è facilmente descritta da altri due dati: se tra il 1935 e il 1968 sono state scoperte 14 nuove classi di antibiotici, da allora ne sono emerse soltanto cinque. Il problema – spiegano gli esperti – è che le aziende farmaceutiche si sono ritirate da questo tipo di ricerca, preferendo concentrarsi sulle malattie croniche, per le quali è necessario assumere farmaci per tempi molto lunghi, piuttosto che sulle infezioni che, invece, guariscono in pochi giorni. La conferma che l’industria sta abbandonando questo settore-chiave arriva anche da uno studio italiano, condotto all’Ospedale Santa Maria Misericordia di Udine e pubblicato lo scorso agosto sugli «Annals of Clinical Microbiology and Antimicrobials». Si dimostra come, mentre all’inizio degli Anni 90 c’erano 18 aziende impegnate nello sviluppo di nuovi antibiotici, nel 2011 ne erano rimaste quattro e come da 10 nuovi antibiotici approvati nello stesso arco di tempo si sia passati a due soltanto.
Intermezzo promozionale ... continua la lettura dopo il box:
Allo stesso tempo sono pochi i governi che stanno prendendo parte attiva alla ricerca, come gli Usa, che hanno investito 200 milioni di dollari in una unità della GlaxoSmithKline (una delle quattro aziende rimaste a fare ricerca in questo campo) per lo studio di nuovi antibiotici da usare in caso di un attacco bioterroristico.
http://www.lastampa.it/2014/02/20/scienza/tuttoscienze/sos-antibiotici-i-batteri-stanno-diventando-invincibili-Bo2MkfoVmgVEsp1vAACrZM/pagina.html
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.