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L' Universo Non E' Localmente Reale
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L’ universo non E’ localmente reale

L’universo non E’ localmente reale

È ciò che hanno provato i vincitori del premio Nobel per la Fisica del 2022 in seguito a esperimenti di correlazione quantistica tra fotoni.
A quanto pare, l’universo non è localmente reale. A rivelarlo sono stati i vincitori del premio Nobel per la Fisica del 2022, Alain Aspect, John F. Clauser e Anton Zeilinger.

Ma cosa vuol dire “localmente reale”? Si dice ‘reale’ quando gli oggetti hanno proprietà indipendenti dall’osservazione: per esempio, una mela può essere rossa anche quando nessuno la sta guardando. Mentre ‘locale’ significa che gli oggetti possono essere influenzati solo dall’ambiente circostante e, in particolare, che qualsiasi influenza non può viaggiare con una velocità superiore a quella della luce nel vuoto. Ciò che è stato scoperto è che l’universo non può essere sia reale che locale allo stesso tempo.

In parole semplici

Ricordi il gatto di Shrodinger? Finché non guardi nella scatola, il gatto è sia vivo che morto e solo quando apri la scatola il gatto “collassa” in un gatto vivo o morto. Ora immagina che il gatto abbia un gemello, in un’altra scatola, anche lui vivo e morto finché non viene osservato. MA! Se guardi nella prima scatola e il primo gatto crolla e vive, l’altro gatto all’istante muore. Ecco cosa hanno fatto nell’esperimento: hanno aperto le due scatole esattamente nello stesso momento e hanno visto che entrambi i gatti sono crollati in una posizione opposta.
Stati apparentemente privi di connessione. In base alla nostra precedente comprensione di un universo “localmente reale”, ci dovrebbe essere un trasferimento di informazioni tra di loro: in che altro modo i gatti potrebbero sapere il destino dell’altro? Questo trasferimento di informazioni potrebbe avvenire solo alla velocità della luce, ma ora questo esperimento ha chiuso tutte le scappatoie in quella possibilità. Il crollo è istantaneo, più veloce della velocità della luce.

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La nostra comprensione intuitiva dell’universo è che è localmente reale. Per l’universo essere locale significa che le cose sono influenzate solo dall’ambiente circostante, ed essere “reali” significa che le cose hanno uno stato definito in ogni momento. Stranamente questo non è vero. Una particella può trovarsi in una sovrapposizione in cui si trova contemporaneamente in più stati contemporaneamente. Anche le particelle aggrovigliate possono influenzare le loro controparti a qualsiasi distanza, più velocemente della luce.

Secondo la meccanica quantistica, la natura non è localmente reale: le particelle possono non avere certe proprietà (come spin su o spin giù) prima che siano misurate, e sembrano «parlare» fra loro a prescindere dalla distanza. (Dato che i risultati delle misurazione sono casuali, queste correlazioni non possono essere usate per comunicazioni più veloci della luce.)
I fisici che guardavano con scetticismo alla meccanica quantistica hanno proposto che l’enigma potesse essere risolto con variabili nascoste: cioè fattori che esistono a qualche livello non percepibile della realtà, al di sotto del livello subatomico, e che contengono informazioni sullo stato futuro delle particelle.

Questi ricercatori speravano che con qualche teoria a variabili nascoste la natura potesse recuperare il realismo locale negato dalla meccanica quantistica.

«C’era da pensare che le argomentazioni di Einstein, Podolsky e Rosen avrebbero immediatamente dato il via a una rivoluzione, e che tutti si mettessero a lavorare sulle variabili nascoste», dice Popescu.
L’«attacco» di Einstein alla meccanica quantistica, però, non ha fatto presa fra i fisici, che nel complesso hanno accettato la meccanica quantistica così com’è.

il teorema DI BELL con parole semplici
Il Teorema di Bell ci mostra fondamentalmente che, se la Meccanica quantistica è valida, le misurazioni eseguite su due particelle saranno sempre correlate, indipendentemente dalla distanza che le separa. Immaginiamo di avere un sistema con due particelle molto vicine che ruotano in direzioni opposte: si descrive comunemente questa situazione dicendo che lo spin di una particella è up (verso l’alto) e quello dell’altra è down (verso il basso).

Misurando gli spin delle particelle dopo che queste sono state notevolmente allontanate, scopriremo che gli spin sono rimasti uno up e l’altro down.

Queste particelle, in ragione del loro spin, si comportano come piccoli magneti, quindi si può affermare che sono dotate di momenti magnetici.

E’ possibile modificarne l’orientamento facendole passare attraverso campi magnetici: la Meccanica quantistica ci dice che se modifichiamo l’orientamento di una particella in modo che, invece di ruotare verso l’alto intorno a un asse verticale, ruoti a sinistra intorno a un asse orizzontale, scopriamo che anche l’altra particella ruota intorno a un asse orizzontale, ma nella direzione opposta, che definiremo destra.

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Questi risultati della meccanica quantistica sono stati confermati da due esperimenti, il primo eseguito nel 1972 da John Clauser e Stuart Freeman negli Stati Uniti e il secondo da A. Aspect, P. Grangier e C. Roger al CERN di Ginevra nel 198I. Quindi, per quanto possa apparire insolito, esiste una qualche forma di comunicazione istantanea tra le due particelle, tale che, modificando lo spin di una, muta istantaneamente lo spin dell’altra, indipendentemente dalla distanza. Istantanea in termini fisici significa velocità superluminare ossia superiore alla luce (forse è il caso di approfondire il concetto di simultaneità???).

Ricapitoliamo e semplifichiamo: se su una delle due particelle che provengono da una fonte comune viene condotta una “alterazione” di stato, Bell ha dimostrato che la seconda particella che sta viaggiando alla velocità della luce in direzione opposta alla prima, viene anch’essa alterata a causa della modificazione imposta alla prima particella. Per i fisici quantistici, ciò presenta un paradosso al tempo stesso eccitante e fonte di inquietudine. La velocità della luce è un valore assoluto, una costante universale irrefutabile che non può essere negata: e allora com’è possibile che una particella alteri lo stato dell’altra quando una comunicazione tra le due è impossibile? La ricerca di una risposta a questo interrogativo ha tormentato i fisici fin da quando il test venne ideato negli anni Sessanta. Esistono numerose spiegazioni, ma quella che trova più seguito sembra essere la seguente: se alcune particelle subatomiche sono state insieme, esse conservano un’«affinità» permanente che sembra in qualche modo trascendere le limitazioni fisiche. Nel suo libro, intitolato In Search of Schródinger’s Cat che è diventato un best-seller, John Gribbin afferma quanto segue a proposito di questo paradosso: “Essi [gli esperimenti basati sul test di Bell] ci dicono che le particelle che hanno interagito una volta continuano in un certo senso a far parte di un unico sistema, che risponde come un’unità a ulteriori interazioni. Virtualmente ogni cosa che vediamo, tocchiamo e sentiamo è costituita da un insieme di particelle che fin dai tempi del Big Bang hanno interagito con altre particelle”. Tutto questo comunque porta all’esistenza di un conflitto fondamentale tra le modalità di analisi del mondo fisico: le Teorie della Relatività, infatti, impongono, un limite di velocità al trasferimento delle informazioni, energia e materia, mentre la Meccanica quantistica suggerisce che in determinate situazioni è possibile superare questo limite. In un convegno internazionale di fisica il 7 maggio 1984 il discorso di John Bell si concluse così: “Siamo in presenza di una evidente incompatibilità, al livello più profondo, tra i due pilastri su cui si basa la scienza contemporanea, (Teoria della Relatività e Meccanica quantistica)”.

http://www.impresaoggi.com/it2/2437-in_fisica_quantistica_luniverso_non_e_localmente_reale/

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