La Solitudine come Scelta e non come Fuga
Anche il poeta Rainer Maria Rilke scriveva: “La solitudine è come una pioggia che scende lenta, penetrando nei cuori.” Per lui, la solitudine è una condizione creativa, in cui ci riconnettiamo con la nostra profondità e facciamo emergere i nostri veri talenti e le nostre capacita’ nascoste. E’ quel luogo in cui possiamo ritrovare il nostro Divino.
Per quel che mi riguarda non mi sono mai sentita sola immersa nella natura, anzi, ho provato le sensazioni piu’ belle della vita. Penso che tra la Natura non siamo mai soli , perché ogni albero, ogni foglia, ogni ruscello ogni animale o minerale diventa un compagno. Ho camminato tanto per boschi e valli e spiagge trovando con la natura un dialogo più autentico e puro di quello che spesso non ho trovato con gli uomini.
Il maestro buddista Thich Nhat Hanh insegnava che la solitudine è uno spazio per coltivare la compassione. “Quando siamo soli,” diceva, “possiamo ascoltare il nostro dolore e guarirlo. Solo allora possiamo entrare in relazione con gli altri senza aspettarci che colmino il nostro vuoto.” Io vi ho guarito molti dolori !
In questa visione, la solitudine e’ diventata per me un terreno fertile per costruire relazioni autentiche e consapevoli. Una forza per migliorare e scegliere.
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Anche Kahlil Gibran, in “Il Profeta”, rifletteva sul tema, dicendo: “La solitudine è un rifugio dal frastuono della moltitudine e dall’oscurità che spesso gli uomini portano nei loro cuori.”
La solitudine, quindi, può essere, e lo e’ anche per me, una scelta consapevole per proteggersi e rigenerarsi.
La solitudine scelta e’ innocenza e integrità .
Molti maestri spirituali, come San Francesco d’Assisi, hanno vissuto la solitudine come un ritorno all’essenziale, un modo per spogliarsi delle sovrastrutture della società e riscoprire una purezza originaria. Francesco trovava compagnia in ogni creatura, dal sole agli animali, alle piante, vivendo una solitudine che era pienezza e comunione con il divino.
La natura ci accoglie e ci parla se apriamo i nostri cuori, rendendoci parte di un tutto più grande.
La solitudine tra gli esseri umani, invece, deriva spesso dalla disconnessione, dalla mancanza di empatia o dal desiderio di primeggiare, cosi’ stare soli tra la natura, e’ per me non una condanna ma una scelta per ritrovare equilibrio e armonia.
La solitudine, vissuta con consapevolezza, può essere un dono o un rifugio.
A volte infatti, questo ritirarsi ha il significato di purificazione e protezione dove la rigenerazione offre nuovi percorsi e risoluzione dei conflitti.
Anche I 40 giorni in completa solitudine di Gesù nel deserto furono un’esplorazione spirituale, tentazioni da superare e nuove strade da percorrere per meglio aiutare poi chi aveva bisogno di lui
Ora sempre più persone, soprattutto uomini, scelgono di ritirarsi dalla frenesia della società per vivere come eremiti, ritrovando nella solitudine e nell’essenzialità una profonda gioia. È una scelta che, da fuori, può sembrare estrema, ma che spesso nasce da una consapevolezza matura e da un desiderio autentico di riconnettersi con se stessi, con madre Terra, con gli animali e con i ritmi naturali nella sacralita’ della vita.
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Questi uomini, scegliendo di vivere in semplicità, abbracciano una routine scandita non dagli orologi ma dalla luce del sole, dal canto degli uccelli, dai cambiamenti delle stagioni. Lavorano la terra, conoscono le piante, si prendono cura degli animali e osservano con attenzione il cielo e il tempo, scoprendo in ogni gesto un senso di appartenenza. Vivono in comunione con la natura, non come padroni, ma come parte integrante di essa. E sono felici un giorno alla volta.
Per loro, la solitudine non è un vuoto da riempire, ma uno spazio di dialogo con l’universo. È un ritrovare la propria essenza attraverso il silenzio, lontano dalle pressioni, dalle aspettative e dalle distrazioni che spesso soffocano l’anima. Questo tipo di vita permette loro di riscoprire una dimensione spirituale autentica, dove il sacro è percepito ovunque, dal lavoro nei campi al contatto con gli animali, con i fiumi i mari le pietre le stelle.
Per questo un po’ li invidio.
…ma come fanno ad essere cosi’ lontani dagli altri e non sentirsi mai soli?
Forse perché sono stati tanto feriti dalla societa’ ? o forse perche’ aspiravano ad una dimensione visionaria del mondo e della natura?
In una società sempre più tecnologica e artificiale, spesso ci dimentichiamo quanto siamo legati alla terra. Gli eremiti, invece, riscoprono questa relazione e in essa trovano una pace profonda.
Kahlil Gibran scriveva ancora che “il silenzio della solitudine è musica per chi sa ascoltarlo.” Vivendo lontano dal frastuono del mondo, queste persone riescono a sentire la melodia sottile della vita.
Chi abbandona la società per vivere da eremita spesso racconta di aver trovato nei cicli naturali una saggezza che dà risposte dove le parole falliscono.
Il seme che germoglia, la pioggia che cade, il sole che sorge ogni giorno senza eccezione: sono lezioni di resilienza, pazienza e semplicità. San Bernardo di Chiaravalle, che trascorse parte della sua vita in ritiro spirituale, scriveva: “Troverai più nei boschi che nei libri; gli alberi e le pietre ti insegneranno ciò che non puoi apprendere dai maestri.”
Questi uomini mi ispirano ammirazione proprio perché hanno il coraggio di fare ciò che molti di noi neppure si sognerebbero: lasciare tutto per ritrovare se stessi. Li ammiro perche’ non temono niente , neppure la morte e si accettano per quello che sono
Non inseguono successi materiali o riconoscimenti, ma cercano una ricchezza interiore. Forse li invidiamo perché rappresentano una libertà che vorremmo vivere anche noi, almeno in parte. Una libertà che nasce dall’avere bisogno di poco, dall’essere in pace con sé stessi e dal vedere nella solitudine una pienezza anziché una mancanza. La capacita’ di apprezzare, ringraziare e vivere il presente
Avendo ascoltato le loro voci in tante interviste che hanno ottenuto ragazzi che sono arrivati fino a loro , si comprende che se prima il cercare questa solitudine dagli uomini poteva essere per loro una fuga da situazioni inostenibili e di dolore, si scopre che la loro solitudine invece non è un rifiuto del mondo o delle persone, ma una scelta consapevole di vita. Un bisogno reale, anarchico. Un bisogno di liberta’.
Non si isolano per paura, ma per amore: amore per la natura, per il silenzio, per un’esistenza che rispecchi i loro valori più profondi. In un certo senso, la loro scelta è una forma di servizio, perché ci mostrano che un altro modo di vivere è possibile, un modo che non sia basato sulla competizione o sull’accumulo, ma sull’armonia con tutto ciò che ci circonda.
Forse non tutti possiamo diventare eremiti, ma possiamo imparare da loro l’arte di stare soli senza sentirci soli.
Allora penso:
La solitudine è un dono segreto, un abbraccio silenzioso che il mondo ci riserva.
Non è assenza, ma presenza infinita, uno spazio in cui il cuore si espande,
dove il vento racconta storie e gli alberi sussurrano verità.
È la compagnia dell’eterno, della natura che non chiede nulla
ma dona tutto: il canto dell’acqua, il respiro delle foglie, il volo di un’aquila, il mistero delle stelle.
Nella solitudine, non siamo mai soli. È lì che la vita si spoglia delle maschere,
e noi torniamo a casa, in quel luogo segreto che chiamiamo anima.
Un dono raro, un invito a scoprire chi siamo, a danzare con il silenzio e ascoltare il sussurro divino.
grazie!
CONCLUDO E INCLUDO SCRIVENDO CIO’ CHE DICE ANCORA OSHO SULLA SOLITUDINE:
La solitudine ha la sua bellezza
Non so se vi siete mai sentiti soli: all’improvviso vi rendete conto di non essere in relazione con nessuno. Ve ne rendete conto non intellettualmente, ma effettivamente… Vi sentite completamente isolati; pensiero ed emozione si bloccano; non sapete da che parte voltarvi. Non c’è nessuno a cui possiate rivolgervi, né dei, né angeli ne’ uomini. È come se se ne fossero andati tutti quanti oltre le nubi; e quando le nubi scompaiono vi accorgete che anche loro sono scomparsi e voi rimanete totalmente soli.
Ma c’è una solitudine completamente diversa, una solitudine ricolma di bellezza. Questa solitudine vi è necessaria.
Quando l’essere umano non ha più nulla a che fare con la struttura sociale, fatta di avidità, ambizione, invidia, arroganza, quando smette di desiderare una posizione e il successo e si libera da tutto questo, allora si ritrova in quella solitudine, completamente diversa dalla solitudine che ben conosciamo.
Allora c’è una grande bellezza e il senso di una straordinaria energia.
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Una mente rinchiusa nel suo isolamento, nella sua solitudine, non ha la minima possibilità di capire che cos’è la religione. può credere in qualcosa, può aggrapparsi a teorie, formule, concetti, può tentare di identificarsi con quello che essa chiama Dio, ma io ho l’impressione che la religione non abbia in realtà nulla a che fare con le fedi, i preti, le chiese e i cosiddetti libri sacri.
Si può capire quale sia lo stato di una mente religiosa solo quando cominciamo a comprendere la bellezza. E ci si deve accostare alla comprensione della bellezza con quello stato della mente che è solo perché non ha confronti. Quando la mente vive in uno stato nel quale non ha bisogno di nulla, può conoscere la bellezza; nessun altro stato può consentirle di avvicinarla.
La solitudine di cui stiamo parlando non è isolamento e non è nemmeno legato, ad una capacità eccezionale in qualche campo; essa semplicemente implica il sostegno della sensibilità, dell’intelligenza, della comprensione.
Questa solitudine richiede che la mente sia libera da qualsiasi influenza e capace di non farsi contaminare dalla società.
innocenza e solitudine
Uno dei fattori che alimentano la sofferenza degli esseri umani è il loro isolamento. Fatevi pure tutte le amicizie che volete, venerate i vostri dei,accumulate una conoscenza straordinaria, datevi incredibilmente da fare nel campo dell’assistenza sociale, discutete all’infinito di politica – cosa che i politici fanno normalmente – ma non potrete minimamente scalfire quell’isolamento. Nel suo isolamento l’essere umano cerca di dare un
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significato alla vita o se ne inventa uno, ma la sua solitudine rimane. Ora,potete osservare questo isolamento per quello che è, senza fare confronti, senza tentare di sfuggirlo, senza tentare di nasconderlo, senza cercare di allontanarvene? Allora vedrete che questa solitudine diventa qualcosa di completamente diverso.
Noi non siamo integri. Siamo il prodotto di un’infinità di influenze, di migliaia di condizionamenti, di deformazioni psicologiche; siamo il frutto della propaganda e della cultura. Noi non siamo integri e quindi siamo “esseri di seconda mano”. Quella solitudine che è assoluta integrità implica il non appartenere ad una famiglia, per quanto si possa avere una famiglia, il non appartenere ad una nazione, ad una cultura, il non dipendere da un’occupazione particolare. Significa avere la sensazione di essere degli estranei, estranei ai loro modi di pensare e di agire. In quella solitudine che è integrità c’è innocenza, un’innocenza che libera la mente dal dolore.
Il fatto di aver prodotto dentro di sé una trasformazione radicale, che implica la totale scomparsa dell’avidità, dell’invidia, dell’ambizione, fa sì che l’uomo non dipenda dalle circostanze, sebbene ne sia il prodotto, a causa del cibo che mangia, dei libri che Legge, dei film che va a vedere, dei dogmi, delle credenze, delle cerimonie religiose che sono alla base della cultura in cui è stato educato. Egli è un essere responsabile e quindi deve capire se stesso deve capire che è lui il prodotto della società che egli stesso ha creato. Solo la mente che è del tutto vuota possiede la capacità di ricevere l’inconoscibile. La mente non può purificarsi finché non capisce il significato della sua relazione con la proprietà, con la gente e non scopre il modo giusto di essere in relazione con qualsiasi cosa.
La mente non potrà mai essere libera, finché non capite come nasce il conflitto nelle sue relazioni.
Quando nella mente c’è un silenzio assoluto, una calma assoluta, quando la mente non proietta più nulla, quando non cerca più nulla, in quell’assoluto silenzio affiora l’eterno, affiora Dio, cioè quello che è al di là del tempo.
OSHO